29 - Yeosang

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Rigiravo continuamente il cibo nel piatto con le bacchette, incapace di scrollarmi di dosso la voce e l'immagine di Seonghwa che annunciava il presunto rapimento di Hongjoong. E se all'inizio qualcuno stentava a crederci, adesso, dopo un giorno dalla sua assenza, eravamo tutti convinti che fosse vero. Anche se un dubbio c'era: come faceva Seonghwa a saperlo? Ma di sicuro l'importante era solo saperlo, almeno per ora.

Nessuno aveva voglia di mangiare data la sparizione del nostro capitano. Il cibo si stava raffreddando velocemente e la voglia cedette ancora di più. Decisi di alzarmi da tavola per mettere il mio cibo in una scatoletta degli avanzi, nel caso mi fosse venuta fame dopo. Anche se ne dubitavo fortemente.

Tutto, nella nostra casa, sembrava essere stato spento o indebolito, come una candela che funzionava da troppo tempo che si arrendeva alla brezza che proveniva da una finestra. Quasi niente aveva più senso, se non il piano che dovevamo inventarci per ritrovare Hongjoong al più presto. La chiave ad urto di Jiselle ci sarebbe servita presto, ma dato che non c'era una copia era da trovare. Quello era il lavoro più lungo e probabilmente l'avremmo affidato o a Mingi o a Seonghwa.

"Ragazzi, dobbiamo pensare a qualcosa," intervenne Wooyoung ad un certo punto. Lui era l'unico che teneva relativamente viva l'atmosfera morta della casa, e nei tempi vuoti come questo era sempre il primo che si offriva a fare qualsiasi cosa. La sua determinazione piaceva a tutti e a volte riusciva a contagiarcela.

Ci sedemmo tutti al tavolo un'altra volta, e notammo che Wooyoung aveva con sé alcuni fogli, probabilmente quelli che avevamo preso dai vari "viaggi" contro la vendetta di Yeonjun. Tutti lo guardammo in attesa di risposta. "Vi ricordate di questo?" disse, appoggiando uno dei fogli sul tavolo.

Dopo un paio di secondi, però, lo riprese in mano e cominciò a parlare, senza farcelo leggere. Misi un piccolo broncio e tentai di vedere cosa c'era scritto, ma dato che Wooyoung continuava a gesticolare non vedevo altro che un pezzo di carta grigio che si agitava nelle sue mani – grigio perché il bianco del foglio e il nero dell'inchiostro si mescolavano in un movimento tremante della mano di Wooyoung. Mi arresi e mi misi ad ascoltare.

"Yeonjun aveva scritto una lettera a questa persona," disse lui e lesse: "A Jun. San, quando ha letto questo nome chi si ricorda dove, ha detto che Yeonjun coi suoi due amici si erano alleati con Jun per pianificare una vendetta. Jun è un fuorilegge anche lui, e quindi ho provato a capire di più su chi era," spiegò. Tutti gli sguardi erano puntati su di lui. "Quelle volte che io e Hongjoong e Yunho abbiamo trovato le carte di alcuni criminali, ho letto che c'era un certo Junhui Wen. E Junhui fa parte di chi?" chiese.

Era chiaro che stava tentando di farci ragionare. Ma alcuni non ci arrivarono e ci toccò aspettarli. Non capivo. Non avevo mai sentito parlare di Junhui. Solo di Jun Wen. "Cos'è tutta questa storia, scusa?" chiesi ad un certo punto, nel momento dove regnava il silenzio che mi aveva permesso di farmi sentire da tutti. "Quante identità ci sono ancora? Non sono qui per scoprire i nomi delle persone. Sono qui per almeno provare a salvare Hongjoong. Non ti sembra abbastanza?" aggiunsi in tono più convinto.

Wooyoung si accigliò e per un istante mi guardò male, per poi rispondermi. "Yeosang, dai, non dire così e pensa. Pensa a quante volte Joong ti ha ripetuto di sapere sempre tutto di tutti, anche le cose più scontate. Secondo te, Junhui assomiglia a Jun? E poi hanno lo stesso cognome... cinese. Non ti dice niente, Yeosang?" ribatté più gentilmente di quanto avessi fatto io, cercando di farmi ragionare... e riuscendoci. Tutto si accese come una lampadina. Ma certo, perché non ci ho pensato prima? La mia espressione si illuminò per far vedere che avevo capito.

Altri ragazzi ci erano già arrivati, i restanti mi guardavano con un sopracciglio alzato. Dopo un momento di confusione, capimmo tutti quanti. Wooyoung l'aveva fatta semplice, ed era riuscito a farsi comprendere.

Mingi fu il primo a parlare. "Seventeen?"


L'armadio mi torreggiava di fronte e il suo contenuto, la sua altezza e la sua dimensione fecero scorrere un brivido lungo tutto il mio corpo, dalle spalle in giù. Il legno scuro contribuiva a dargli un'aria ancora più temibile ed intimidatoria.

Jongho mi lanciò un'occhiata laterale e gliela restituii con lo stesso timore. Segretamente, stavo sperando che il mio amico sarebbe riuscito a maneggiare una pistola correttamente, senza riservarci alcuna figuraccia. Spostai lo sguardo nel secondo dell'armadio, e mi sforzai a sembrare il più freddo possibile. Deglutii e presi una pistola, infilandola dentro la cintura.

No, non erano le armi che mi facevano paura, più che altro era il fatto che Seventeen erano in maggioranza pura: di numero, di esperienza, di reputazione. Al loro cospetto, probabilmente ci avrebbero riso dietro e trattati come dei principianti alle prime armi, letteralmente.

E io avevo paura.

Ma non l'avrei mai ammesso.

Mi voltai dall'altra parte e uscii dalla stanza, lasciando Jongho indietro di qualche passo. Mi raggiunse e cominciò a camminarmi a fianco, sciogliendo un po' il nodo di tensione che mi si era creato dentro lo stomaco. Lo benedii.

"Tutto bene, Yeo? Sembri agitato," constatò Jongho, mettendomi una mano sulla spalla. Lui mi guardò dall'alto, ma non incrociai il suo sguardo. Mi limitai ad annuire e feci del mio meglio per liberarmi dalla sua presa, ma lui non cedette, invece strinse la sua presa. "Yeo, mi stai evitando," sentenziò in tono serio, approfittando della mano che teneva sulla mia spalla per girarmi verso di lui. Stavolta non potei fare a meno di guardarlo negli occhi.

Ci lessi dentro tutta la preoccupazione. E la paura, anche nei suoi. Fortunatamente non ero l'unico spaventato. Deglutii e risposi con una mezza bugia, così da suonare più credibile. "Sto bene, sono solo nervoso per il piano di Wooyoung" ammisi, più a me stesso che a Jongho.

Lui sospirò e annuì in segno di riconoscimento. "Sì, è vero. Diciamo che è leggermente... estrema, come idea" affermò dopo.

Sbuffai. "Certo, perché intrufolarsi in casa di tredici fuorilegge, con una vittima, probabilmente armati, in ovvio vantaggio era l'idea del secolo. Soprattutto se escogitata da Wooyoung!" protestai, liberandomi dalla mano di Jongho e guardando da un'altra parte.

"Qualcuno mi ha chiamato?" La testa di Woo spuntò dall'altro lato del corridoio, le punte delle dita visibili e appoggiate al muro per sporgersi a guardarci. La vista mi fece scuotere la testa. Era così infantile a volte, ma così utile e grintoso. Quando realizzò che non avevamo bisogno di lui – almeno temporaneamente – se ne andò.

Con uno scatto, mi avvicinai a Jongho e lo abbracciai. Solitamente ero troppo timido per farlo, ma tutti gli istinti che dominavano la logica e la ragionevolezza premevano e prendevano il controllo del mio corpo, impedendomi di calibrare e ragionare le mie azioni.

Jongho rimase scioccato per un attimo, per poi avvolgere le braccia intorno a me e cominciare ad accarezzarmi la schiena imbarazzato. Potevo sentire il suo disagio, ma decisi di far finta di niente giusto per non rovinare il momento. Quello non era il momento di lasciarsi andare, con tutte le cose che stavano succedendo. Il mondo correva e avevo rallentato un po' per Jongho. Dato che, ultimamente, certe persone si erano fatte prendere da alcuni... impulsi.

"Jongho, mi dispiace se ci faremo del male. Dobbiamo farlo."

JEALOUS BOYSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora