Prologo

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MONTE OLIMPO - 431 a.c.

La dea scagliò la lancia così velocemente che per Ares fu solo questione di fortuna riuscire a spostarsi in tempo. La lancia si conficcò nel muro candido alle spalle del dio e, in un sibilare feroce, ritornò tra le dita della sua proprietaria.

La punta affilata graffiò l'orecchio del dio della guerra. Una scia di icore macchiò il pavimento lucidissimo mentre il suo ruggito furioso riecheggiava per le ampie mura della Sala del Consiglio.

- Basta! - tuonò Zeus e le mura attorno agli dei tremarono furiosamente.

Due fulmini si liberarono nella direzione dei suoi figli ma, entrambi, furono abili abbastanza da poterli deviare con le loro armi.

- Non permetterò che la vita di mia figlia venga messa in pericolo per la tua sete di sangue! - urlò Atena. Fletté le dita attorno alla sua lancia, sollevandola dal pavimento di qualche centimetro.

Sarebbe bastato un attimo. Un'altra sola parola ed avrebbe fatto in modo di centrare Ares dritto in testa.

La risata del dio della guerra riecheggiò per la Sala del Consiglio, vibrò nelle ossa della dea della saggezza in gelido fastidio. - Hai fatto sì che venisse tenuta nascosta per sedici anni, Atena. Quanto credi ci metteranno gli spartani a venire a conoscenza della profezia? Hai imbambolato mio fratello per decenni perché tua figlia venisse protetta - allargò le braccia e l'armatura rosso sangue, sotto i raggi del sole, scintillò infuocata mentre faceva un passo verso il centro della sala. Fece un giro su sé stesso perché tutti gli dei, fermi nei loro troni, potessero dedicargli la loro più completa attenzione. - Quanto ancora deve durare l'egoismo della dea della saggezza? - sibilò in un perfido sorriso. - Facciamo stipulare trattati di pace ai mortali ed impediamo che la loro vita si evolva. Ristagnano nell'ozio più totale e tutto si ferma. Tutto è immobile perché - continuò, puntando un dito contro Atena - perché la dea della saggezza tenta di proteggere la sua stupida mortale!

In un grido, Atena esplose in un turbine di luce, scagliandosi contro Ares. Lo scaraventò a terra, conficcandogli la lancia dritta nel petto, tenendogli un ginocchio puntato sullo sterno per evitare che potesse muoversi in alcun modo. Ma Ares, in un ruggito, esplose di luce, liberandosi di lei ed afferrando la spada che portava chiusa nel fodero.

Atena atterrò contro il muro dall'altra parte della sala ma non si permise di toccare il pavimento. Si diede lo slancio sul trono di Afrodite, scagliando il suo scudo contro il volto di Ares, tenendo la lancia puntata verso il dio mentre volava verso di lui.

Una forte scossa di terremoto crepò il marmo sotto ai loro piedi ed Ares cadde di lato mentre lei, preoccupandosi comunque che la sua lancia potesse conficcarglisi nel braccio, rotolava in avanti.

Si rialzò fulminea ritornando alla sua forma originale, socchiudendo le palpebre in direzione di Poseidone. Con i capelli a sfiorargli le spalle e gli occhi verde acqua accanto a Zeus, teneva le mani giunte, rilassato sul suo trono.

Il terremoto era opera sua.

- E tu saresti la dea della saggezza? Tu che ti scagli contro la tua famiglia per proteggere la tua insulsa mezzosangue? - tuonò Ares, adesso in piedi davanti a lei. L'armatura, squarciata dalla sua lancia e macchiata di Icore che, lentamente, andava ricucendosi.

- Siete degli infanti - li punzecchiò Afrodite ed Atena fu costretta a voltarsi per poter guardare la dea. - Litigate ma nessuno ottiene realmente ciò che vuole. A parte Ares, che lotta contro qualcuno.

Una scintilla attirò l'attenzione di Atena alla sua sinistra mentre Ares ghignava per l'affermazione della sua amante. Apollo, brillante e dorato, li guardò serio dal suo trono. Poi, si aprì nel suo solito sorriso furbo. Assumeva sempre l'aspetto di un giovane ventenne bellissimo ed al massimo delle sue forze. Gli occhi azzurri scintillarono sotto i crini biondi. - Quello che faccio io in favore di una città non è affar tuo, fratello. E se solo prestassi attenzione, invece di preoccuparti solo di spade e guerre, ti renderesti conto di quanto l'arte, la musica e la poesia abbiano prosperato sotto Pericle.

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