«Buongiorno, tesoro mio!»
«Buongiorno, è già giorno?
Che ore saranno?»«A giudicare dalla luce che filtra dalla persiana, almeno, almeno l'ora di alzarsi!»
«Uffa!»
«Sempre che tu molli la presa. Hai dormito tutta la notte così: stretta, stretta a me e come al solito, con l'orecchio sul mio cuore.»
«Ho deciso! Oggi rimarremo così tutta la giornata. Ho bisogno di tenere sotto controllo questi battiti.»
«Perché, hai sentito qualcosa di strano?»
«No, ma oggi devo fare questa cosa.»
«Lo sai che ho mille impegni, C'è da ...»
«Ho detto che tu rimarrai a letto tutto il giorno abbracciato a me e...»
«E non si discute, giusto?»
«Giusto!»
«Però vorrei farti notare che...»
«Lo vedi? Tu non mi ascolti, tu non mi capisci, tu non mi hai mai capita!»
«No, no, zitta, zitta! Rimarremo a letto tutta la giornata avvinghiati, d'accordo?»
«Adesso cominci a ragionare.»
«Dunque, assodato che resteremo immobili in questo talamo per le prossime ventiquattro ore, che si fa?»
«In questo talamo io e te cosa possiamo fare?»
«Be, a parte amarci come se non ci fosse un domani, hai qualche altra proposta?»
«Ci dedicheremo alla più nobile e alta delle attività umane.»
«Cioè?»
«All'attività che in antichità era riservata solo agli uomini liberi e preclusa agli schiavi.»
«Avanti, smettila con questa manfrina, di cosa stai parlando?»
«Oggi ci dedicheremo all'Otium!»
«Non faremo un cazzo tutto il giorno, dunque!»
«Esattamente! Non è un idea stupenda?»
«A pensarci bene... Sì, è davvero stupenda!»
«Naturalmente io parlo di Otium come lo concepivano i Greci e i Romani.»
«Vediamo un po': per gli antichi Romani l'otium indicava un periodo di tempo libero dagli affari, negotia, in cui ci si poteva dedicare allo studio, otium litteratum.»
«Nella Grecia antica la parola che si usava per identificare questa attività era: σχολή (scholḗ) che significava, tempo libero, per cui l'ozio stava ad indicare il possesso di tempo da impiegare in attività disinteressate, come lo studio al fine di conseguire la conoscenza o la contemplazione intima di sé stessi.»
«Allora chi ha messo in giro la voce: l'ozio è il padre dei vizi?»
«Fu attribuito a Catone il vecchio questo detto, il quale però pensava, secondo Cicerone, che: "Dagli uomini grandi ci si aspetta che sia grande non solo il loro modo di esercitare negotia, ma anche quello di comportarsi negli otia"
Senza contare che: I Greci nell'epoca del loro splendore non avevano che disprezzo per il lavoro, solo agli schiavi era permesso di lavorare: l'uomo libero conosceva esclusivamente gli esercizi ginnici e i giochi dello spirito. Era questa l'epoca in cui si viveva e si respirava in mezzo a un popolo di Aristoteli, di Fidia, di Aristofani; erano questi i tempi in cui un pugno di valorosi travolgeva a Maratona le orde di quell' Asia che di lì a non molto Alessandro avrebbe conquistato. I filosofi dell'antichità insegnavano il disprezzo per il lavoro, degradazione dell'uomo libero; i poeti cantavano l'ozio, dono degli dèi: «O Meliboee, deus nobis haec otia fecit. O Melibeo, quest'ozio è il dono di un dio. Cantava Virgilio nelle Bucoliche.»