Micene (Parte 3)

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Sofia perse la donna tra la folla e, prima che potesse dirglielo, Percy si portò due dita alla bocca, emettendo un fischiò talmente acuto che sovrastò persino le urla di Micene. In un batter d'occhio, un'ombra oscurò il sole e Creekos atterrò poderosamente davanti a loro,    spaventando ancor di più i poveri malcapitati micenei che stavano correndo lì.

- Ben arrivato, bello – lo salutò Percy, saltandogli agilmente in groppa, porgendo una mano a Sofia perché potesse fare lo stesso alle sue spalle. – Portaci dal drakon, Creekos.

Il pegaso nitrì, iniziando a correre. – Si, che sono sicuro di combattere il drakon. Si, Creekos, lo so che fa paura e sputa veleno – borbottò Percy, un secondo prima che il pegaso d'ebano potesse spiccare il volo.

Sofia si aggrappò al chitone di Percy prima che potesse cadere all'indietro per l'impeto del salto di Creekos, sporgendosi oltre la spalla del ragazzo per poter guardare sotto di sé. A Sofia era sempre piaciuto vedere le cose dall'alto. In qualche modo, vedere quanto tutto risultasse così piccolo da quella prospettiva, la portava a ridimensionare il suo stesso dolore: guarda quanto è grande il mondo e guarda quanto sei piccola tu. Le aveva sempre infuso un senso di calma e pace.

Almeno fino a quel momento.

Mentre volavano sopra al cielo di Micene, la situazione a terra era talmente spaventosa che il cuore le si strinse in una morsa di angoscia. Sofia era sempre stata abituata a vederle su un tavolo le battaglie, con le pedine che rappresentavano i diversi eserciti schierati su un territorio e le poche alle quali aveva preso parte per proteggere Atene, nascosta sotto al velo, le aveva affrontate di petto, senza rendersi conto dell'effettivo impatto di uno scontro. Quella che stava avendo luogo sotto di lei, era una battaglia vera, con uomini che combattevano e morivano ed un drakon sputa-veleno di un verde intenso.

Il ruggito dell'animale la penetrò fin dentro le ossa, facendola tremare e, in tutta risposta, Percy incalzò Creekos a volare ancora più velocemente.

Il drakon stava sputando veleno, impazzito, col collo lunghissimo che sembrava non rispondere a nessun comando specifico se non a quello di creare caos, su tutte le case nella Polis che lo circondavano. Da quella distanza, Sofia riuscì solo a capire la sua lunghezza equivalesse a tre abitazioni poste una accanto all'altra. Non aveva troppa voglia di scoprire quanto sarebbe stato alto.

Sotto di lei, gruppi di soldati in mantelli scarmigliati tentavano di raggiungere la polis, bloccati dalla folla terrorizzata di civili    che correva nella direzione opposta. Un altro gruppo di uomini, già sul luogo dello scontro, aveva creato una barricata con dei carri, scagliando frecce che non riuscivano a colpire il drakon ma, appena si piantavano a terra, rilasciavano un suono talmente acuto da trapanarle le orecchie persino a quella distanza. Mentre Creekos  iniziava a scendere verso i carri, vide radici che spuntavano dal    terreno e che, solo per brevi istanti, riuscivano a bloccare le  zampe enormi del drakon, dandogli soltanto fastidio e portandolo, per la rabbia, a sputare ancora più veleno attorno a lui.

Tra le file di soldati accucciati dietro ai carri, doveva esserci anche qualche figlio di Zeus perché un fulmine cadde dritto sulle scaglie del drakon, rimbalzandoci miseramente sopra e colpendo una casa accanto a lui. Il tetto prese fuoco in un secondo.

- Oh miei dei – mormorò Percy, mentre altre urla si aggiungevano alle    grida dei soldati. – Forza, Creekos! – incalzò il pegaso che, in un nitrito inferocito, si lanciò in picchiata verso i carri. Lei e Percy ne abbandonarono la groppa prima che il pegaso toccasse terra. – Va' via da qui! – ordinò Percy, scuotendo la testa al    nitrito infastidito della creatura. – Sei stato di grande aiuto, amico mio – disse, sorridendogli, accarezzandogli il collo. – Ma va' via da qui. Fischierò se avrò bisogno di te.

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