Quando Sofia tentò di aprire gli occhi, fu costretta a richiuderli velocemente per il fortissimo fascio di luce che la investì. Poi, con le palpebre socchiuse,registrò altre due cose, era su un letto e qualcuno le aveva fatto indossare un nuovo chitone.
Corrugò la fronte sbattendo ripetutamente le palpebre, cercando di abituarsi velocemente alla luce. Era viva.
Le arai non l'avevano uccisa.
Il corpo era ancora un po' dolorante ma, quando si mise a sedere, ignorando il leggero capogiro, notò chele ferite che aveva sulle braccia erano in pronta via di guarigione e la gamba che, solo quella notte era stata fonte di incredibili sofferenze, stava meglio di quanto avrebbe mai potuto razionalmente credere.
Poi, febbrilmente si toccò la vita.Per la prima volta da anni, era priva di velo e persino del suo coltello e fu quando si voltò di scatto, che lo vide posato su un tavolino in legno scuro accanto al letto.
Si guardò attorno.
Come qualsiasi casa si rispettasse, la stanza dove si trovava era costeggiata da colonne alle quali erano appese tende scure abbastanza da schermarla dall'esterno. A differenza della casa di Perseo però, non erano mosse dal vento.
Scoprì che la fonte di luce era una finestra alle sue spalle, dettaglio che trovò altrettanto sorprendente perché normalmente i ginecei, le stanze dedicate alle donne, ne erano privi.
Seppur indossasse un nuovo chitone, le gambe, le mani e le braccia erano ancora sporchi di fango, puzzava e di capelli erano una massa stopposa attaccata alla testa.
Comunque, era in una casa qualsiasi,presumibilmente a Sparta, con ancora il suo coltello ma senza velo dell'invisibilità.
Era evidente che, chiunque l'avesse salvata, non avesse intenzione di ucciderla perché, se avesse voluto farlo, gli sarebbe bastato lasciarla a dissanguarsi nel bosco.
Sofia però, esclusa la bontà del suo salvatore, era comunque evasa dal Campo Mezzosangue e, ferita com'era, non poteva essere troppo lontana Sparta che, per altro,sarebbe stata la primissima tappa delle ricerche dei semidei.
Doveva andarsene da lì.
Impugnò il suo coltello,sistemandoselo sulla schiena, sotto la cordicella bianca che le faceva da cintura, gettando poi le gambe sul terreno. Puntò le mani sul letto, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro prima di sollevarsi. Una fitta improvvisa alla gamba destra la fece barcollare ma non fu forte abbastanza da farla cadere, nonostante il capogiro che le provocò.
Poteva farcela.
Si augurò soltanto che, se avessero provato a fermarla, non sarebbe stata costretta a difendersi.
Scostò lentamente la tenda,guardandosi attorno. Non sembrava vi fosse qualcuno a casa, ricca di così tante finestre che corrugò la fronte per la confusione.Persino il soffitto sopra al cortile, dritto su una fontana verde smeraldo, era aperto, permettendo che i raggi del sole potessero colpirne le pietre luminose, lanciandone i riflessi sulle colonne e le tende attorno.
Per altro, era comunque parecchio grande per essere una casa di un popolano qualsiasi. Il gineceo glielo aveva suggerito ma, a quel punto, davanti alle evidenti dimensioni che si trovava davanti agli occhi, l'urgenza di andare via da lì diventò ancora più forte.
Non aveva idea di dove fosse il suo velo ma avrebbe dovuto farne a meno.
Zampettò silenziosamente, scendendo i due scalini che la separavano dalla fontana, un attimo prima che una voce alle sue spalle potesse spingerla a voltarsi di scatto. – Sei sveglia – disse una donna, regalandole un sorriso non appena Sofia posò gli occhi su di lei.

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Sapienza
FanfictionIl marmo della Sala dell'Olimpo tremò per l'impatto e quando scagliò la lancia verso Ares, il dio non fu veloce abbastanza da impedire che gli si potesse conficcare nella spalla. Rovinò a terra tra i sussulti degli dei attorno a loro ma non fece in...