Capitolo 40 (Maddie e Arthur)

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Non aveva vinto. Ma andava bene così, anzi molto bene. Per essere la prima gara aveva dimostrato di essere davvero pronto. Io e Max eravamo super felici sia per lui che per Eddy, che era riuscito ad aggiudicarsi il terzo posto.
Molto entusiasta cominciai ad avviarmi verso l'ingresso della pista ma la mano di Max che afferrò saldamente il mio braccio mi bloccò. «Prima che tu vada da lui, deve salire sul podio per la premiazione e poi ci saranno le interviste...» mi spiegò.
«Quanto tempo ci vorrà?»
«Credo che lo vedrai stasera» disse ridendo. Non c'era da ridere. Volevo congratularmi con lui, stringerlo forte a me e riempirlo di baci.
«Vieni, andiamo con gli altri... » disse Max poggiandomi il braccio sulle spalle e obbligandomi a seguirlo verso Stephen e Vic.
«Al terzo posto: Edward Clarke». Ci sedemmo tutti insieme su un divanetto posto in una saletta a guardare la premiazione. La faccia di Eddy diceva tutto: "il secondo posto era suo" disse qualcuno infondo alla sala.
«Al secondo posto: Arthur Raynard». Sorrisi vedendolo salire sul podio e vedendo i suoi occhi che sembravano comunicare mille parole. Quel ragazzo era tornato nella mia vita come un fulmine e aveva stravolto tutto in poco tempo. Era ciò che volevo, era ciò che amavo. Salì sul podio e non appena la telecamera lo inquadrò fece un occhiolino e un sorriso furbo. Tutte le ragazze sarebbero cadute ai suoi piedi dopo questo.
«Lo so, lo so... piantala! Ho detto di calmarti... adesso glielo dico!». Un uomo vestito elegante, con un completo blu e una camicia bianca, passò velocemente verso di noi e andò diretto e direi infuriato verso il signor Bane, Markus Bane. Notando che ero interessata alla scena, Max si avvicinò a me e mi sussurrò all'orecchio in modo che nessuno potesse sentirci. «È il manager di Eddy, credo sia arrabbiato perché Arthur lo ha superato...». Ma il quel momento era più veloce e se avesse avuto qualche secondo in più sarebbe arrivato anche primo. Ne ero certa. Anche se non capivo nulla di motocross e di sport in generale ero sicura che pochi secondi avrebbero dato la vittoria ad Arthur.
«Sono le regole» intervenne Stephen. Si girò verso di noi per continuare il discorso ma sua moglie lo interruppe. «Arthur era più veloce in quel momento. Se non lo avesse superato, avrebbero potuto entrambi perdere posizioni...».
«Esattamente - intervenne il signor Bane venendo verso di noi e seguito dal manager di Eddy - Arthur aveva più potenza, era d'obbligo»
«Non erano questi gli accordi del contratto, Bane». Il manager di Edward era visibilmente arrabbiato come alla fine lo era lo stesso Markus.
«Contratto?» chiesi a Max. Cosa significava?
Si avvicinò al mio orecchio e cominciò a parlare in un sussurro leggero in modo che le altre persone insieme a noi non potessero sentirci. «È una cosa più che altro segreta che la stampa non deve sapere, ok?». Mi guardò a pochi centimetri della mai faccia e io annuii. Se Arthur fosse entrato in quel momento, avrebbe come minimo dato di matto. Un piccolo movimento sbagliato e rischiavo di baciarlo. Avevo piano piano compreso che sapeva essere un tipo geloso. Ma avevo anche compreso che io avevo occhi solo per lui.
«Quando i piloti firmano i loro contratti solitamente viene stabilito quale pilota all'interno del team debba... come dire... primeggiare» Era una cosa assurda. Ogni pilota dava al team una parte essenziale. Non si può scegliere chi deve primeggiare.
«È stato scelto Eddy...»
«Ha più esperienza di Arthur e... per quanto ho capito, c'è dietro qualcos'altro».
Lo guardai negli occhi. «Cosa intendi?»
«Per quanto ne so, Arthur ha avuto delle complicazioni nella sua vita e farlo primeggiare significa attirarne la stampa su di lui e sul team. Se scoprissero qualcosa di brutto, sarebbe una brutta immagine per tutti noi. E come cosa altrettanto importante, Arthur è giovane e con voglia di dare tutto, come me. Ma per diventare primo pilota c'è bisogno di fiducia tra il team e il pilota, un tipo di fiduacia che si acquisisce negli anni».
Ogni volta che usciva fuori il discorso del "passato complicato di Arthur Raynard" diventavo sempre più curiosa. Cosa c'era di così tanto tremendo? Gli avevo promesso di non fargli domande, ma sapevo che avevo il bisogno di sapere per capire appieno che persona fosse il mio migliore amico.
«Ne discuteremo domani al nostro meeting» disse serio e autoritario il signor Bane, lasciando andare il manager di Eddy infuriato e preoccupato.
Poco dopo Vic e Stephen ci salutarono mentre io e Max andammo a fare una passeggiata nel paddock. I tifosi ormai erano quasi completamente scomparsi e il rumore assordante delle mille voci che si sovrastavano l'un l'altra erano state rimpiazzate da un silenzio impeccabile e gradito. Passammo davanti al piccolo appostamento allestito dai giornalisti per intervistare i piloti e lo vidi. Con la sua tuta e quel numero 8 sul casco ancora tra le sue mani. Stava parlando con un ragazzo che riconobbi subito, Matias Hernandez, il pilota che aveva vinto quella gara, mentre aspettava di essere sottoposto a tutte le domande dei giornalisti.
Appena Eddy finì di parlare venne verso me e Max, ma sul suo volto non c'era un espressione felice e aggraziata ma una spenta, morta come se avesse perso tutto ciò che aveva. Non era così. Era solo la prima gara, la prima di molte altre che avrebbero determinato il campione di motocross del mondo. Ma la prima impressione era tutto per questo voleva dimostrare di essere migliore del suo compagno di squadra.
«Sei stato fantastico, amico!». Max diede un pugno sulla spalla a Eddy che non si mosse nemmeno di un millimetro. Nemmeno Max era riuscito a farlo sorridere.
«Complimenti, Eddy» dissi abbracciandolo. Forse un abbraccio era ciò che gli serviva. Mi strinse forte e mi sembrò quasi non volesse lasciarmi andare. Cercai di porre fine all'abbraccio ma capii che lui non voleva. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di qualcosa di sincero e che gli si dimostrasse di essere dalla sua parte.
«Scusa...» mi lasciò pensando di aver esagerato.
«Non c'è nulla di cui ti devi scusare» dissi prendendogli la mano.
Con tutto il mio cuore sperai che Arthur fosse concentrato sull'intervista e non stesse prestando caso a noi. Io e Max sapevamo che appena fossero rimasti solo Eddy ed Arthur nella stessa stanza sarebbe scoppiata una discussione e ci mancava solo includermi.
«Hai bisogno di bere... ci penso io, amico mio». Max fece sorridere sia me che Eddy, il quale sembrò più rilassato.
«Maddie, vieni con noi?» mi chiese Edward.
«Aspetto Arthur». Guardai dietro di me in cerca del suo sguardo ma nulla, era concentrato sulla sua intervista. Ma non appena si girò rimase bloccato, guardandomi e io guardando lui.
«Scusatemi...» disse ai giornalisti. Scavalcò una delle transenne che separavano piloti e giornalisti e venne verso di me.
«Non dirmi che adesso di aspetti un bacio?» gli urali mentre lui continuava la sua camminata verso di me stile film romantico.
«E chi ti dice che ho voglia di baciarti?»
«Ok, allora conserverò le mie labbra per un altro ragazzo...» dissi non appena arrivò davanti a me. Era praticamente fracidicio, madido di sudore ma riusciva lo stesso ad avere un ottimo profumo. Il suo One Million riusciva ad inebriarmi in poco tempo.
«Stronza». Mi baciò prendendomi il viso tra le mani e lasciando cadere a terra il suo casco. Non potevo far a meno dei suoi baci. Quello era molto casto poiché entrambi sapevamo che intorno a noi mille occhi ci stavano osservando. Sentii i click delle macchine fotografiche di alcuni giornalisti e mi accorsi che anche il mio amico le aveva notate perché si staccò da me, raccolse il casco controllando se si fosse ammaccato e poi mi prese per mano portandomi da un'altra parte.
«Eddy e Max?» mi chiese mentre cercò il suo zaino per andare in hotel.
«Stavano andando a bere qualcosa». Mi annuì e ci incaminnammo a piedi verso l'hotel. Non chiese altro e sapevo perché. Avevo capito che gli dispiaceva aver superato Eddy in gara, come se una parte di lui continuasse a ripetergli di non superare il suo migliore amico. Ma quello era il suo lavoro e avevo intuito che nulla si sarebbe potuto mettere tra lui e il motocross.
«Ti voglio portare fuori a cena» disse davanti alla porta della sua camera. Mi stupì il fatto che fu così diretto, ma capii che ora non mi nascondeva più nulla, se non il suo passato. Il suoi sentimenti me li aveva dichiarati apertamente ed ora non c'era nulla a dividerci, se non per il fatto che in realtà non stavamo insieme. Avevo bisogno di far chiarezza su di noi ma allo stesso tempo avevo bisogno di capire cosa provavo, perché sì, mi piaceva davvero tanto, ma non avevo mai pensato ad altro, non come lui che aveva capito di amarmi da tempo. La cena sarebbe stata un'occasione perfetta per parlare.
Mi salutò e io andai a prepararmi per la serata. Mi misi alla ricerca di un bel vestito nei meandri della mia valigia e la mia scelta si ridusse a una gonna nera con le balze e un top bianco che lasciava scoperte spalle e un vestito che non mi ricordava neanche di aver messo dentro, di colore azzurro pastello che metteva in risalto le mie curve nei punti corretti, senza risultare eccesivo o maleducato. Me lo regalò nonna May verso la fine dell'estate, quando andammo un weekend a Londra solo io e lei. Mi mancavano quelle giornate a rivivere bei momenti con lei. Quando i miei erano via e Charles passava le giornate nella residenza estiva della famiglia Hill a Birmingham insieme a Natalie, nonna May mi portava con lei in centro Londra quando doveva incontrare le sue amiche del club di scacchi. Nonna ne era ossessionata; non a caso si era unita a un gruppo di anziane signore alto locate di Londra per giocarci. Durante l'estate mi lasciava girare nei dintorni della casa di una delle sue amiche, non lontana da Hide Park e da casa di Charles. Quando finiva invece andavano in giro insieme ed erano i momenti più belli della mia estate. Quel vestito era stata un'occasione da Harrods alla quale ero pronta a rinunciare perché, nonostante fosse scontato del settanta per cento, in realtà il prezzo mi pareva ad di sopra di ciò che avrei voluto spendere. Ma per nonna i soldi non erano e non sarebbero mai stati un problema, come avrete ben capito.

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