Un'insegnante (parte 2)

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Sofia si era intrecciata i capelli almeno per la terza volta prima di iniziare la lezione. Soltanto il giorno prima, aveva tenuto la lezione ad un gruppo di ragazzini di dodici anni che tutto volevano fare meno che ascoltare lei a blaterare cose in latino.

Tenere sotto controllo i più grandi era stato più facile anche perché Perseo ed il suo sguardo da lupo si erano preoccupati di far ritornare tremanti sulla loro panca qualsiasi semidio avesse voglia di creare un po' di zizzania.

Sanità mentale a rischio a parte,aveva scoperto che insegnare, almeno basandosi sul giorno prima, non fosse poi così difficile ma, purtroppo, ancora non era riuscita ad origliare conversazioni che avrebbero potuto suggerirle come abbattere le difese del Campo e permettere alle schiave di fuggire prima della Krypteia.

Guardò davanti a sé. Perseo era inangolo del padiglione della mensa -che avevano deciso di attribuire ad aula- assieme a Giasone. Chiacchieravano incuranti sia dei quattordicenni che Sofia aveva davanti che di lei che finì di intrecciarsi i capelli per battere le mani un paio di volte.

Bastò una sola occhiata per far acquietare gli spartani in qualche modo e catturare l'attenzione di Perseo dal fondo della stanza.

- Oggi non facciamo latino, vero? – domandò un figlio di Apollo con i capelli talmente biondi che, colpiti dal sole in quel momento, sembravano brillare della stessa potenza dei suoi raggi.

Sofia trattenne un sorriso.

Gli occhi azzurri del ragazzo non si preoccuparono di trattenere il terrore al pensiero di dover nuovamente affrontare la prima declinazione e mentre lo guardava, battendo agitato una gamba, scosse la testa. Era un semidio. Non riusciva a stare fermo. Nessuno di loro ce la faceva.

Era una delle poche cose che non condividevano con i mortali. Assieme all'odore attira mostri ed alla naturale propensione nel mettersi nei guai. Ed era quella tendenza a non poter stare fermi che permetteva a tutti loro, nessuno escluso, di salvarsi la pellaccia in battaglia.

Ecco perché i guerrieri migliori erano semidei. Perché dai loro genitori divini, dopo essere stati abbandonati per crescere come carne da macello ed usati poi a loro olimpico piacimento, avevano anche ereditato dei riflessi che gli permettevano di sopravvivere o di vincere le battaglie a fianco di mortali che venivano arruolati per pura formalità.

Sofia avrebbe davvero dovuto nuovamente affrontare la prima declinazione con quei ragazzi ma, guardandosi attorno e notando l'espressione scoraggiata di una figlia di Afrodite seduta al tavolo della sua Casa ed un altro di Ecate in procinto di piangere, si disse che erano spartani ma neanche lei sarebbe stata così crudele.

- Sapete come siamo nati? – domandò, portandosi la lunga treccia sulla schiena.

Improvvisamente gli occhi dei ragazzi si fecero più attenti e qualche gamba irrequieta smise anche di battere al pavimento. Sentì gli occhi di Perseo e Giasone sul suo volto mentre iniziava a camminare davanti ai ragazzi. – Si, come siamo nati noi. Come siamo arrivati a.. – continuò, allargando le braccia quasi nel tentativo di abbracciare il Campo Mezzosangue attorno a sé. – A tutto questo.

Un figlio di Efesto sollevò le mano. Aveva le spalle larghe quanto quelle di un diciassettenne ben sviluppato ed anche alla distanza di tre tavoli, Sofia riuscì a vedere delle mani enormi che promettevano perfettamente all'interno di una fucina. – Grazie agli dei – rispose un po' incerto, facendo suonare la sua affermazione più come una domanda.

-Zeus – intervenne un figlio di Afrodite, – ha deciso di creare l'umanità dopo essersi spartito la terra con Poseidone ed Ade, giusto?

Quando Sofia provò a rispondere, una figlia di Demetra con delle margherite tra i capelli nocciola, intervenne. – è giusto ma prima ci sono stati i Titani.

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