Sofia aveva sempre visto Chirone avvolto da una corazza di tristezza ed imperturbabilità perenne.Stava sempre seduto dietro al tavolo a guardare i semidei con occhi tristi oppure presidiava le lezioni che davano lei ed i semidei più grandi con occhio un po' più critico ma sempre avvolto da un alone di infinita tristezza. In quel momento, mentre semidei e schiavi stavano schierati sulla sabbia dell'Arena dei giochi in attesa dei ree del corteo che ci si aspettava da tali figure, Chirone era talmente nervoso che la coda equina si muoveva da una parte all'altra senza sosta mentre galoppava tra le due file di semidei e schiavi in bella mostra, dando ordini da una parte all'altra. Aveva chiesto per almeno una decina di volte dove fosse finito Percy, scegliendo troppo spesso come vittima della sua ansia, un povero Leo che, con gli occhi socchiusi per il sole alto di Sparta, si limitava a cercare l'aiuto del fratello al suo fianco che però, impettito nel chitone candido che gli faceva risaltare la pelle scura, non faceva altro che trattenere le risate. Ma Chirone si agitava per nulla. Era tutto pronto e l'Arena era bellissima. Enorme e luminosa, gli spalti candidi e la sabbia scintillavano sotto al sole, assieme alla pista dei giochi che troneggiava al centro esatto dall'Arena. Gli schiavi avevano impiegato un intero giorno, sotto la supervisione degli spartani, per poter realizzare i giochi nel miglior modo possibile e,ancora, nonostante Sofia fosse stata una delle persone coinvolte nella preparazione, guardando tutti gli ostacoli che gli spartani avrebbero dovuto superare prima di raggiungere uno spiazzo rialzato dove si sarebbe svolto il combattimento finale, non poteva fare ameno di stupirsi. Il percorso iniziava strisciando nel fango, con una rete sopra quella piscina scura per evitare che a qualcuno dei semidei venisse in mente di correre invece che spingersi con la forza delle braccia; dopo, avrebbero dovuto superare una parete degna di quella dell'arrampicata con l'unica differenza che quella nell'Arena,invece che scontrarsi con un'altra, perdeva massi dall'alto, creati appositamente dai figli di Efesto perché potessero avere trappole che si sarebbero attivate una volta lasciati cadere. Una volta scavalcata quella parete, si sarebbero dovuti lasciar cadere su un lago grande e profondo a malapena per poter accogliere una caduta da quell'altezza e, dopo, arrampicarsi nuovamente su una parete costruita in legno, formata da più pedane che vorticavano a velocità incredibili, aggrappandosi a degli spunzoni che uscivano dalle pareti ma che si ritiravano improvvisamente, facendo cadere i semidei in uno spiazzo carico di automi di bronzo celeste creati appositamente per l'occasione. Sofia lanciò uno sguardo ai tori dagli occhi rossi come il fuoco che scintillavano sotto ai raggi del sole e scrollò le spalle, lanciando fugacemente un'occhiata all'ingresso. Le persone che si riversavano dentro l'Arena non erano solo semidei del Campo ma anche guerrieri e parte della popolazione che risiedeva a Sparta e zone limitrofe. I confini del Campo Mezzosangue erano stati aperti appositamente per l'occasione, il che spiegava il perché gli schiavi avessero le catene ai piedi che gli avrebbero impedito la fuga.
Sofia lasciò andare un sospiro,osservando ancora una volta gli automi che gironzolavano nella porzione di terreno che gli era stata dedicata. Un figlio di Efesto, seduto sulla staccionata che li separava dal resto dell'Arena, con una lancia posata sulla spalla e l'aria un po' annoiata, li controllava dall'alto.
Il chiacchiericcio del pubblico, le prime urla di foga, avvolsero familiarmente Sofia che si guardò attorno ancora una volta, strizzando gli occhi sotto ai raggi del sole.
- Sembra quasi di essere a Roma – scherzò Daphne, dandole un colpo con la spalla, facendo tintinnare le catene alle caviglie una volta che si mosse verso di lei.
Sofia continuò ad osservare la folla per qualche altro secondo ancora prima di scrollare le spalle. – Quasi – disse, anche se l'Arena del Campo Mezzosangue non era grande od imponente neanche la metà del Circo Massimo a Roma.
- Almeno questa volta non dovremmo combattere – disse Terentia, strappando uno sbuffo a Grigoria al suo fianco.
- Santi dei, chiudi quella bocca. Con questi maledetti semidei non si sa mai cosa aspettarsi. – borbottò quella.

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Sapienza
FanfictionIl marmo della Sala dell'Olimpo tremò per l'impatto e quando scagliò la lancia verso Ares, il dio non fu veloce abbastanza da impedire che gli si potesse conficcare nella spalla. Rovinò a terra tra i sussulti degli dei attorno a loro ma non fece in...