17 - Yeonjun

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Le mie carte dicevano: "Fuorilegge libero, rapitore, omicida". Il che era vero. Di me dicevano che ero uno psicopatico. Ma nessuno ci ha mai creduto veramente, dato che una maschera ce la mettiamo tutti addosso. Una persona contro il governo è una psicopatica? Dipende dalle sue azioni.

Dipende dalla prospettiva con cui si vedono certe cose.

Prima eravamo in sei, poi in sette. C'erano Hoshi, Changbin, Han, Jun, io e Soobin. Per un lungo periodo di tempo, Jiselle. Ci siamo drasticamente ridotti a cinque. La colpa? Tutta da scoprire. Pensavate che ve lo dicessi?

Ero nello stesso magazzino in cui avevo visto Seonghwa e gli altri due Choi. Pensavano di essere unici, che quando hanno visto "Choi line" hanno subito preso a vantarsi. Giusto per segnalare la loro importanza.

Ma la Choi line era una cosa per tre persone. Almeno, per ora, due. La terza diceva di essere di ritorno, ma non avremmo saputo quando sarebbe effettivamente tornata. Al momento io e Soobin ci arrangiavamo con quello che avevamo.

I graffiti erano stati leggermente lavati via dalla pioggia ma i segni erano ancora riconoscibili. Più o meno la metà di quelli li avevo fatti io con quelli che credevo fossero miei amici. Ce n'erano di tutti i tipi: caratteri cinesi, giapponesi, coreani, occidentali. Una mischia di colori in cui ci si perdeva con la vista.

Quante cose avevo scritto. E me ne pentivo per alcune. Passai delicatamente tre dita su uno di quelli. C'era una freccia un po' colante, nera, e in rosso c'era scritto "W & Y". Wooyoung e Yeonjun. Sentii delle emozioni raffiorare. Sì, Wooyoung. Perché mi aveva lasciato così? Era forse più felice con San?

Le mie dita tremarono leggermente e fui scosso da un brivido di freddo e qualcos'altro. Ma lui ci teneva almeno a me? Mi aveva mai considerato quello che io credevo lui fosse per me? Tirai su col naso e tentai di distrarmi da quello. Ma non ci riuscivo. Mi mancava troppo per non pensarci. Probabilmente era più felice con San che con me. Ed era proprio di quello che non riuscivo a capacitarmi.

Spostai la mano da un'altra parte del muro e lessi "1999". L'anno in cui eravamo nati io, Wooyoung, e quell'altro maledetto di San. Che vadano tutti e due a fanculo, pensai. Tutti e due traditori sporchi della merda peggiore. Tutti e due che avevano lasciato indietro una persona che sapevano essere più debole e sensibile di loro.

Ma io non ero debole, né tantomeno sensibile. Ma per colpa loro, lo ero stato. E non volevo esserlo mai più.

Mentre la mia mano cominciò a tremare di nuovo, le gocce di pioggia sulle mie guance si confusero con un paio di lacrime che uscirono dai miei occhi mentre distoglievo lo sguardo da quel muro.


Quel giorno non volevo tornare a casa di Hoshi. I vestiti mi si erano attaccati al corpo per colpa di tutta la pioggia che avevo preso, i capelli appiccicati alla mia fronte a coprire un po' dei miei occhi, lasciando solo il naso e la bocca scoperti.

Seduto sul cemento bagnato, sotto una tettoia di metallo grondante, le ginocchia al petto. Ormai non mi cambiava più niente se ero all'asciutto o al bagnato, tanto ci avrei messo molto ad asciugarmi almeno un po'. I graffiti mi facevano compagnia, non solo i miei ma quelli di qualcun altro che stava passando tempi migliori dei miei.

Appoggiai una mano sul muro alla mia sinistra, dove sotto le mie dita si leggeva un codice Morse. Si scorgeva anche la traduzione. "Promessa". Una promessa rotta come il vetro colpito da un mattone. Non mi serviva proprio leggere quella cosa, non avrei mai dovuto voltarmi da quella parte, ma l'avevo fatto.


Mi avvicinavo al magazzino con passi leggeri e poco udibili. Le foglie scricchiolavano silenziose mentre camminavo nel sottobosco rilassante. C'erano solo funghi e piccoli insetti che mi ronzavano fastidiosi intorno. Li scacciai tutti con un gesto della mano.

Chissà se c'è già, mi chiesi mentre mi affacciavo fuori da uno degli alberi per guardarmi intorno. Bene, era tutto vuoto.

Ma poi intravidi delle sagome. Due. Una di loro, in piedi, era sicuramente Wooyoung.

Strizzai gli occhi mentre vidi un ragazzo in ginocchio davanti ad uno dei muri, insieme ad un altro che era piegato per leggere quello che stava indicando il suo amico inginocchiato. Da dov'ero io, si vedevano solo colori confusi e segni più grandi o più piccoli.

Loro due scoppiarono a ridere. L'altro ragazzo si rialzò e pulì un po' di polvere dai suoi pantaloni. La sua camicia nera gli stava intenzionalmente stretta, e rivelava un corpo che avrebbe fatto venire il sangue da naso a tutte le ragazze. Aveva i capelli neri che gli ricoprivano un po' la fronte, ma che lasciavano scoperti i suoi occhi, terribilmente simili ai miei.

Socchiusi la bocca e strinsi gli occhi. Chi era? Il modo in cui si muoveva mi era familiare. Tentai di scavare il più possibile nei miei ricordi, e finalmente riconobbi "l'altro" come San, un ragazzo che conoscevo abbastanza bene da definire amico che aveva fatto le superiori con me. Ecco perché mi sembrava di averlo conosciuto.

Avevamo perso i contatti da un po' di tempo e l'ultima volta che ci eravamo sentiti era stata quasi qualche mese prima, ma quello era poco importante. Cosa ci faceva lui lì con Wooyoung? Dovevo esserci io al posto suo. Non era stato Wooyoung a dirmi di incontrarlo là alle undici del mattino. Cosa c'entrava San?

Mi accorsi che ero potenzialmente nel loro campo visivo, quindi mi nascosi dietro ad un albero e ricominciai a spiare da lì. Una fitta di gelosia mi colpì il cuore quando sentii le loro risate cristalline e ingenue, ma soprattutto quando sentii quello che dissero quando finirono una volta per tutte di ridere.

"Promessa!" esclamò San, asciugandosi le lacrime dagli occhi, con un sorriso che faticava a contenere da quanto era ampio. "Patetico. Neanche una femmina avrebbe scritto una stronzata del genere" aggiunse.

"Lo so. Yeonjun è la persona più sensibile che abbia mai incontrato! Se la prende per tutto. Cioè,  non può starsene zitto un attimo? Ah, e poi guarda qui" rispose Wooyoung, indicando un'altra scritta sul muro.

Il mio cuore si spezzò in mille frammenti diversi, minuscoli ed insignificanti. Esattamente come mi sentivo in quel momento. Quello non era Wooyoung. Quella era una persona simile a Wooyoung. Lui non avrebbe mai detto delle cose del genere... Ma invece le aveva proprio dette, ridendo innocentemente col suo nuovo migliore amico.

"Cosa? Non l'avevi già cancellato?" chiese, e con gli occhi tracciò la forma della scritta. "Le vostre iniziali, eh? Che emozionante. Commovente. Scommetto che se ci avesse sentito, si sarebbe messo a piangere" disse San, accompagnato da una risata di Wooyoung. Era la risata più vera che fosse mai uscita dalla sua bocca.

E il peggio era che San aveva ragione. Non importava quanto fossero offensive le sue parole, l'unica cosa che faceva male era se c'era verità in loro. E in quelle, era decisamente la verità che avevo tentato invano di nascondere in tutto il tempo che ero stato il "migliore amico" di Wooyoung.

Mi asciugai le lacrime con mano tremante e le trattenni tutte. Le avrei rimandate ad un'altra volta. E quella volta sarebbe stata il giorno in cui sarei ritornato in quel magazzino dopo che avevo visto San andarci lì con altri due dei suoi amichetti.

Wooyoung controllò l'ora. "San, è tardi!" esclamò, portandosi una mano alla fronte. "Vai via, smamma. Non ti voglio più vedere fino a domani." disse, spingendo via San. Poi aggiunse: "Sempre qui alla stessa ora, sì. Okay. Vedi di essere puntuale! Sì, ciao."



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