Capitolo 7

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Mamma e papà arrivarono dopo una mezz'ora a causa del traffico. Mi dissero di uscire di casa perché loro non sarebbero neanche scesi dalla macchina per il ritardo. Salutai Isla, ringraziandola più volte e percorsi il vialetto fino alla Mercedes di mio padre.

«Tesoro, sei stupenda!». Mamma si girò verso il sedile posteriore per guardarmi mentre mi stavo sistemando nel sedile dietro allacciandomi la cintura.
Le sorrisi e poi guardai papà che stava pensando chissà cosa. Mamma vide il mio sguardo e diede un pugno sulla spalla a mio padre per comunicargli qualcosa.
Mio padre, di tutta risposta disse: «Figlia mia, sei bellissima. Ma sei sicura che quello spacco non sia troppo esagerato? »
Mamma e io ci mettemmo a ridere. Lui era fatto così. Era molto protettivo nei miei confronti; forse perché ero la figlia femmina. Ma alla fine anche con Charles lo era. E faceva bene. Charles, sì era un bravo ragazzo, ma non lo era sempre stato. Prima che iniziasse a studiare a Londra, la scuola gli faceva schifo, usciva con i suoi amici ogni sera e tornava a casa tardi e ubriaco. Papà lo doveva sempre tritare fuori dai guai. Spesso con la polizia di Stevenage.
Non so esattamente cosa cambiò in lui, ma da un giorno all'altro cominciò a non uscire più la sera tardi, a non ubriacarsi fino a raggiungere il coma etilico, e mise la testa a posto.
Essere avvocato era diventato il suo sogno più grande. Ho sempre pensato che avesse guardato troppe puntate di Suits e credeva che far l'avvocato fosse così semplice. Ma in realtà mi sbagliavo. Ci teneva davvero.
Il viaggio in macchina duró quasi due ore a causa del traffico, ma era stato divertente. La mia Playlist di Spotify in sottofondo, cantando qualche canzone a squarciagola con mamma e chiacchierando del più e del meno con papà. Era bello passare del tempo con loro visto che non c'erano quasi mai e io ne sentivo veramente il bisogno.
Appena arrivammo davanti all'appartamento di Charles, mi sentii libera. Era bello allontanarsi da Stevenage ogni tanto. Non tanto per la città. Alla fine, anche se la disprezzavo molto, non era male. Era una normale cittadina inglese. Erano le persone, troppo superficiali, troppo egoiste, e certe volte crudeli. Londra era invece perfetta, non aveva niente di sbagliato. Era un sogno ad occhi aperti.
Entrammo nell'edificio e il consierge ci salutò calorosamente. Ormai ci conosceva da quasi cinque anni o di più, ed ogni volta che andavamo a casa di Charles fermarci con Eric era una tappa fissa. Certe volte ci uscivamo insieme a cena, con lui e la sua famiglia ed era sempre un divertimento sfrenato.
Prendemmo l'ascensore e io premetti il pulsante con il numero 7, l'attico.
Mamma e papà non avevano mai badato a spese nella loro vita. Provenivano entrambi da famiglie benestanti: mia mamma, dalla famiglia May, una delle più ricche di Stevenage da generazioni; e mio papà dalla famiglia Hill, una famiglia molto ricca di origine londinese. Mio padre aveva sempre vissuto a Londra, ma l'amore per mamma lo aveva portato a trasferirsi. Lasciare Londra per Stevenage aveva costretto mio padre ad allontanarsi dalla sua famiglia con la quale non aveva rapporti stretti da tempo ormai. L'unico con il quale i rapporti erano, per così dire pacifici, era suo fratello, ovvero il mio zio che possedeva l'officina. Non parlavano spesso, anzi quasi mai, ma nei momenti più difficili, soprattutto quando mio zio aveva bisogno di una mano sia economica che non , papà l'aveva aiutato e lo avrebbe sempre fatto. Solamente qualche chiamata durante le feste o per qualche evento importante. La famiglia Hill era sempre stata legata alle tradizioni, come potevano esserlo il te delle cinque o la caccia nelle tenute di campagna. Allontanarsi dalla famiglia significava infrangere una tradizione ed essere così escluso dagli eventi annuali. Nonostante ciò mio nonno, ovvero il padre di mio padre, era l'unico che in qualche modo aveva sempre cercato di avere un rapporto con suo figlio; infatti, appena mio padre decise di andare a Stevenage con mamma, non gli tagliò i fondi, anzi ogni anno versava in banca un tot di soldi in modo che lui potesse avere una famiglia e prendersene cura ma allo stesso tempo cercarsi un lavoro per diventare indipendente. Mamma invece, da giovane aveva vissuto a Parigi, ma il legame con la famiglia l'aveva sempre riportata a Stevenage. La famiglia May aveva da subito accolto mio padre, considerato da tutti un brav'uomo. Specialmente mia nonna. Scherzavamo sempre sul fatto che avrebbe un giorno lasciato la sua eredità solamente a lui.

Percorremmo il breve corridoio e suonammo il campanello. Charles venne ad aprirci ed entrammo tutti in casa salutandolo.
«Tu non ci vieni così» disse, anzi urlò, guardandomi.
«Non ti ci mettere anche tu... » dissi senza mezze misure. Lo capivo, avevo una famiglia protettiva. Ma per una volta volevo sentirmi una donna e non una ragazzina.
Mi guardò e poi alzò le mani in segno di resa. Si era arreso troppo facilmente e ciò non era da lui. Doveva essere successo qualcosa.
Mi era sempre piaciuta questa casa. Un attico relativamente grande a due piani con un grande soppalco che si affacciava sul soggiorno. La vista su Hide Park era stupenda e la terrazza era enorme. In poche parole era una casa da sogno.
«Datemi cinque minuti e sono pronto». Charles corse verso il bagno e io mi accomodai bellamente sul divano.
Dopo la camminata di quel pomeriggio non mi ero ancora riposata una volta, se non sotto la doccia. Quella giornata era stata quasi un tour de force, una corsa continua. Appena mi sedetti, sentii un senso di stanchezza pervadermi il corpo. Avevo proprio bisogno di un caffè se non avessi voluto addormentarmi durante l'evento. Andai un cucina e decisi di farmene uno.
«Comunque sei bellissima». Charles arrivò in cucina sistemandosi la giacca e dandomi un bacio sulla guancia.
«Anche tu non sei male... ». Era la verità. Era vestito proprio bene ed, onestamente, era anche un bel ragazzo. Ecco l'unica altra cosa per cui le mie compagne a scuola mi invidiavano. Charles. E il fatto più scioccante era che lui si sentiva in estasi ogni volta che lo acclamavano.
«Natalie? ». Natalie era la ragazza di Charles. La loro relazione era sempre stata un tira e molla, a causa di lei sopratutto. Avevo sempre pensato che non fosse la ragazza adatta a mio fratello e lui lo sapeva, ma qualcosa lo spingeva sempre a tornare da lei. Amore? Non credo. Forse abitudine. E non c'è nulla di più sbagliato di questo alla base di una relazione.
«Ci siamo lasciati... ». Nel suo tono non c'era un minimo di sentimento, come se fosse normale e obituario, per loro lo era. Feci un piccolo sorriso portando alla bocca la mia tazza di caffè.
«Non essere troppo dispiaciuta, eh? ». Non ero felice, ma ero soddisfatta che piano piano mio fratello si rendesse conto di che tipo di persona fosse Natalie.
«Ah scusa, ritento - dissi con tono ironico - come mai? che è successo? stavate così bene insieme». Enfatizzai tutte le parole dandogli un tono drammatico e Charles si mise a ridere. Sapeva anche lui che era giusto così, ma non mi sarei stupita se in un paio di settimane avessi saputo che si stavano ancora frequentando. Poi ci dirigemmo entrambi in salotto pronti per andare al party.
«Ragazzi, un paio di regole: 1) non ubriacatevi; 2) non rimorchiate nessuno e 3) siate cortesi con tutti. Sono stato chiaro?».

«Cristallino, papà» risposi. Charles annuì verso mamma e papà e poi fece un occhiolino a me. Niente e nessuno gli avrebbe impedito di rimorchiare qualche bella ragazza. Sopratutto ora che, per adesso, era single.
Lui era fatto così, ma quando stava con una ragazza (negli ultimi anni era sempre stata Natalie) era sempre fedele.
Sia io che Charles ammiravamo mamma e papà: nessun amore era come il loro; altro che Romeo e Giulietta. Si, Shakespeare parlò di due personaggi che si amavano davvero. Ma ai giorni d'oggi è difficile trovare un amore così,no? È difficile trovare chi morirebbe per amore. Io, però, ho un esempio costante ogni giorno. Ogni mattina quando mi sveglio e faccio colazione sentivo l'amore nell'aria. Mio padre aveva rinunciato alla sua famiglia per mia mamma e mi raccontò più volte che sarebbe stato disposto a perdere tutti i suoi beni piuttosto che perdere l'amore della sua vita.
Certo, non sempre mi faceva piacere vedere mamma e papà sbaciucchiarsi, ma ormai ci avevo fatto il callo. Loro erano il mio esempio. Avrei smesso di credere nell'amore il giorno in cui loro due si sarebbero lasciati.

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