Crollo (Parte 2)

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Quella fu la prima volta in cui Sofia si raccontava per davvero, usando il vero nome e non quello che, anni prima e quando era solo una bambina, aveva accordato ad arte con Pericle ed Aspasia. Fu la prima volta, da quando Atene era crollata sotto Sparta, che Sofia fu onesta. Fu onesta sulla sua nascita, sui suoi doveri, sulla profezia che le gravava sulle spalle da tutta la vita. Fu onesta persino sul terrore che le stava appollaiato sulla spalla con la forma di un avvoltoio e fu onesta anche sui piani degli dei che non riusciva a comprendere. Sul perché Ares nutrisse un astio tale nei suoi confronti da dare inizio alla spirale della sua vita che la portava, giorno dopo giorno, sempre più vicina all'Ade.

Non si era accorta di quanto bisogno avesse di parlare con qualcuno, di parlare davvero con qualcuno, fino a che non lo fece seduta spalla a spalla con Hadiya, contro al muro tiepido di una cella nel cuore di Roma.

Fu come se il peso del cielo le si sollevasse finalmente dalle spalle, concedendole di raddrizzare le spalle per la prima volta, solo in quel momento.

Non aveva idea del perché avesse scelto Hadiya, una perfetta sconosciuta in una cella che odorava un po' di fogne; forse perché era evidente avesse anche lei dei segreti da custodire e, a starsene chiusi nella propria testa, dopo un po' ci si sentiva soli.

Hadiya, per contro, le raccontò delle rivolte che aveva guidato con la plebe romana fino a che, all'incirca quattro mesi prima, la legione di popolazione che controllava, non era stata battuta da una di centurioni. La maggior parte dei suoi compagni era morta mentre le donne erano state fatte schiave.

Esattamente come lei, anche Hadiya aveva capito che l'unico modo per sopravvivere sarebbe stato nascondersi, celando a Roma non solo il suo genitore divino ma anche i poteri che aveva ereditato da lui. Plutone, contrariamente ai piccoli passi avanti che avevano fatto in Grecia, non era granché rispettato a Roma e per una schiava, equivaleva a morte certa.

Per quanto Sofia ne sapeva, a detta degli insegnamenti da parte di suo zio, gli dei nella loro versione greca o romana, trasmettevano abilità diverse ai propri figli.

Era per quello che Hadiya, per esempio, non solo poteva viaggiare nell'ombra od evocare i morti come un figlio di Ade, ma poteva anche evocare pietre preziose e trovare scavi sotterranei quando ce n'erano. Ecco perché le aveva detto sapesse come andarsene da prima che venisse portata all'interno del Circo; aveva percepito scavi sotterranei che passavano sotto l'intero territorio romano non appena avevano iniziato ad avvicinarsi al Circo Massimo.

Sofia, fino a quel momento, aveva sempre pensato che Percy fosse il semidio più forte che calcava la terra ma, osservando di sottecchi Hadiya ed in quell'assurda situazione, si dovette straordinariamente ricredere. A quel punto però, la domanda era un'altra, se Hadiya non era mai stata davvero una prigioniera, capace com'era di manipolare la Foschia e trovare una via di fuga, perché era ancora lì?

Che stesse guidando una rivolta direttamente dall'interno? Era probabile. La plebe romana era agguerrita ed aspettavano soltanto un motivo per potersi rivoltare contro i patrizi ma, una parte di lei, le suggeriva non c'entrasse assolutamente niente.

Non aveva accennato una sola volta ad una ribellione contro Roma mentre parlavano e, a quel punto, non avevano più niente da nascondersi.

No, il motivo che teneva Hadiya ancora prigioniera era un altro.

Voltò il capo per poterla osservare meglio. Era ovvio. Hadiya si era innamorata e doveva essersi innamorata di un centurione perché, altrimenti, avrebbe di sicuro approfittato della situazione per poter scatenare una rivolta ma, una rivolta, avrebbe messo in pericolo il ragazzo che amava. Aveva troppo da perdere sia che avesse dato vita ad una rivoluzione o che fosse scappata, impedendosi di vedere ancora chiunque le avesse rubato il cuore.

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