Capitolo 5 (Arthur)

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Era bellissima. La più bella di tutte. Lei era quel genere di bellezza per cui una persona avrebbe fatto follie. Ed era decisamente quello che stavo per fare. Cominciai ad incamminarsi verso la direzione che era necessaria per raggiungere il mio obbiettivo.

L'avevo sempre pensato. Fin dal primo giorno che la vidi in classe all'asilo con quel vestitino rosa con i ricami che scoprii più avanti le aveva fatto sua nonna. Per tutta la giornata continuava a giocare con una collanina dorata che aveva un piccolo ciondolo con una piccola "M". Sapevo quanto fosse importante per lei. Non se ne staccava mai. Me l'aveva regalata, sorprendendomi, il giorno del mio decimo compleanno nonostante credesse che essendoci la sua iniziale come ciondolo non l'avrei mai indossata. Da quel giorno la portavo al collo senza togliermela mai. Era ciò che mi teneva ancora legato a lei.

Era entrata nella mia vita in modo completamente inaspettato, di sicuro nessuno si sarebbe aspettato di incontrare una persona così straordinaria a quell'età così giovane. Era l'anima più pura che avessi mai visto, io che di anime pure non ne avevo mai incontrate. Non ero cresciuto con l'idea che la famiglia fosse un posto sicuro. Per me la mia famiglia era la rappresentazione del vuoto, freddo e devastante. Fu lei e la sua famiglia a diventare il mio posto sicuro. Adoravo da bambino passare con lei ogni momento, giocare a giochi più svariati e cucinare insieme a nonna May. Passavo più tempo a casa sua che a casa mia, e non potevo chiedere di meglio. Ma alla fine di ogni giornata era difficile abbandonare quella spensieratezza e quella felicità di casa Hill per tornare alla tristezza e all'abuso, perché quello era, di casa Raynard.

Negli anni mi legai sempre di più a lei, divento più della mia semplice migliore amica. E odiavo quando tutti la prendevano in giro per le sue forme. E sono sincero quando dico che non me ne fregava un cazzo del suo corpo o del suo aspetto. Avrei voluto baciare ogni parte del suo corpo per farle capire quanto cazzo fosse bella. Perché lo era. Lei era sempre bellissima per me. Ogni fottuto giorno. Quando eravamo all'elementari avevo anche fatto qualche scherzo a degli stupidi ragazzini che se la prendevano con lei. E quello era solo il minimo delle cose che avrei sempre fatto per lei. Perché lei meritava il meglio. E meritava di capire che fosse fottutamente perfetta qualunque fosse la sua forma del corpo. E vederla quella mattina dell'ultimo giorno di scuola dopo che avevo visto per tutta l'estate i video su Instagram che la sua amica postava di loro due, dai video in palestra fino alle serata in compagnia di nonna May, non potevo non pensare che avesse fatto tutta quella attività fisica per gli altri e non per se stessa. Ma quel pensiero mi abbandonò rapidamente. Nonostante ci fosse sempre rimasta male per i continui commenti, sapevo che si era fatto un culo così per sentirsi lei stessa più in pace con se stessa, non non potevo non ammirala per questo. La mia cazzo di guerriera che non si sarebbe mai arresa.

Ma per quanto lei e tutto ciò che la circondava rappresentavano la mia salvezza, la allontanai da me. Senza darle nessuna spiegazione perché era tutto così fottutamente difficile. Tutto così difficile che non volevo trascinare anche lei nella merda che era la mia vita. Lei che era l'unica cosa positiva. Lei che fu la mia famiglia. E lo sarebbe sempre stata.

Ma allontanarmi da lei aveva significato perdere un pezzo di me. Un pezzo che ancora oggi continua a mancarmi come l'aria. Passavo i pomeriggi tra droghe e allenamenti non professionali di motocross in una pista non autorizzata vicino la città. I motori, cazzo. Adrenalina pura. Essere sospeso in aria in attesa di giungere a terra per completare l'ennesimo salto in aria. Vincere contro altri ragazzi che come me adoravano trovare lo sporco sul proprio corpo e sentire i rombi dei motori per sentirsi vivi. E quando finalmente pensai di aver trovato un posto per mettere fine ai miei tormenti, tutto si disintegrò in una sola notte. La notte che ancora mi sembra di rivivere nei miei incubi peggiori. Mi sembra di ritornare lì, a quel giorno di anni prima, ed essere ancora una volta incapace di fare qualcosa. Incapace di essere la speranza di qualcuno. Per questo era stato meglio allontanarla da me. Non potevo mai essere ciò che lei era per me. La salvezza della oscurità.

Fortunatamente, dopo quella notte, ci fu un'altra persona che venne da me, Brandon, che in poco tempo divenne il mio appoggio. Mi fece uscire da quel giro e mi fece entrare all'interno delle competizioni giovanili di motocross. E dio, amavamo correre a livello professionistico. Sfidarmi con ragazzi che erano nati sulle due ruote e dimostrare loro che anche un ragazzino che si era approcciato a quel mondo nelle condizioni più difficili possibili, non a livello economico, poteva farcela. Volevo correre nei campionati principali e dimostrare al mondo che anche se tutti mi consideravano un semplice figlio di papà, nonostante non abbia mai considerato mio padre tale, era una persona che poteva farcela anche da sola.

Avere il mio cognome però non mi aiutava affatto. Mio padre era un imprenditore molto affermato d'Inghilterra, tra le numerose attività che gestiva c'era anche il giornale per cui ogni tanto i genitori di Maddie lavoravano, quando non erano troppo impegnati con i loro servizi televisivi. Oltre a quello, gestiva un giro di agenzie immobiliari di lusso e un attività incentrata sul mondo della finanza che gli fruttava ogni giorno un sacco di soldi. Soldi che non volli mai nemmeno toccare nel momento in cui scoprii tutti i segreti dietro quelle attività. Onestamente, l'unica cosa per cui lo ammiravo è che si fosse costruito tutto il suo impero da solo, non chiedendo un solo centesimo a qualcuno. Però tutte le cose che aveva fatto per arrivare all'obiettivo mi facevano venire i brividi. Fortunatamente per lui, aveva degli avvocati formidabili che non si facevano scuproli a salvarlo dai problemi ogni volta che usciva qualche scandalo. Sinceramente, fu un'idea dei sui avvocati quella del matrimonio con mia madre, una bellissima giovane attrice che stava sfondando a Hollywood e avrebbe ben presto costruito una carriera fantastica. Mio padre non ci penso due volte, sposò mia madre e fece di lei la sua moglie trofeo.

Essere sempre accostato a lui ogni volta che raggiungevo un obbiettivo nella mia professione mi faceva incazzare. Non ero lui, nemmeno simile a lui e non avrei mai voluto esserlo. Essere accostato a un mostro che non aveva mai amato sua moglie, non sapeva amare suo figlio, se non continuando a devastarli entrambi, e di sicuro non sapeva che cosa cazzo fosse l'amore senza la violenza, era ciò che mi faceva più infuriare di tutto.

Finalmente arrivai alle gradinate difronte al campo di lacross sicuro di trovare la persona che stavo cercando. Nonostante avessi famigliarità con tutti nella scuola era più il tempo in cui non c'ero che quello in cui ero lì. Per questo non consideravo nessuno mio vero amico, ma andavo d'accordo con tutti, tra cui proprio il ragazzo di cui avevo bisogno.

«Ehi Jack!»

«Ehi, amico!» disse stringendomi la mano come faceva con tutti i ragazzi della scuola. «Mi spiace che Abrams ti abbia messo in coppia come me, quell'uomo mi odia davvero!» disse finendo di rollare la sua sigaretta. E non aveva tutti i torni. Tutti a scuola erano a conoscenza dell'atteggiamento che il professor Abrams aveva nei confronti di Jack. «Tutto solo per il commento alla festa di iniziò anno che ho fatto sul culo di sua moglie, che ad essere onesti, è stato il pensiero che ha accompagnato la miglior sega della mia vita». Sorrisi alzando gli occhi al cielo. Viva l'onestà! Ma con Jack era così. Niente peli sulla lingua. E onestamente mi piaceva per questo. Io e Jack non eravamo amici ma sapevo che era un bravo ragazzo, un po' sempre arrapato ma pur sempre un bravo ragazzo. Ma mi piaceva ancora di più perché sapevo che era uno dei pochi amici di Maddie, o almeno credevo che fossero amici.

«Come è andata la tua ultima gara? » mi chiese poi. Jack era sinceramente interessato al mondo del motocross. Era appassionato fin da bambino ma era davvero negato sulle due ruote. Me lo aveva confessato lui stesso. Prima o poi avrei dovuto procuragli un biglietto per una delle mie gare, sopratutto se mi avesse fatto il favore che stavo per chiedergli.

«Una difficile vittoria, ma l'abbiamo portata a casa». Era stato veramente complesso vincerà la gara la settimana prima. Sopratutto perché tutti i piloti in gara sapevano che sugli spalti c'erano i responsabili e gli scout dei team del principale campionato di motocross, io compreso. Era davvero un'opportunità unica per dimostrare di meritare quel posto tra i migliori piloti. E vincendo quella gara lo avevo fatto. Ora era tutto nelle mani di Brandon. Aspettavo solo una sua chiamata da un momento all'altro per sapere cosa avevano in serbo per me. Ma mancava così poco all'inizio del campionato che cominciavo a perdere le speranze.

«Bravo, Arthur!» disse Jack, risvegliandomi dai miei pensieri. «Comunque, c'è qualcosa che posso fare per te? Vuoi un po' di erba magari?» disse avvicinandomi la canna che aveva finito di rollare e stata già fumando.

«Sono a posto così, ma grazie ». Avevo chiuso il capitolo droghe, anche leggere come della semplice erba, molti anni prima e ci mancava solo fallire un test antidroga al quale venivano sottoposti tutti gli atleti impedendomi così di seguire il mio sogno. «Ma una cosa che potresti fare per me c'è. Riguarda Madison»

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