Non seppe quando iniziò a sognare di preciso. Ma l'unica cosa certa era che, ovviamente, era un incubo.
Non era più nel bagno del dormitorio delle schiave ma era comunque schiacciata a terra da un corpo che pesava il doppio del proprio. Non c'erano altre persone al di fuori di lei, completamente inerme, e dell'uomo che la teneva bloccata, schiacciandole la testa con una mano forte sul pavimento.
L'uomo aveva un odore familiare, una risata familiare eppure era certa di non averlo mai visto o sentito prima di quel momento, mentre la schiacciava a terra nel suo sogno.
Sofia si divincolò. Urlò per potersi liberare dal peso opprimente dell'uomo che, mentre la teneva ferma, rideva sguaiatamente.
Aveva le braccia libere ma prona com'era, non sarebbe mai riuscito a colpirlo con efficacia.
Urlò sbattendo i piedi, le gambe, cercando inutilmente di colpirlo persino con i talloni, muovendo il corpo intero nella speranza di farlo sbalzare via da lei.
Aprì la bocca nel tentativo di prendere aria, annaspando sotto al peso dell'uomo che non le permetteva di dilatare il petto quanto avrebbe potuto e voluto. Ansimò agitandosi ancora, puntando le mani sul pavimento per cercare di alzarsi, ignorando la risata aspra e divertita dell'uomo.
- CHI SEI? – urlò con tutta l'aria che riuscì a racimolare, rantolando nella speranza di poterne guadagnare un altro po'. – CODARDO! – gridò ancora. – Fatti vedere, maledetto! Fatti vedere!
Fu a quel punto che l'uomo smise di ridere e, sotto di lui, Sofia si irrigidì come se fosse appena stata congelata.
- Mi vuoi vedere, ragazzina? – sibilò, il fiato caldo sul suo orecchio senza che Sofia riuscisse ancora a vederlo. – Mi vuoi vedere?! – tuonò, rivoltandola in uno scatto sul pavimento, facendole battere la nuca a terra mentre le stringeva le mani forti al collo.
Sofia annaspò, sbarrando gli occhi davanti al volto duro e ricoperto di cicatrici. Assomigliava a Pono così terribilmente che, per un solo secondo, pensò anche fosse lui ma quel volto, la forza che aveva, che emanava, valicavano quell'imitazione di uomo che era lo spartano. Gli occhi di quello che tentava di ucciderla in quel momento erano crudeli, iniettati di sangue e le cicatrici, alcune ancora rossastre, come se se le fosse appena procurate, erano così evidentemente profonde che avrebbero dovuto uccidere quell'uomo sul colpo.
A meno che quell'uomo non fosse stato un dio, ovviamente.
I capelli scuri erano rasati e, sulle spalle, indossava un mantello rosso sangue, tenuto da una fibbia con una lancia incisa sopra ed unita all'armatura.
- Mi vuoi vedere, ragazzina? – domandò ancora lui in un sorriso macabro mentre rafforzava la presa sulla sua pelle. Sofia tentò inutilmente di graffiargli le braccia, muovendo spasmodicamente le gambe per potersi alzare. – Eccomi – disse poi, sbattendo le palpebre una sola volta.
A Sofia bastò un solo istante per rendersi conto che mai, mai più si sarebbe potuta dimenticare di quello che vide dentro quelle pozze di dolore. Vide guerra e morte. Bambini uccisi, intere famiglie sterminate, donne, uomini, ragazzini violentati. Vide catapulte distruggere mura e città, soldati squarciati e poi vide lunghi bastoni d'argento imbracciati da uomini che non aveva mai visto prima, vestiti come non aveva mai visto prima, gettare a terra mille persone in un colpo solo, abbattendoli a distanza con spaventosa facilità.
Il cuore le batté con forza nelle orecchie, un attimo prima che quelle palpebre potessero richiudersi, mostrandole soltanto un paio di occhi carichi di sangue.
Il dio sorrise. – Sto solo giocando con te, ragazzina. Quanto a lungo pensi ancora di poter rimanere nascosta?
Sofia gli conficcò le unghie nei palmi ma lui parve non sentire alcun dolore mentre le stringeva le dita attorno alla gola. Annaspò, colpendolo con quanta più forza poteva mentre il petto le esplodeva ed il cuore martellava con forza per il terrore. Vide l'uomo ridere mentre la soffocava lentamente. Sbatté le palpebre mentre la vista si appannava, un attimo prima che un bolide candido e velocissimo si potesse abbattere con sorprendente forza sul capo del dio. Gli conficcò gli artigli nelle tempie, facendolo gridare per il dolore e mollare la prese.
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Sapienza
FanfictionIl marmo della Sala dell'Olimpo tremò per l'impatto e quando scagliò la lancia verso Ares, il dio non fu veloce abbastanza da impedire che gli si potesse conficcare nella spalla. Rovinò a terra tra i sussulti degli dei attorno a loro ma non fece in...