Fatale (parte 3)

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*** c'è una parte particolarmente delicata da leggere in questo capitolo. La contrassegnerò con questi tre asterischi così che non solo voi siate eventualmente preparati a leggere ma così che possiate anche saltarla se non ve la sentite. 


- Oh miei dei – borbottò Stefano quando, una volta sistemata Sofia su un lettino dell'infermeria, le tolse finalmente il bendaggio di foglie che le aveva fatto Monika.

- Cosa? – fece Sofia, sollevando il capo per poter guardare la coscia.

 Oltre il chitone, poteva vedere la carne aperta, persino gli strati di pelle ed il bianco dell'osso.

La testa riprese a girarle ma decise di dare la colpa al dolore che, con una nuova potenza, prese a correrle nuovamente lungo il corpo intero. – Oh miei dei.

Stefano, accanto alla sua gamba, prendendole un lembo del chitone tra le dita, le regalò un sorriso. – Ecco, appunto.

L'infermeria in quel momento, pullulava di semidei e schiavi che, sui lettini, venivano assistiti da velocissimi figli di Apollo. Persino i figli di Demetra si erano attrezzati per aiutare, correndo da una parte all'altra dell'enorme stanza.

- Stefano! – gridò un figlio di Apollo con i capelli castani, correndo verso il loro lettino. Non doveva avere più di quattordici anni e Sofia si costrinse a sbattere le palpebre ripetutamente nel tentativo di metterlo a fuoco. – Pono ha bisogno di aiuto! È stato pugnalato diverse volte e..

- No.

Stefano era il capo della casa di Apollo, era persino più giovane di Sofia ed aveva sempre un sorriso gentile ad illuminargli occhi chiari. I capelli biondi rilucevano talmente tanto sotto al sole che parevano essere stati accarezzati dal dio Apollo in persona e, forse, poteva anche essere stato così. Si fermava spesso a parlare con gli schiavi anche se nessuno gli dava mai troppa corda ma in quel momento, quando rifiutò di dare le sue cure a Pono, Sofia vide il capo che era.

E dovette vederlo anche suo fratello, perché si limito ad annuire, facendo un passo all'indietro.

- Che nessuno, nessuno Marco, della nostra casa, aiuti Pono. Dite ai figli di Demetra di dargli nettare ed ambrosia. Ma non riceverà le cure mediche dei figli di Apollo. Ci sono schiavi che hanno ferite peggiori delle sue. Sono stato chiaro? – domandò retoricamente, assottigliando lo sguardo.

E Marco annuì un'altra volta, correndo via.

- Pono è il guerriero più anziano che abbiamo al Campo. È il capo perché due anni fa è solo stato fortunato – borbottò, – deve ringraziare i capi non vengano eletti attraverso delle elezioni. Neanche i suoi fratelli voterebbero per lui – le disse.

Sofia cercò di metterlo a fuoco ma non importava quanto sbattesse le palpebre, Stefano rimaneva comunque una macchia indistinta al suo fianco.

- Dov'è?

Sofia riconobbe il profumo del mare prima della sua voce e quando Perseo si avvicinò al suo capezzale, lei si sentì libera di poter respirare a pieni polmoni. 

Il profumo salmastro fu come una carezza sul corpo stanco e dolorante.

- Perseo.. – mormorò il figlio di Apollo.

- Oh miei dei – fece quello di Poseidone.

- Ma perché avete tutti la stessa reazione quando vi avvicinate alla mia ferita – borbottò quella di Atena e, se avesse potuto, avrebbe anche roteato gli occhi al cielo. A quel punto però, non era neanche certa di avere le palpebre aperte.

Perseo, sorridere, lo sentì comunque. – Osservata da un altro punto di vista, potrebbe anche sembrare un'opera d'arte. È un mormorio di fascinazione – la prese in giro il ragazzo, strappandole quasi un sorriso.

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