Mi congelai sul posto, stupita e un po' impaurita dalla voce che era venuta da dietro di noi. Chi vuoi che sia stato? mi fece la mia testa. Lentamente, mi voltai verso il vecchio signore che fumava e nel frattempo ci fissava. O meglio, mi fissava. Notai che anche Mingi si era raggelato, il suo sguardo altrettanto freddo puntato sull'uomo.
Ci misi un attimo a ricompormi e scoccai la peggiore occhiataccia che avevo nel mio inventario a quel pedofilo. "Mi scusi signore, ma potrei essere l'ultima ragazza che vedrà nella sua vita," replicai perfettamente calma.
Alcuni ragazzi sgranarono gli occhi alla mia audacia, ma finsi di non vedere niente.
Il vecchio si alzò dalla sua sedia con un ghigno, come se fosse pronto a combattermi. Io mi staccai dal muro, mantenendo una visibile distanza di dieci metri di sicurezza tra me e quell'uomo. Appoggiai la mano sulla cintura dei pantaloni, pronta ad estrarre la pistola.
L'uomo ridacchiò e mi colse di sorpresa con la sua replica. "Tu, l'ultima che vedrò? Mi dispiace signorina, ma la tua lingua affilata non durerà molto."
"Beh, nemmeno la sua vita durerà molto se continua."
Sentii dei passi dietro di me, poi una mano che si appoggiava sulla mia spalla. Una voce vicino all'orecchio. "Jiselle, smettila o peggiorerai la situazione." Seonghwa. Non mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo e ignorai il suo sussurro.
Intanto l'uomo si stava avvicinando.
Io indietreggiavo.
Almeno finché la mia schiena non incontrò il muro, e fui costretta a fermarmi. Jiselle, mantieni la calma, pensai un secondo dopo. La mia mano destra afferrò la pistola, e non ebbi esitazioni a puntarla contro la tempia dell'uomo. "Si muova pure signore, esprima l'ultimo desiderio della sua vita, e io sparerò. Sarà tutto indolore, non si preoccupi, soprattutto se rimane fermo," lo avvisai freddamente.
"Pensi di farmi paura? In fondo sei solo una ragazzina, non saprai nemmeno usare una pistola." Il signore prese a farsi beffe di me, imbarazzandomi di fronte agli altri. Cosa che non mi fece piacere.
"Saprei usare una pistola meglio di quanto lei abbia fatto in tutta la sua vita," lo avvisai poco gentilmente.
"Ah sì? Devo dire, signorina, che ha proprio un brutto carattere," se la rise lui tutto soddisfatto. Estrasse un coltello dalla tasca dei pantaloni, appoggiando la punta sul muro accanto alla mia tempia.
Il mio cuore cominciò a battere molto più forte, ma continuai a fissarlo calma. "Se mi uccide, molto probabilmente lei sarà l'unica persona a subire delle conseguenze."
I ragazzi non osarono agire, e un po' li incolpai nella mia testa.
"Conseguenze?" chiese l'uomo mantenendo un sorrisetto storto.
Indicai i ragazzi dietro di me con un cenno del capo, che si erano risvegliati dal loro stupore, e avevano tutti in mano la loro pistola.
"Anche se hai un atteggiamento di schifo, sei bellissima, ragazzina."
I miei occhi si sgranarono e il mio dito indice si premette sul grilletto della pistola, ma prima che potessi sparare un altro sparo provenne da dietro. L'uomo fu sul punto di cadermi addosso, ma io lo spinsi per terra, macchiando il suolo di sangue fresco.
"Non so come le sia venuto in mente di dire una cosa del genere alla mia ragazza," sibilò Seonghwa da dietro, così che gli altri non potessero sentirci. Intanto, gli altri si erano già radunati attorno al corpo mezzo morto dell'uomo.
Mi staccai dal muro, mentre guardavo Seonghwa in piedi, fiero della sua azione e con le braccia lungo i fianchi. Il mio Seonghwa, pensai ad un certo punto. Dovetti resistere la tentazione di gettargli le braccia al collo e baciarlo finché non rimanevo senza fiato.
Poi, sentendo un altro sparo, sussultai leggermente. Yunho aveva finito l'uomo con un proiettile preciso sulla fronte.
Seonghwa camminò lentamente verso di me, dandomi un leggero colpetto sulla spalla per distrarmi. Mi voltai ed incontrai i suoi occhi, e mormorai un silenzioso "grazie". Lui annuii e avvolse le braccia intorno alla mia vita, abbracciandomi non molto strettamente. La sua presa era un po' più floscia del solito, probabilmente per la stanchezza.
"Di niente," rispose lui appoggiando le labbra sulla mia fronte.
Non potei fare a meno di sorridere, e arrossii leggermente al suo tocco. Come se non ce ne fossi abituata, pensai poco dopo.
"Uh, guardate, si stanno baciando!" esclamò qualcuno da dietro. Mingi.
Seonghwa alzò la testa ma non accennò a lasciarmi andare. Anch'io mi voltai, imbarazzata, e notai che San guardava un po' più sopra rispetto a me. Stava fissando Seonghwa con una tale intensità che temevo l'avesse preso a pugni presto, ma rimase fermo sul posto a guardare male l'altro.
"Perché mi stai fissando in quel modo?" chiese ad un certo punto Seonghwa, la sua voce non era fredda ma interrogativa.
San, senza dire una parola, distolse lo sguardo e strinse la pistola in una mano. Geloso...
Seonghwa scrollò le spalle e mi lasciò andare, camminando fuori dal vicolo come se niente fosse successo.
Tutti lo seguimmo.
Le montagne delle Strictlands non erano certo il posto più adatto in cui camminare per lunghi tragitti, ma noi avevamo il dovere di farlo per Hongjoong.
Però, data la stanchezza che stava prevalendo su tutti, ci eravamo seduti tutti per terra.
Avevamo rubato – o "preso in prestito a vita," come avrebbe detto Yeosang – delle bottiglie d'acqua da un supermercato apparentemente in disuso che ci stavamo scolando senza un domani.
"Quanto manca per arrivare?" chiese ad un certo punto Jongho, che, essendo il più piccolo tra i ragazzi, era anche quello un po' più infantile.
Tutti gli sguardi furono puntati su Seonghwa, che bevve un sorso d'acqua prima di rispondere. "Se domani mattina partiamo abbastanza presto, allora per la notte ce la dovremo fare."
A quella frase, l'atmosfera diventò più entusiasta. Ci scambiammo delle occhiate eccitate, perché il pensiero di rivedere finalmente Joong ci rendeva già molto felici.
"Ragazzi, le vostre pistole sono tutte cariche?" chiese poi Seonghwa, serio, anche se sapevamo che era felice pure lui. Dopo almeno quattro giorni di camminare...
Quella notte decisi di andare a dormire nella stessa camera di San per non procurargli una delusione. Bussai alla porta della camera numero 127, quella dove il ragazzo si era rifugiato durante il pomeriggio.
Senza aspettare risposta, aprii la porta, infilando dentro la testa. San era seduto sul letto a fissare lo specchio davanti a sé, e quando sentì la porta scricchiolare sussultò e si voltò verso di me. "Ah, Jiselle..." borbottò a bassa voce ma mi lasciò entrare.
Chiusi la porta dietro di me e mi sedetti sull'altro letto, fissando San dritto negli occhi. "Volevo solo stare nella tua stessa stanza. Problemi?"
Quella notte mi addormentai solamente dopo numerosi tentativi. Non riuscivo a soddisfare la mia esigenza di sonno per molti motivi: il proprietario del condominio in cui stavamo dormendo era a dir poco inquietante, gli occhi arrabbiati e gelosi di San erano ancora stampati sulla mia mente, e migliaia di pensieri mi attraversavano la mente.
Avremmo mai ritrovato Hongjoong, o sarebbe stato troppo tardi? Magari gli altri l'avevano già ucciso, chi lo poteva sapere... Oppure, avrebbero ucciso noi. Sarebbe stato facili, tredici contro otto, a meno che non avremmo colpito un punto debole.
Il sonno arrivò, trascinandomi in una valanga di sogni confusi a cui non volevo badare.
Ad un certo punto, un'immagine apparì al posto del buio nei miei occhi: era una scritta. I caratteri erano leggermente sbiaditi e la lettura era resa peggiore dal fatto che sembrasse scritta col neon. Tentai di decifrare la parola, e quello che ne venne fuori fu una cosa che mi rassicurò almeno in parte.
"Vittoria."
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JEALOUS BOYS
Fanfiction____________________________________ La sorella perduta di Lee Know, che faceva parte di una ricca famiglia sud coreana, viene rapita dagli otto ragazzi più temuti delle Strickland: gli Ateez. Si scoprono essere possessivi, gelosi e attaccati ai sol...