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Jenna

Dopo essermi avvolta nel morbido asciugamano che mi aspettava, piegato su una sedia di legno, come fossi l'ospite di un albergo, mi dirigo in camera per infilarmi qualunque cosa mi abba riservato. Non so se sia solo una sensazione, ma ho l'impressione di sentirmi già meglio. Sulle lenzuola bianche del letto, da una piazza e mezza circa, sono disposte una camicia, una felpa, una maglia a manica corta abbinata con un paio di pantaloncini di Lyon, che su di me fungerebbero da pantaloni. Opto per la camicia che, non appena la infilo, si modella su di me fino a coprirmi le ginocchia, e mi basta. È abbastanza lunga da coprirmi, ma anche leggera da non nascondere le mie forme.

Forse la Jenna di qualche mese fa non ci avrebbe pensato due volte a scegliere una felpa e dei pantaloni che l'avrebbero avviluppata nell'anonimato, ma non ora. Mi sento al sicuro al fianco di Lyon, come se non potesse accadermi niente di male e allora non vale la pena nascondersi, non sento l'esigenza di camuffarmi, ma di essere me stessa, o almeno tornare ad esserlo.

Sorprendo Lyon davanti ad una tazza fumante e ancora senza maglietta. Mi fermo in piedi sull'ultimo gradino della scalinata, mi sento vulnerabile, per essere in casa sua, per indossare qualcosa di suo e per averlo davanti a me in una posa naturale e spontanea, come fossimo spogli di barriere e scudi di difesa. Il suo sguardo si orienta su di me.

«Eccoti, finalmente, vieni o si fredda» mi invita con un sorriso che scava una fossetta all'angolo della bocca e mi sento di obbedire, solo per aver ricevuto un gesto di cortesia, di attenzione da parte sua. Da quando sono diventata così mansueta e accondiscendente? Mi siedo di fronte a lui che, con le dita a martello, spinge la tazza nella mia direzione. Faccio un sorso e il pizzicore dello zenzero e di quello che mi sembra pepe mi provoca un leggero, piacevole brivido.

«L'hai preparata tu?» chiedo tenendola tra le mani. Mi lascio inebriare dall'aroma speziato che fluttua nella stanza.

«Vorrei tanto dirti di sì, ma...» dice con gesto teatrale della mano «qualcun altro dotato di particolari ed efficaci poteri si è speso per te» aggiunge divertito.

«Non dirmi che hai scomodato Donald, perché non riuscivi a preparare una tisana» lo sfotto.

«Ehi sono in grado di preparare una tisana, fin quando si tratta di immergere un filtro nel bollitore» si difende e scoppio a ridere.

«Ok, non voglio sapere altro» dico facendo un sorso.

«Lyon, io... volevo chiederti scusa per...»

«Jenna» dice scrollando la testa «non voglio che ti scusi con me, non so cosa ti faccia sentire in colpa per tutto ma...»

«Per questa sera» aggiungo, distogliendo lo sguardo dal suo. Stringo la tazza tra le mani, beneficiando del calore che contribuisce a infondermi un tepore rilassante.

«D'accordo, accetto le scuse per questa sera» il suo tono di voce è sostenuto «non voglio giocare più così»

«Neanche io» mi affretto ad aggiungere con un'urgenza che non mi aspettavo «non voglio giocare senza di te» ammetto soffermandomi sulla scia fumante che si disperde nell'aria.

«Jenna» Lyon si discosta dal bancone della penisola per raggiungermi. Si ferma davanti a me e, prima che possa dire o fare qualcosa, mi stringe a sé. Avvampo, non so se per via del liquido caldo che ha contribuito ad alzare la mia temperatura, ma sento bruciare. Le sue labbra planano sulla mia fronte ed io, in questo momento, sento crollare tutti gli scudi, tutte le corazze che ho indossato per proteggermi. Ripenso al bacio di questa mattina, bacio che volevo anche io, ripenso al suo petto contro cui mi sono ritrovata mentre mi portava a casa sua, penso alla premura con cui ha provato ad asciugarmi i capelli nel SUV, nonostante lo avessi estromesso dalla partita.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 14 ⏰

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