Quando la conchiglia suonò, come tutte le mattine, Sofia era normalmente già sveglia ad apparecchiare i tavoli per le colazioni o ad allenarsi con Percy ma era daquando erano iniziati i festeggiamenti per l'Ecatombeone che tutte quelle abitudini erano allegramente andate all'Ade.Non che Sofia avesse grandi termini di paragone, visto che l'Ecatombeone ad Atene l'avevavissuto solo di nascosto insieme a Kyros e Paralo, sgattaiolando fuori dalla sua casa quandotutti erano già addormentati o troppo ubriachi per rendersi conto di qualsiasi cosa stesse succedendo ma gli spartani sapevano festeggiare. Fino a quel momento erano stati momenti di incredibile festa ogni notte, con i figli di Apolloe i satiri che intonavano le musiche più belle ed i figli di Dioniso che davano la giusta dose di follia ai festeggiamenti.
Sofia aveva anche perso il conto dei giorni che erano passati.
Avevano passato le notti a ridere, cantare e bere.
Giasone li aveva persino raggiunti da Roma insieme a Regina e Sofia aveva smesso di interrogarsi troppo su cosa stesse succedendo o di controllare minimamente cosa stesse effettivamente succedendo quando, una mattina, si era svegliata completamente nuda con Percy e gli altri due Pretori romani sul letto insieme a lei, incastrati in un caos di arti e coperte, nelle sue stesse condizioni.
Era sgattaiolata via dalla Casa di Poseidone prima che si svegliassero tutti, con una mano a coprirle la bocca e soffocare una risatina eccitata, con il centro che ancora si contorceva perl'incredibile ed inaspettato piacere.Aveva poi scosso la testa, rimproverandosi per quella mancanza di giudizio ed attenzione manon riusciva mai a concentrarsi sul vero problema troppo a lungo.Non sognava neanche più da quando l'Ecatombeone era iniziato, come se qualcuno avessegettato un velo dell'invisibilità sopra la sua mente, impedendole di concentrarsi, calcolare,studiare come avrebbe dovuto.Guardando il soffitto grigio e luminoso della Casa di Percy, lo stomaco le si contorse in unamorsa dolorosa mentre il cuore saltava un battito per l'angoscia.
Quanto tempo è passato, Sofia?
Corrugò la fronte, tentò di concentrarsi ma le fu impossibile. Forse era la vicinanza di Percy. Forse, si rilassava talmente tanto con lui che la sua menteera costantemente confusa, annebbiata ma non poteva permetterselo. Quella era la sua vita, la sua gente, non avrebbe mai dovuto perdere di vista il veroobbiettivo!Fece per rotolare giù dal letto ma prima che potesse anche solo spostare una gamba fuori dalmaterasso, un braccio caldo e forte le si posò sulla vita.Sorrise, sistemando le mani sopra la pelle forte ed abbronzata del figlio di Poseidone al suofianco. Qual era il vero obbiettivo e qual era la sua gente?
Si voltò.
Percy aveva ancora gli occhi ed il volto seppellito sul cuscino. - No - protestò, lavoce soffocata dalla posizione della bocca, schiacciata sulla federa. - Stai qui - continuò, rafforzando la presa contro la sua vita nuda e tirandola più vicino a sé.Sofia rise, scivolando sulle lenzuola fino a che non finì attaccata a Percy che sollevò il capodal cuscino solo per baciarle una spalla, prima di tornare a dormire.- No - disse lei, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo senza troppa convinzione, -devo andare!Con la coda dell'occhio, vide Percy corrugare la fronte, le palpebre ancora serrate. -Dove?Annabeth roteò gli occhi al cielo con un sorriso, - Devo sistemare i tavoli per la colazione, pensare alla lezione di oggi..C'era qualcos'altro di più urgente a cui avrebbe dovuto pensare ma cosa?Concentrati, Annabeth!SofiaConcentrati, Sofia!Ecatombeone. L'Ecatombeone era importante ma perché? Che giorno era diEcatombeone? Il settimo, il secondo? L'undicesimo?Lo stomaco le si contrasse per il terrore.Perché era importante se quello fosse stato l'undicesimo giorno di Ecatombeone?Percy sbuffò al suo fianco e Sofia sorrise. Non c'era niente di più importante di quelloche già aveva, nello specifico, un figlio di Poseidone.- Io sono il capo del Campo.
- Uno dei capi del Campo.
- Silenzio - Sofia scoppiò a ridere. - E io decido che oggi tu non lavori e rimani tutto il giorno qui con me - disse, con la voce ovattata per la bocca ancora schiacciata contro al cuscino. Sofia tentò di protestare ancora, un sorriso sulle labbra. Provò a spingere il braccio diPercy via dal suo corpo inutilmente e rise ancora mentre il ragazzo sbuffava.- Ho capito - disse Percy mestamente, aprendo gli occhi verdi solo in quel momento. Sofia, a quella vista, sorrise un po' di più. - Devo passare alle armi pesanti.
- Eh?
Ma prima che potesse ricevere una risposta, Percy si sollevò sui gomiti e poi la schiacciò al materasso col busto, abbracciandola e sdraiandosi così su di lei conle gambe che, a quel punto, posto diagonalmente sul letto, uscivano fuori dal materasso.
- Percy! - esclamò Annabeth, scoppiando a ridere ancora una volta, cercando dispingere via il ragazzo da sopra di sé che, in tutta risposta, si sistemò semplicemente meglio sul suo busto, posizionando la testa tra i suoi seni comese, quello spazio di pelle gli fosse sempre appartenuto.
Sorrise beato. - Adesso smettila di disturbarci..
- Se tu che stai disturbando me!
- Me e le tue tette
- Perseo!
- Comunque, smettila di disturbarci e riprendi a dormire. Non esistono preoccupazioni durante l'Ecatombeone - le disse il ragazzo.Annabeth corrugò la fronte.
Ecco a cosa stava pensando, all'Ecatombeone. Era laprima volta che ne riceveva direttamente gli effetti e non riusciva a concentrarsi. Non riusciva più a pensare, maledizione.
Tu sei Sofia, figlia della dea Atena e di.. corrugò la fronte. Figlia della dea Atena e di chi altro?
Ricominciò.
Tu sei Annabeth, figlia della.. scosse la testa mentre il panico iniziava a serpeggiarle gelido lungo il corpo e si mise a sedere di scatto, strappando un'esclamazione via dalle labbra di Percy che scivolò con la testa sul suogrembo. Sorrise e le riabbracciò i fianchi. A quanto pareva, per lui non era un problema.
Si passò le mani tra i capelli e poi se li portò davanti agli occhi. Erano biondi e ricci. Lei era Sofia,figlia della dea Atena. Suo padre era Pericle, guida della città-stato di Atene.
Lei era Sofia. Sofia.
- Percy - chiamò il ragazzo sotto di lei, ancora accoccolato sul suo grembo ed ignaro di ciò che stava succedendo nella sua testa. - Percy - lo scosse ed il ragazzo si limitò a mugolare in protesta. - Percy, che giorno è?
Per un secondo, sopra di lei, Percy si irrigidì, prima di rilassarsi l'attimodopo. - Non lo so. È l'Ecatombeone. Quando finirà lo sapremo, non preoccuparti, Annabeth - disse sereno e Sofia corrugò la fronte. Era da tempo, ormai che non la chiamava più Annabeth quando erano da soli.
- Percy - lo scosse lei, spingendolo a sollevarsi sulle mani. Gli occhi verdierano dolci, assonnati ed un po' distanti. - è importante! Il dodicesimo giornodi Ecatombeone sarà il mio compleanno..Il figlio di Poseidone sorrise, furbo. - Sei preoccupata che non ti abbia fattoun regalo?Sofia roteò gli occhi al cielo ma non riuscì a fare a meno di sorridere. - No,Testa d'Alghe! La Profezia! Il dodicesimo giorno di Ecatombeone compirò diciotto anni.
Temono i guerrieri la saggezza e la sua prima erede nascos..
- Quale Profezia? - Il cuore di Sofia iniziò a batterle nel pettoall'impazzata per il terrore ma Percy sorrise, sporgendosi verso di lei perbaciarle il naso prima di riaccoccolarsi nuovamente tra i suoi seni. - Sto scherzando, Sapientona. Mi ricordo bene della Profezia che segna il tuo destino e quello di Atene. È ciò che mi ha portato da te - le baciò un seno e poi sollevò il capo verso di lei, cercando i suoi occhi. Sofia scivolò di più sul letto per poterlo guardare, il cuore più calmo a quel punto e ledifese abbassate. - L'Ecatombeone annebbia i pensieri ma non così tanto. Dopo qualche anno, ci fai l'abitudine - continuò Percy, rassicurante. - Perché credi che Giasone e Regina siano qui?
Sofia passò una mano tra i capelli morbidi di Percy, lasciando andare un sospiro. Non ci aveva riflettuto troppo, aveva dato per scontato che fossero lì per i festeggiamenti e quando si guardò la coscia, vide i segni che la notte passata insieme le aveva lasciato, anche se non riusciva a ricordarsi bene quando fosse accaduto esattamente. Ma non era solo per festeggiare che erano lì, allora. Percy li aveva chiamati per avere della protezione in più.Poi corrugò la fronte. - Quindi gli hai detto chi sono? Gli hai detto che sono la figlia di Atena? -domandò, mentre sentiva il calore lasciarle il corpo.
Percy scosse la testa, le baciò il petto ancora una volta. - No, li ho solo esortati a venire e di venire armati. Non sanno il perché ma mi conosco e non hanno fatto domande -.
La guardò negli occhi con quell'espressione preoccupata in volto che gli faceva sempre aggrottare le sopracciglia in modo buffo. - Io sono l'unico a sapere chi sei veramente, Sofia. Il tuo segreto è al sicuro con me.
Il cuore di Sofia si strinse in una morsa per i sensi di colpa. Non dubitava davvero di Percy. Si fidava di lui, aveva imparato a farlo, ma continuava ad averepaura di tutto il resto e Percy, in quel momento, era stato solo un danno collaterale del suo terrore e ad un grande senso di colpa che valicava di gran lunga i confini di quella stanza.
- Lo sai che non possiamo controllare le profezie. Magari, diciotto anni intende il tuo diciottesimo anno di vita, che non dipende dalla data della tua nascita. O magari, non sei neanche tu la prima figlia di Atena - ipotizzò il ragazzo e un moto di fastidio incendiò il corpo di Sofia che si mosse sotto a quello del figlio di Poseidone che, in quel momento, invece di farle piacere le pesava soltanto.
- Sono io la figlia della Profezia - disse tra i denti e Percy sollevò il capo dai suoi seni solo per guardarla divertito in quel momento.Sofia avrebbe solo voluto allontanarlo. Non voleva che le pesasse addosso, non voleva che fosse lì.
Lei era la figlia della Profezia.
La Profezia era per lei e nessun altro.
Le labbra di Percy le si posarono sul collo e Sofia chiuse gli occhi, lasciando andare un sospiro. Che le piacesse o meno, Percy aveva ragione. Una Profezia non poteva mai essere controllata, men che meno in un momento di festa quando le forze di Afrodite, Apollo e soprattutto Dioniso si spiegavano con forza su tutto il Peloponneso.
Sofia posò un palmo contro la guancia di Percy e lui glielo baciò delicatamente, sorridendole con la bocca e con gli occhi verdi. - Staremo bene, Sofia - le promise e, per un secondo, a Sofia parve di crederci per davvero. - Quando usciamo, controlliamo che giorno è, va bene? Il Campo è protetto, tu sei protetta - disse con determinazione. - Staremo bene - ripeté e Sofia annuì.
Avrebbe dovuto salvare il suo popolo. Sparta si era ormai insediata nella sua città, tra le sue gente e lei era lì, a rotolarsi tra le coperte con il figlio di Poseidone e capo di un intero esercito di soldati mezzosangue spartani.
Era tutto sbagliato.
Lei avrebbe dovuto guidare la sua gente contro il governo spartano. Avrebbe dovuto essere la loro stella del Nord.
- Smettila di pensare così tanto - la rimproverò Percy con un sorriso. - Ti posso sentire pensare - le disse e Sofia si lasciò scappare un piccolo sorriso, sospirando.
- Mi sento in colpa, Percy - mormorò, puntando gli occhi sul patio che si apriva sul mare al suo fianco. - Il mio popolo è ancora sotto assedio. Gli eserciti spartani sono lì da chissà quanto ed io sono qui a non fare assolutamente..
- Niente? - completò Percy con un'espressione gentile negli occhi chiari. Sofia annuì ed il ragazzo si sistemò meglio sul letto per poterla guardare più facilmente. - è una cosa che Chirone mi ha ripetuto spesso nel corso degli anni. A volte, non fare niente è un enorme atto di coraggio.
Sofia corrugò la fronte, lo sguardo ancora distante ma Percy attirò la sua attenzione baciandole la mascella. - Tieniti forte e aspetta.
Sofia sbuffò. - Non ci riesco ad aspettare - poi corrugò la fronte. Non era del tutto vero. Aveva aspettato nell'ombra, tra le mura della sua casa di Atene per anni fino a che Percy non l'aveva salvata.
Si raddrizzò sul materasso e Percy la guardò in un misto di confusione e divertimento.
Salvata? L'esercito di Perseo aveva invaso la sua città, ammazzato la sua gente. In che modo l'aveva salvata? E come se l'avesse letta nel pensiero, Percy si sedette sul letto e le prese il volto tra le mani,accarezzandoglielo lentamente con i pollici. La pelle era calda, ruvida, familiare.
Era tutto sbagliato eppure, Sofia non aveva mai sentito di appartenere così tanto come in quelmomento.Poi Percy le baciò la bocca e tutto si rimise al proprio posto.

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Sapienza
FanfictionIl marmo della Sala dell'Olimpo tremò per l'impatto e quando scagliò la lancia verso Ares, il dio non fu veloce abbastanza da impedire che gli si potesse conficcare nella spalla. Rovinò a terra tra i sussulti degli dei attorno a loro ma non fece in...