31 - Hongjoong

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La mattina dopo, mi svegliai dato un rumore strano. Provai a stiracchiarmi, ma qualcosa mi impediva di muovermi. Girai la testa in varie direzioni, ma vidi solo buio e figure sfocate. Spostai una mano, il movimento fu accompagnato da un suono tintinnante e una sensazione di gelo sui polsi. Allora capii: ero stato incatenato ad un muro.

Mi facevano male le braccia e la mia schiena era curvata verso il basso. I miei capelli erano scompigliati, e non mi ricordavo niente del giorno prima.

Basandomi sulla mia mente, l'unica cosa che mi ricordavo era pioggia. Tanta pioggia. Anche se erano le undici di mattina, diluviava che Dio la mandava. Poi, dopo un po' di ore, niente. Solo buio, metallo e gelo che mi penetrava fin dentro le ossa. Aspetta un attimo, mi fermò la mia mente. Il mio primo pensiero lo dedicai a Jiselle, che aveva descritto esattamente le stesse sensazioni. Quel giorno era il ventuno di novembre. Le sensazioni, il posto e il giorno erano gli stessi. Quindi, secondo le mie intuizioni, ero una delle tante persone che erano state rapite ogni ventuno del mese.

Proprio io...?

I miei occhi si sgranarono e tentai di dimenarmi dalle catene, ma il tutto era impossibile perché il metallo mi faceva rabbrividire e stavo già tremando di freddo. Chinai il capo, e lasciai che i peggiori pensieri si insinuassero nella mia testa. Sarei mai uscito di lì? Chi mi aveva rapito? Yeonjun, Boemgyu o addirittura Seventeen?

Calmati. Tutto si può spiegare con la logica.

Seguii quell'improvviso pensiero e decisi di mettermi a riflettere. Appoggiai la schiena la muro di pietra e rialzai lo sguardo per vedere un altro muro identico a quello a cui ero appoggiato io.

Yeonjun non poteva essere stato, dato che era ancora al centro delle Strictlands.

Boemgyu nemmeno, dato che era sparito nel confine nord delle Strictlands e sicuramente io non ero stato rapito lì per varie ragioni.

L'unica opzione rimasta era Seventeen.

Ma certo. Yeonjun e Jun che erano in un'alleanza, quindi probabilmente adesso sono nella villa dei Seventeen. Quando quel pensiero mi attraversò la testa, strinsi i pugni, in preda ad una rabbia che avrebbe distrutto le catene. Se ero veramente lì, allora ero nei guai.

Lasciai che il mio corpo si rilassasse. Mi prese un bel po' di tempo. Anche se rilassato, ero attento. Quando realizzai che non c'era nessun rumore, lasciai che la mia mente riprendesse con i pensieri. Però, in quel momento, non riuscii a pensare ad altro che non fossero i volti dei miei... amici? Oltre che a compagni come fuorilegge, quei ragazzi potevano essere miei amici? Il cuore mi fece un balzo nel petto e gli occhi presero a bruciarmi.

Delle piccole lacrime mi rigarono le guance.


"Esci."

Una voce fredda mi fece sussultare. Non sapevo a chi apparteneva, e non potevo nemmeno capirlo. Mi guardai attorno nel buio ma non vidi niente, sentii solo dei passi. Poi, uno scatto e la presa sui miei polsi si allentò all'improvviso.

Sospirai di sollievo e mi alzai. Le mie gambe erano molle e mi sentivo come se stessi per svenire. Riuscii comunque a camminare.

Quando uscii dalla stanza alla luce, che mi abbagliò gli occhi per un momento, mi accorsi di tutti i lividi cosparsi sulle mie braccia. Una sensazione bruciante si fece strada nel mio corpo, e la mia vista si offuscò.

Una mano mi afferrò l'avambraccio e mi trascinò in avanti, cosciente della difficoltà che stavo attraversando nel camminare.

Quel ragazzo era almeno dieci centimetri più alto di me, era sicuramente più forte – si vedeva dai suoi bicipiti – e mi tirava senza degnarsi di controllare se mi stava facendo male oppure no.

JEALOUS BOYSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora