6 - Seonghwa

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Quando Hongjoong diceva una cosa era automaticamente un ordine.

E quello era uno dei casi in cui lo era.

Cominciai a scuotere una gamba nervosamente, la mia espressione fredda e vuota. Avevo una strana sensazione, come se la porta all'inizio del corridoio fosse aperta. Mi voltai, era chiusa come al solito.

Forse era solo un sentimento. Senza il forse, lo era. Spostai il mio sguardo ai ragazzi seduti intorno a me un'altra volta, guardandoli mentre discutevano, mantenendo un tono basso, su Jiselle e la sua famiglia. Soprattutto i soldi della sua famiglia. Faceva Minho di cognome e i Minho sembravano avere un patrimonio che ammontava a mezzo miliardo.

Mezzo miliardo di dollari.

Non che la ragazza fosse viziata, ovviamente, sembrava completamente l'opposto. Ma cosa ci importava di più? I soldi. Ci saremmo fatti una piscina di banconote solo se i suoi genitori ci avessero pagato la somma che gli spettava per la loro figlia.

Ma c'era ancora un problema, causato da uno di noi, Wooyoung. Proprio lui parlava di fidanzate!

Ovviamente lui aveva posto la domanda che gli era venuto in mente, perché non riusciva mai a tenere la bocca chiusa quando serviva. Se i genitori di lei non avessero pagato e ci avrebbero lasciato Jiselle, cosa avremmo fatto?

Ed era lì che si era creato un tempo non ancora terminato di silenzio, interrotto solo da Yeosang che aveva affermato che non avremmo potuto uccidere la ragazza, dopotutto era ancora minorenne e chissà quanta vita aveva ancora davanti. Forse eravamo un po' sensibili per essere dei mafiosi, ma quando serviva non lo eravamo per niente.

"Ragazzi, è mezzanotte," fece notare Mingi, rompendo il silenzio. "Sapete già che tra un po' dovremmo..." ma non finì la frase perché avevo appena alzato una mano davanti al suo volto, con gli occhi socchiusi verso la porta. Ero certo, ma certo, che c'era qualcuno. Chiunque fosse, era intuibile.

"Che c'è Seonghwa?" chiese Yeosang, tentando di guardare il posto a cui stavo rivolgendo occhiatacce. Sapevo perfettamente tutto. Era sempre successo con le persone impertinenti che avevamo rapito. E Jiselle era una di quelle, ma impertinenti in un modo da far venire i nervi anche alle persone più calme.

Mi alzai dalla mia sedia e senza proferire parola mi diressi verso il corridoio, spalancai la porta della cantina. Feci appena in tempo a vedere Jiselle che si ritirava con uno scatto, si appoggiò al corrimano delle scale e fece per indietreggiare, ma la afferrai per la maglia. La sua schiena si inarcò e sgranò gli occhi, tentò di dimenarsi inutilmente.

"Sapevi a che conseguenze saresti andata incontro, eh, ragazzina?" dissi minaccioso, tirandola ancora più vicina a me. Lei mi sfiorò appena, vacillai quando sentii quanto stava scottando, ma non mi feci ipnotizzare. Le lanciai un'occhiataccia e la sua reazione mi fece esitare un'altra volta. Jiselle, in tutta risposta, mi fulminò con lo sguardo e non si arrese, ma almeno smise di muoversi una volta per tutte.

"Tipo? Tu saresti la conseguenza peggiore? Che paura," disse con aria di sfida, e mi trattenni a stento dal tirarle uno schiaffo potentissimo in faccia. Come cazzo si permetteva? Strinsi la presa sulla sua maglia, i miei occhi bruciarono di rabbia e la strattonai indietro, era il minimo che potevo fare per sfogarmi.

Lei inciampò, per poco non cadde giù dalle scale, prese appena in tempo la mia maglia, facendomi cadere in ginocchio di fronte a lei. La inchiodai al pavimento, tenendola per il collo. Era di un'insopportabilità enorme.

Jiselle rabbrividì e cerco di dimenarsi ancora, ma non sarebbe riuscita a scapparmi. La premetti ancora di più contro il pavimento, mettendo un ginocchio sul suo stomaco e premendo finché non le tolsi il fiato. Il suo volto cominciò a svuotarsi di tutto il sangue, impallidì come un cadavere. Al contrario di tutti gli altri, mi piaceva vedere Minho che soffriva. Mi dava un piacere selvaggio, primitivo. Animale.

Tolsi il ginocchio dal suo stomaco, dandole la possibilità di respirare, ma solo in parte perché una delle mie mani era ancora stretta intorno al suo collo, preventoria. Non l'avrei lasciata andare molto facilmente.

Poi, a distrarmi, dei passi. Proprio adesso? Adesso adesso? Odiai chiunque si fosse avvicinato, senza neanche sapere chi fosse, solo per il fatto di avermi potenzialmente interrotto dal picchiare Jiselle perché mi stava antipatica. Perlomeno in quel momento, poi negli altri si sarebbe visto.

Feci appena in tempo a levarmi dalla ragazza per rialzarmi, poi Yunho si mise a sbirciare dalla porta quello che stava succedendo. Ovviamente Jiselle non aveva emesso il più basso dei rumori mentre la stavo praticamente violentando, ma sarebbe dovuto risultare ovvio che stavo tentando di farle del male.

Jiselle si alzò su un gomito e cominciò a respirare per recuperare l'aria che le avevo tolto, le guance rosse. Il suo petto si alzava e si abbassava velocemente e per un paio di secondi mi concentrai a fissarlo. Poi distolsi lo sguardo.

Quando Yunho ci vide assieme in questo stato avrà pensato che avevo già picchiato la ragazza.

Yunho si inginocchiò davanti a lei e le tenne una mano sul petto, appena sopra quella di Jiselle, e poi parlò. "Cosa ti ha fatto Seonghwa? Stai bene?" chiese con tono preoccupato, e mi ritrovai ad alzare gli occhi al cielo alla sua reazione. Ma fu quella della ragazza a stupirmi, ma anche soddisfarmi, di più.

"Non mi ha fatto niente" rispose lei, mascherando egregiamente la bugia finché Yunho non le credette. Era abituata a mentire? O era un suo talento, forse il suo unico? Feci un sorrisetto arrogante, poi scossi leggermente Yunho per la maglia per farlo alzare.

Lui capì e ritornammo in cucina un'altra volta, sapendo che nessuno aveva visto niente. Però non avevo preso in considerazione il fatto che i ragazzi avrebbero potuto spiare o origliare a loro volta, quindi quando mi ritrovai davanti un Hongjoong che mi avrebbe spezzato le ossa dall'espressione con cui mi guardava, rimasi un attimo spaesato.

"Fai il deficiente?" mi chiese, sussurrandomi all'orecchio come se mi stesse dicendo un segreto. "Ti avevo appena detto di non provare a toccarla. L'ho detto per il tuo bene. Si vendicherà, tu lo sai, ma poi te ne lamenterai ovviamente" aggiunse dopo, stringendo gli occhi e fulminandomi con lo sguardo.

Improvvisamente, mi sentii molto debole e impotente contro Joong. Lo sapevo che non avrei dovuto farlo, ma l'avevo fatto. Me l'ero presa con Jiselle per la ragione più stupida che avesse potuto esistere. Quindi, come al solito, ho avuto un problema e sono ricorso alla violenza. Capii solo in quel momento, minacciato da Hongjoong, che non avevo risolto nulla.

Lui mi lasciò andare ma mi rivolse un'occhiata che avrebbe potuto tranquillamente sciogliere il vetro da quanto era intensa. Cattiva.

Un brivido mi percorse la schiena, e rimasi impalato per un po' di tempo. Poi riuscii a muovere un muscolo e mi diressi un'altra volta ancora verso la porta del corridoio, aspettandomi di trovare Jiselle che continuava ad origliare. Invece uno sbattere molto forte della porta mi fece cambiare idea e mi fece indietreggiare.

Avevo combinato un casino, e non sapevo se l'avrei mai rimediato. Forse un giorno lontano avrei ottenuto il perdono di Jiselle, se non il giorno dopo. Ma sospettavo altamente che avrebbe subito perdonato qualcuno come me, probabilmente pensava che non me ne sarebbe interessato una mazza.

Ritornai in cucina per la terza volta e mi sedetti dov'ero prima, attento a farmi notare il meno possibile. E anche se tentavo di passare inosservato, sopra di noi si era creata una ragnatela di sguardi. Yeosang guardava Mingi, Mingi guardava Yunho, Yunho guardava Hongjoong, Hongjoong aveva occhi solo ed esclusivamente per me.

"Andate a dormire. Io... devo fare una cosa" disse poi Joong. Si alzò dal tavolo e sparì nel corridoio che portava alle camere del piano superiore. Noi ci scambiammo delle occhiate e poi ci decidemmo ad alzarci, ognuno diretto verso la propria stanza.

JEALOUS BOYSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora