11 - Hongjoong

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Dopo aver malamente torturato i malcapitati di turno, ritornai nella mia camera. C'erano due letti ma solo uno era occupato. Il mio. Dovevo ammettere che mi sarebbe piaciuto condividere la camera con qualcuno, come Mingi e Seonghwa e Yeosang. Ma dato che in una camera c'erano tre letti e in tutte le altre due, qualcuno sarebbe dovuto rimanere da solo.

Non capivo perché dovevo essere proprio io e non qualcun altro, ma non me ne ero mai lamentato. Ero seduto sul letto. La cantina era esattamente nella stanza sotto la mia... quindi mi venne un'illuminazione.

Saltai giù dal letto e cominciai a scendere le scale che portavano al piano di sotto di corsa, poi scesi anche le scale della cantina. I gradini traballavano e scricchiolavano leggermente al mio passo affrettato. Bussai spazientito alla porta di legno mezza ammuffita, chissà da quanto tempo era lì.

Senza aspettare risposta, mi fiondai nella camera di Jiselle. La ragazza sussultò quando mi vide, quasi cadde dal letto dallo spavento che le avevo procurato. Mi buttai sul suo letto, sedendomi accanto a lei. Le sorrisi.

Non sapevo nemmeno io come, ma dopo qualche giorno che Jongho l'aveva rapita, o meglio portata a casa, eravamo diventati amici. L'importante non era sapere come, ma l'importante era che fossimo amici. Non dissi niente e le afferrai il polso, e la portai con in camera mia.

Quando ci videro, alcuni ragazzi fischiarono. "Guardate qui, cosa combina il nostro caro Hongjoong!" esclamò Mingi. Il suo commento fu seguito da alcune risatine da parte degli altri ragazzi e da un'aggiunta volgare del bambino -- gliel'aveva insegnata San. "Hongjoong e Jiselle sono insieme anche a letto?"

Fulminai i ragazzi con lo sguardo, mentre continuavo a trascinare Jiselle per un polso. San si affrettò a coprire la bocca del bambino, vedendo il mio imbarazzo, ed esclamò: "Chi te le ha insegnate queste cose?!". Il bimbo ribatté con uno schiaffo che significava "Tu".

Mi voltai appena per vedere le guance rosse di Jiselle mentre la trascinavo da una parte all'altra della casa, e trovai abbastanza divertente il fatto che era appena arrossita per una stupidaggine del genere. Ma in fondo non potevo biasimarla se era a malapena stata con un ragazzo fino a quel momento.

Finalmente uscimmo dal campo visivo degli altri ragazzi e mi fermai in uno dei tanti corridoi vuoti, sentendomi in dovere di darle qualche spiegazione. "Senti, Jiselle, visto che siamo entrambi da soli in camera non ti piacerebbe venire su a dormire con me?" chiesi, e tentai con tutte le mie forze di combattere la gravità che lottava per abbassare lo sguardo sul suo corpo. Tutto in me pregava per anche solo una sbirciatina, ma la sua voce mi distrasse.

"Ovviamente sì," disse con un sorriso e mi resi conto che era tutto merito mio quando sorrideva. Non potei fare a meno di trovarlo piuttosto carino. Quasi inconsciamente (quasi) una delle mie mani sfiorò la sua vita mentre lei si era già girata per andare verso la mia stanza. La vidi vacillare un momento prima che si dileguasse totalmente nel corridoio, lasciandomi indietro di qualche passo.

Ridacchiai e la seguii, poi aprii la porta della mia camera per lei -- talvolta sapevo essere un gentiluomo, al contrario degli altri. Solo un letto era palesemente usato, cioè quello di destra che aveva le coperte un po' più stropicciate e ormai era abituato alla forma del mio corpo che ci dormiva sopra tutte le notti.

Le indicai gentilmente l'altro letto e lei ci si sedette sopra. "Comodo?" chiesi, non sapevo nemmeno io perché, e mi piazzai sul mio letto, quasi totalmente steso mentre ero solo puntellato sui gomiti. La guardai e Jiselle mormorò un "Sì" quasi non udito da nessuno tranne me ovviamente. Sorrisi a mia volta alla sua timidezza, a volte capitava anche a lei di agitarsi quando era con noi.

Non potevo neanche biasimarla dopotutto, eravamo entrati a far parte della sua vita poco tempo prima e improvvisamente per di più, le avrei concesso tutto il tempo che le serviva per calmarsi se ne aveva bisogno. Non come Seonghwa. Anche se era il mio migliore amico, non potevo fare a meno di trovarlo scorbutico, se non antipatico, con le altre persone. Soprattutto con gli sconosciuti.


Ero l'unico che era rimasto in camera. Non mi cambiava molto avere Jiselle con me se Mingi e Wooyoung continuavano a chiederle di andare con loro. Io rimanevo inevitabilmente troppo solo, neanche Seonghwa veniva a tenermi compagnia.

Odiavo i momenti così. Mi ritrovavo solo, senza nessuno, a volte rischiavo di piangere. Non perché i ragazzi mi ignorassero, o perché non mi parlassero. In quei momenti mi sentivo completamente inutile. Decisi che non era tempo di farsi sopraffare dalle emozioni e cominciai a guardare cosa c'era di interessante nella stanza, quando notai qualcosa accanto al letto di Jiselle, delicatamente appoggiato per terra.

Curioso, mi inginocchiai sul pavimento per guardare meglio che cos'era. Si vedeva solo il dietro, dove c'era scritto "Alla mia Jiselle" con una calligrafia stretta ed elegante. Dalla consistenza, sembrava una di quelle foto scattate con una Polaroid.

Non mi sbagliavo. Girai quella che doveva essere una foto, e infatti apparvero davanti a me due ragazzi in bianco e nero che si scambiavano un bacio. Anche con gli occhi chiusi, si notavano perfettamente i loro sorrisi. Le mani del ragazzo erano appoggiate sulla vita di Jiselle, mentre lei gli teneva il volto tra le mani.

Una fitta di dolore e di gelosia mi colpì il petto. Quindi Jiselle era già fidanzata. Ma non era fidanzata con quel ragazzo di nome Han? Non c'era più quindi era praticamente single. Tutta per Seonghwa, pensai, e immaginai silenziosamente che al posto del ragazzo che sembrava essere Han ci fosse stato proprio il mio amico. Per un secondo, immaginai anche me, ma scacciai velocemente l'immagine dalla mia testa.

Dei passi mi distrassero e mi fecero sussultare, ma non feci in tempo a rialzarmi che Jiselle comparve sulla soglia e corse verso di me, inginocchiandosi davanti a me abbracciandomi. Perché? Esitai un po' ma poi ricambiai il suo abbraccio, dimenticandomi di avere in mano la foto di lei e Han.

Quando il pezzo di carta sfiorò la schiena di Jiselle, però, lei si tirò indietro e inarcò un sopracciglio, tastando sulla sua stessa schiena con una mano per cercare cosa c'era che non andava. Le sue dita incontrarono la fotografia e lei la prese di scatto, strappandomela dalle mani. La ammirò per un momento prima che i suoi occhi diventassero lucidi. "Dov'era?" balbettò. 

"L'ho trovata per terra," ammisi, sapendo che avevo involontariamente toccato un argomento sensibile. Jiselle lesse la dedica scritta dietro e il suo labbro inferiore cominciò a tremare. La abbracciai di nuovo, capii che aveva disperato bisogno di conforto. Ma poi lei si levò dalle mie braccia e sussurrò: "Han..." si portò la loro fotografia al petto e corse in bagno.



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