Per tutta la sera non feci che pensare a quel pomeriggio.
Dopo che Arthur ed io scaricammo le foto, cominciammo a guardarle sorridendo come due scemi e ricordando i momenti del nostro weekend assieme.
«Devo ammettere che vengo proprio bene nelle foto...»
«Poco modesto, direi»
«Sono sincero». Ci mettemmo entrambi a ridere. Con lui ero spensierata, leggera e senza troppe paranoie. Quelle che avevo su di lui erano svanite lentamente. Mi aveva dimostrato di essere cambiato e che non mi avrebbe mai lasciata. Ma c'era ancora una domanda nella mia testa a cui non riuscivo rispondere: perché si era allontanato da me? Se non era per il mio peso, doveva essere per qualche altro motivo.
«Ok, ho bisogno di fumare...» disse interrompendo i miei pensieri.
«Credevo che gli atleti avessero il divieto di fumare o di bere... »
«Io non bevo. E per quando riguarda il fumo... fumo una sigaretta ogni tanto».Uscì dalla finestra che portava al balcone e lo seguii.
«Mio padre beve molto... e quando è ubriaco è meglio starle alla larga». Rimasi sorpresa, non mi aspettavo questa confessione a cuore aperto su due piedi. Il signor Raynard ed io non ci eravamo mai incontrati più di tanto nonostante io e Arth fossimo sempre insieme.
«Per questo non bevi?»
«Già... »
Lo guardai ispirare il fumo e rilasciarlo di fonte a sé. I suoi occhi verdi guardavano il paesaggio che rappresentava Stevenage. Era molto simile alla vista che c'era a casa mia. Ma io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Si appoggiò con le braccia alla ringhiera piegandosi un po' e, vedendo le sue spalle contrarsi, il mio cuore perse un battito. Perché mi sentivo così? Non ero innamorata di lui e tanto meno mi piaceva. O almeno credevo. Era dannatamente bello. Lì, appoggiato alla ringhiera, con lo sguardo fisso all'orizzonte, perso nei suoi pensieri, illuminato dalla luce del sole che sarebbe presto tramontato.
«Vieni... ». Neanche il tempo di domandargli dove che mi prese per mano e mi trascinò con sé. Scendemmo velocemente le scale e uscimmo dalla grande vetrata che affacciava sull'immenso giardino dotato di piscina.
Arthur mi lasciò la mano e cominciò a togliersi la maglietta. Dio mio!
«Che vuoi fare?» chiesi cercando di togliere lo sguardo dal suo dorso nudo e scolpito.
«Voglio fare un bagno... » disse avvicinandosi sempre di più. «E tu?» continuò a pochi centimetri da me e con la voce roca. Arrossii immediatamente e lui ne sembrò divertito. Sembrava quasi che gli piacesse provocarmi.
«Passo» dissi cercando di spostarmi, ma il suo corpo me lo impedì.
«Risposta sbagliata, piccola». Mi prese per i fianchi e mi mise sulla sua spalla. Cercai di dimenarmi cosi da rendergli impossibile tenermi su, ma fu tutto invano. Continuò a camminare fino al bordo della piscina. No, no...
«Tappati il naso» disse e un secondo dopo mi ritrovai sott'acqua cercando di emergere.
«Sei un stronzo, Arthur Raynard!» dissi. Grazie a dio quel giorno mi truccai con un mascara waterproof se no sarei stata scambiata con un panda. Arthur continuò a ridere per tutto il tempo. Ah, lo trovava divertente? Cominciai a spruzzargli più acqua possibile finché lui, avvicinandosi a me, mi bloccò le mani.
Ci guardammo negli occhi e il sorriso scomparve ad entrambi. La felicità e la spensieratezza di pochi istanti prima aveva fatto spazio a una sensazione altrettanto gradevole. Mi sentivo debole e attratta, attratta da lui. E anche se avrei dovuto allontanarmi per non rischiare di commettere danni, il mio corpo era come bloccato, appiccicato al suo. Arthur mi liberò le mani e me le appoggiò sui fianchi e come un'azione meccanica le mie gambe si avvinghiarono ai suoi.
«Scusa... » balbettai in imbarazzo e togliendole ma le sue mani le riposizionarono. Le sue mani salirono lentamente fino ai miei fianchi come se stessero perlustrando le mie gambe. Socchiusi gli occhi estasiata. Cosa mi stava succedendo? Avevo un ragazzo, un ragazzo che mi aveva già baciata mille volte ma non avevo mai sentito nulla di simile. Come era possibile che un solo tocco, un solo suo tocca, mi facesse sentire così... estasiata. La mia mano vagò fino alla catenina«Ce l'hai ancora...»
«Non l'ho mai tolta» disse lui a un soffio dalle mie labbra.
Le sue mani tornarono sui miei fianchi e avvicinò i nostri volti. Scesero di nuovo, lentamente, lasciandomi assaporare ogni momento, e una delle due si avventurò nel mio interno coscia. Mi morsi il labro e lui non tolse mai gli occhi dalle mie labbra. Le nostre labbra erano così vicine che solo lo spessore di una piuma ci sarebbe potuta stare tra noi.
«Arthur.... dove sei?». La voce della madre di Arthur fu come un campanello d'allarme. Ci staccammo immediatamente e mi sentii persa.
«Oh eccoti qui... Madison?! Sei tu?». Io e Arthur uscimmo velocemente dall'acqua e la signora Raynard si avvicinò a me. Ci conoscevamo da una vita ma capivo perché non mi riconosceva: ero cresciuta ed ero cambiata molto.
«Salve signora Raynard... » dissi imbarazzata e tenendo le braccia intorno al corpo per cercare di riscaldarmi.
«Tesoro, vai a prendere una coperta per la tua amica... » disse rivolgendosi al figlio, il quale corse subito via.
«Che bello rivederti, tesoro... »
«Anche per me, signora Raynard»
«Chiamami Melissa». Annuii. Melissa Raynard era una delle donne più belle che avessi mai visto. Era giovane, aveva intorno ai trentotto anni, e si era sposata quando ne aveva diciotto. Suo marito invece era più grande di lei. Se non ricordavo male avevano circa quindici anni di differenza. Mi ricordavo tutti quei dettagli perché da piccola, quando Arthur me lo disse, ero rimasta colpita e affascinata perché era la prova vivente che l'amore non aveva età. Arthur invece, anche se era piccolo, non ne era molto entusiasta come me. Credeva che entrambi avevano sbagliato a correre troppo. Sua madre era giovane e non aveva una carriera. Suo padre era ormai un uomo e la sua carriera era già ben formata. Nonostante ciò Melissa era riuscita a crearsi un nome, anche se con l'aiuto del marito, come mi spiegò Arth, ed era diventata un'attrice.
«Tieni... ». Arthur mi avvolse nella coperta, mentre io cercai il contatto visivo con lui. Aveva lo sguardo basso, come se quello fosse l'ultimo posto dove volesse stare. Non lo biasimavo. Era il tutto alquanto imbarazzante.
«Tesoro, perché hai fatto il bagno con i vestiti?». Guardai Arthur ma lui se ne stava andando dentro casa lasciandomi lì con sua madre. Era serio?
«Stavo camminando sul bordo e sono inciampata... ». Raccontai la prima scusa che mi venne in mente ma dall'espressione di Melissa capii che raccontare bugie non è la mia specialità. Ma decise di non farmi altre domande.
«Vieni entriamo dentro... Tu vai pure in cucina e prenditi qualcosa. Vado a prenderti dei vestiti asciutti...». Mi lasciò in cucina da sola e io mi sedetti al bancone. Dove era finito Arthur? Era l'unica cosa che mi passava per la mente in quel momento.
«Tieni, credo ti dovrebbero andare... ». La mamma di Arthur mi passò un paio di jeans e una maglietta nera abbastanza larga.
«La maglietta nera me l'ha data Arthur mentre cercavo qualcosa. Anche lui si sta cambiando». Arthur voleva che mettessi una sua maglietta?
«Grazie... » balbettai. Melissa mi indicò la porta del bagno di servizio al piano terra e mi diede tutto l'occorrente per farmi una doccia. Avrei potuto benissimo farmi un a doccia quando sarei tornata a casa, ma l'odore di cloro non faceva né impazzire me né la madre di Arthur. Feci una rapita doccia e mi vestii. La maglietta di Arthur era enorme ma non mi dava fastidio. Mi guardai allo specchio e rimasi immobile. Cosa stavo combinando? Era solo la maglietta di un mio amico e non una dichiarazione di matrimonio, mi diceva una parte di me. Ma l'altra mi diceva che c'era un ragazzo, il mio ragazzo, che se mi avesse vista con la maglietta di un'altro ragazzo, soprattutto di Arthur, non ne sarebbe stato molto felice. Ma non avevo altra scelta. Uscii dal bagno e tornai in cucina dove Melissa stava cercando qualcosa al computer.
«Anche se quella maglietta è quasi più grande di te, stai benissimo». Melissa era una brava donna. L'avevo sempre adorata. Sopratutto quando da piccoli ci comprava i dolci di nascosto da mia madre che non voleva mai che ne mangiassi troppi. Non riuscivo a immaginarmela annebbiata dall'alcol.
Nel mentre Arthur fece il suo ingresso in cucina. Indossava una t-shirt bianca e un paio di pantaloni della tuta dai quali si vedeva l'elastico delle mutande firmate. Dal profumo che lasciava dietro di sé capii che anche lui aveva fatto una doccia. Non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Mi accorsi che teneva in mano qualcosa soltanto quando la appoggiò sul bancone. Era la mia borsa.
«Grazie» dissi ma nessuna risposta mi fu concessa. Stronzo.
Frugai nella borsa in cerca del cellulare e notai che non c'era nessuna notifica se non un messaggio di Eve:Chiamami quando torni a casa ;-)
«Perché non ti fermi a cena da noi?». Staccai gli occhi dal cellulare per guardare Melissa. Mi faceva davvero piacere l'invito ma da come si stava comportando Arthur capivo di non essere la benvenuta per lui.
«Mi piacerebbe molto ma... »
«Non può». Arthur era arrabbiato. Lo si leggeva nei suoi occhi. Cosa gli avevo fatto? La mia parte testarda avrebbe accettato solo per farlo incazzare, ma avrei peggiorato la situazione.
«Ho promesso ai miei genitori di cenare con loro... ». La seconda scusa che inventato con Melissa.
«Promettimi però che una sera vieni a cena da noi... »
«Certamente... » dissi sincera.
«Hai bisogno di un passaggio?»
«Ehm no, la ringrazio, signor... Melissa». Mi sorrise e mi accompagnò fino alla porta. Non salutai neanche Arthur, il quale rimase in cucina fissando e messaggiando al cellulare.
«Devi scusarlo, è sempre così scontroso...» Con me non lo era mai stato. Era stato gentile e carino. Questa parte del suo carattere e il suo bipolarismo mi lasciarono senza parole. Salutai con un abbraccio Melissa e mi incamminai verso casa. Non era lontano e la passeggiata mi avrebbe fatto bene per non pensare a quel cretino di Arthur.
Tornai a casa, come al solito vuota, e mi feci un panino con le prime cose che trovai in frigo.L'avrei baciato. Ero sicura che non mi sarei tirata indietro. Ma ringraziai la sua mamma per averci interrotto. Forse. Forse no. Avrei voluto che fosse mai arrivata.
Scrissi un messaggio a Eve per avvisarla che le avrei parlato il giorno dopo a scuola e mi sdrai sul mio letto.
Cosa cavolo era successo?
STAI LEGGENDO
Quello che non ti ho mai detto
ChickLit"Maybe you weren't the one for me, But deep down I wanted you to be". Madison Hill è cresciuta a Stevenage, una cittadina dell'Inghilterra non molto distante da Londra. Ha appena terminato gli studi di ingegneria meccanica ad una delle migliori un...