Fatale (parte 4)

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Sofia staccò un paio di bacche rosse da un albero, portandosele alle labbra e chiudendo gli occhi quando iniziò a masticarle. Ne accolse con gioia il sapore amarognolo,beandosi del fresco e del leggero sollievo che le regalarono mentre camminava.

Nonostante fosse ben protetta dai raggi del sole, sotto alle fronde degli alberi, il caldo era comunque insopportabile e si sventolò inutilmente le mani davanti al volto,resistendo all'istinto che le suggeriva di liberarsi del velo dell'invisibilità che ancora teneva sul capo.

Non aveva idea da quanto tempo stesse camminando a quel punto, o se fosse lontana abbastanza dal Campo Mezzosangue, ma era improbabile che non si fossero ancora accorti lei fosse scomparsa nel nulla.

Forse, avrebbero anche fatto due più due e capito che, se lei era riuscita a scappare, allora doveva essere una semidea completa, non semplicemente figlia di una. Forse,avrebbero capito che, se non era stata disposta ad ammettere la realtà della sua parentela semidivina, doveva essere proprio lei la figlia di Atena e, a quel punto, non c'era alcuna possibilità che Sofia potesse essere ritrovata dagli spartani e lasciata viva.

Per quanto avventata, quella era comunque la scelta giusta.

Le schiave se la sarebbero cavata meglio senza di lei. Per Aphia, forse, non vedere la persona che aveva causato la morte dell'uomo che amava, avrebbe facilitato il lutto che stava affrontando.

Prese un respiro profondo, chiudendogli occhi per un istante mentre sollevava il capo verso l'alto,riaprendoli ed osservando la luce del sole che filtrava dalle fronde degli alberi.

Al caldo soffocante si era ormai abituata, l'unica cosa che la disturbava era l'odore di sudore che avrebbe attratto non solo mostri ma anche qualsiasi spartano dotato di olfatto nelle vicinanze.

Sorrise. Magari si sarebbe potuta limitare a sollevare le braccia e scoprire le ascelle per poter stendere chiunque.

Ricominciò a camminare, evitando radici scoperte ed i ramoscelli che a terra, se calpestati, avrebbero fatto più rumore.

Doveva soltanto arrivare a Sparta e, a quel punto, avrebbe cercato qualcosa da mangiare e da bere, magari avrebbe potuto rubare anche del nettare e dell'ambrosia prima di dirigersi al porto di Giteo. Sapeva che ne avrebbe avuto bisogno.

Sfruttando il velo dell'invisibilità,si sarebbe infilata nella prima triremi diretta ad Atene e poi, solo quella traversata l'avrebbe divisa da casa.

Due ninfe sbucarono improvvisamente dagli alberi davanti a lei in un fruscio di foglie, costringendola a portarsi una mano davanti alla bocca per poter soffocare la sorpresa,costringendola a fermarsi per lasciarle passare senza che la sentissero.

A diversi metri di distanza, un forte scalpiccio di zoccoli la fece sussultare per la sorpresa, un attimo prima di poter vedere rotolarsi tra gli alberi due centauri. Il fetore di vino le arrivò persino a quella distanza. Li sentì ridere mentre si schernivano e si prendevano a pugni e Sofia scrollò le spalle, continuando a camminare.

Si passò la lingua sulle labbra secche, ignorando la necessità di bere. Si chiese se avessero fatto il processo e se Pono e gli spartani avessero poi incontrato giustizia. Ne dubitava fortemente. Probabilmente, l'unica punizione sarebbe stata abbassarli di grado ma non pensava fosse proporzionata abbastanza per ciò che avevano fatto ad Hosios ed a lei.

Si guardò attorno senza riuscire a vedere nient'altro se non qualche sporadica ninfa nelle lontananze ed alberi.

Aveva il chitone logoro completamente attaccato al corpo per il sudore ed il velo dell'invisibilità era ormai diventato un tutt'uno con la sua fronte per lo stesso motivo.

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