Capitolo 27 (Arthur)

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La musica alta, le bottiglie di birra vuote e briciole dappertutto. Se non ci avesse ucciso mia madre, lo avrebbe fatto di sicuro la domestica. Avevamo passato tutto il tempo a ballare e scherzare tutti insieme. I ragazzi avevano bevuto qualche birra, ma quella più ubriaca era Maddie. Dopo la seconda bottiglia di birra e due shottini di vodka, rubata dalla scorta segreta di mio padre, era bella che andata. Direi che era abbastanza brilla.

«Vi va di fare un gioco?» chiese Mad all'improvviso. Vederla così mi aveva fatto rilassare. Ma desideravo ancora spaccare la faccia a Nolan. Come aveva potuto? Dopo la nostra discussione alla pista pensavo che volesse tenersi in tutti i modi possibili Maddie, ma invece avevo ottenuto l'ennesima prova che fosse solo un pezzo di merda. E mi sento fottutamente in colpa per non averle detto nulla. Avrei potuto avvisarla, fare in modo che lei non ci uscisse e non si legasse a lui. Ma invece non feci nulla.

«Siii» Max urlò scollandosi l'ultimo goccio di birra. «Hai delle carte?» chiese rivolgendosi a me.

«Si, scalaquaranta?»

«Stavo pensando a stip poker ma anche scalaquaranta va bene». Strip poker, davvero?
«Hai così tanta voglia di metterti a nudo?». Eddy era sempre sconcertato da certe uscite di Max.

«Eccerto, perchè dovrei privare Maddie di un simile ben di dio?» disse facendo l'occhiolino a Madison la quale rise,e continuò a muoversi con la musica sorseggiando dal suo bicchiere.

Non mi trattenni. «Perchè se non lo fai ti stacco le palle».

«Capito, capo. Adoro questa canzone!». Max era il più euforico. Non aveva bevuto moltissimo ma non era neanche abituato a farlo. Eddy era brillo, ma non ai livelli di Mad. Lui sembrava più spensierato sotto l'effetto dell'alcool e molto più socievole.
Io invece non aveva toccato una goccia di alcool per tutta la sera e spesso scrutavo e osservavo Maddie. Cercavo di capire se stesse bene.
«Balla con me... » mi dissi avvicinandosi. Mi prese il polso e mi trascinò fino al centro della sala. La canzone era lenta e sensuale e il nostro ballo fu in perfetto tema. Le mie mani sui suoi fianchi, io che l'abbracciavo da dietro e la sua testa rivolta all'indietro appoggiata sulla mia spalla. Cazzo, bellissima. Chiuse gli occhi qualche secondo e mi bloccai ad ammirarla. Come aveva potuto quel coglione farla soffrire così.
«Devo andare in bagno!» disse improvvisamente abbandonandomi lì, dirigendosi verso il bagno e tenendosi una mano sulla bocca. Le corsi dietro e la vidi, una volta raggiunto il bagno, chinarsi sulla tavoletta e vomitare anche l'anima. Mi avvicinai a lei incominciando ad accarezzarle la schiena e mi tenendole i capelli che si era sciolta. Avrei dovuto fermarla qualche drink prima, ma mi sarei preso cura di lei.
«Non berrò più in tutta la mia vita... » mi disse appoggiandosi alla vasca da bagno. La raggiunsi e mi sedetti a terra accanto a lei. Allungai il braccio sulle sue spalle e l'avvicinai a me. Il suo corpo sembrava fatto apposta per unirsi al mio. Feci scendere di più il braccio e continuai ad accarezzarle la schiena per rassicurala e confortarla. Non sapevo se stessi facendo qualcosa di o, ma lei non mi sembrò lamentarsene.
«Sei sicura che non vuoi che gli spacchi la faccia?»
Ridacchiò e mi sorrise guardandomi negli occhi. «Sicura, devo affrontarlo io».
«Grazie... » mi disse. Anche se sapevo che era ancora arrabbiata con me, non l'avrei lasciata sola in un momento così.
«Per cosa?»
«Per preoccuparti per me...»
«Quindi non sei più arrabbiata con me?!» le chiesi sorridendo.
«Sono sempre arrabbiata con te». Mi sorrise e ricambiai. Si venne a creare un silenzio che era tutt'altro che imbarazzante. Era tranquillo e sereno. Volevo più momenti come quello con lei, solo noi due, avvinghiati l'uno all'altra.
«Cos'è che non mi vuoi dire?»
«Cosa intendi?». Tante cose avrei voluto dirle. Volevo raccontarle tutto, ogni dannatissima cosa che era successa da quando ci eravamo allontanati. Da quando io l'avevo abbandonata. Ma non volevo che lei mi vedesse come un mostro, sopratutto dopo che quei suoi bellissimi occhi blu erano a tornati a guardarmi con serenità.
«Ogni volta che parliamo e tu mi stai per dire qualcosa di importante, veniamo interrotti. Quando eravamo a South Dorset, alla sera del party, oggi pomeriggio...». Aveva bisogno di risposte, risposte vere e sincere. Le mezze verità l'avevano stufata.

E decisi di essere un po' più sincero. «Ho paura che dicendoti la verità potrei allontanarti... ». Cosa penseresti di me se ti racontassi di lui?
«Non lo saprai mai se non me ne parli... » mi disse lui. Penseresti che sono un mostro.
Feci un respiro profondo. «Ogni tanto mi ricapita di rileggere la tua lettera, quella che mi avevi scritto perché colpisce sempre il mio sguardo quando sono in camera mia. Penso a quanto sono stato stupido ad allontanarmi per un motivo che invece avrebbe dovuto tenermi legato a te... ».
«Non capisco, Arthur. Di cosa parli?»
«Ti ricordi quando eravamo piccoli e andavamo al parco vicino alla mia vecchia casa e prendevamo il gelato insieme? Tu ti sporcavi sempre la bocca e io te la pulivo con un fazzoletto». Eravamo davvero spensierati da bambini, come tutti. Quando si cresce si incominciano a fare i conti con la realtà, con le scelte e con la vita. «Io.... cazzo... perché è così difficile?!». Mi portai le mani alla testa e si piegai in avanti. Cristo, era troppo complicato. Come potevo dire alla ragazza al mio fianco che quando eravamo bambini l'allontanai da me perché l'amavo troppo e non volevo che entrasse anche lei nel buco nero dove io ero già?
«Ragazzi, state bene?». Eddy spalancò la porta e sia io che Mad i alzammo, andammo in soggiorno dove avevamo preparato prima le coperte per dormire tutti insieme. Erano tutti davvero ubriachi che sembravamo tornati da uno Spring Break in Messico. Tutti ovviamente tranne me. Se non ci fossi stato io sobrio probabilmente avrebbero combinato qualche disastro.
«Sono le 3 e tu ti devi svegliare tra cinque ore. Credo sia arrivato il momento di andare a dormire...».Le diedi un bacio sulla fronte non appena si sdraiò e le rimboccai le coperte. Mi misi sul divano e lo stesso fecero Max ed Eddy.

«A me niente bacio?»

«Vai a fanculo, Max». E lo sentii ridere.

La mattina mi svegliai quando ancora tutti dormivano, sistemai le coperte a tutti e tre e mi diressi in cucina a preparare qualcosa con cui fare colazione.

Mentre ero occupato a preparare l'impasto per i pancakes, sentii il suo sguardo addosso a me. Alzai la testa e la vidi ferma a guardare i miei addominali senza neanche degnarmi di nascondermi un po'. Le piaceva ciò che vedeva?
«Ehi, buongiorno. Ti ho preparato dei pancakes»
«Ehm... grazie, ma non ho fame» disse sedendosi al bancone.
«Dovresti mangiare qualcosa. Ieri sera non hai mangiato nulla, se non qualche patatina...». La sera prima aveva buttato solo giù alcool mangiando solo qualche stuzzichino, mentre i ragazzi si fecero portare delle pizze che divorarono come se non ci fosse un domani. Mi sedetti di fianco a lei e le posizionai il piatto di fronte con una tazza di caffè. Saopevo che non era a suo agio con il cibo. Ma non doveva vergognarsi di mangiare di fronte a me, mai.

Sorseggiò solo un po' di caffè per darsi la carica per la giornata. Sapeva che sbagliava e credo che il mio sguardo non l'aiutasse affatto, ma a tutto c'è un perché. Ma non potevo costringerla. Che lo volessi o meno era una scelta sua. Ma mi sarei impegnato per farle capire che poteva concedersi qualche sfizio ogni tanto.
«Perché sei già sveglio?». Mi chiese facevo fatica a togliermi gli occhi di dosso. Si, le piacevano.
«Ti ho preso alcuni vestiti e volevo accompagnarti a scuola... ».
«Grazie... ». Prese i vestiti che avevo appoggiato sul tavolo e li ispezionò. Una gonna non troppo corta nera e una camicia bianca.
«Erano gli unici che ho trovato che avevano il cartellino ancora attaccato». Erano gli unici nell'armadio di mamma che fossero adatti a una ragazzi di quasi diciotto anni. Prese i vestiti e andò in bagno a cambiarsi.

nel mentre presi un pezzo di carta per scriverci su che avrei accompagnato a scuola Maddie in modo che se Max o Eddy si fossero svegliati, cosa di cui dubitavo, sapevano dove fossimo.
«Pronta?»
«Ehm si... possiamo andare». Uscimmo di casa e andammo verso la mia auto. Il viaggio verso la scuola fu molto silenzioso. Non le andava di parlare, E non l'avrei costretta.
«Grazie del passaggio e di tutto il resto... »
«Non mi devi ringraziare»
«Ok allora, ci vediamo sabato... »
«Per chi farai il tifo?» le chiesi Arthur curioso. A quella gara saremmo stati io ed Eddy a prendere parte alla gara, mentre Max e Stephen sarebbero rimasti in panchina.
«Mhm.. ci devo ancora pensare... Eddy è bravo, sai?»
«Non quanto me... » dissi sicuro di me.
«Ciao Arthur» disse scendendo dalla macchina.
«Ciao Mad». Non vedo l'ora di rivederti.

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