Percy si agitò dentro la tua toga viola, tentando inutilmente di sistemarsela sul petto un attimo prima che Giasone potesse arrivare in suo aiuto, aggiustandogli i lembi con un sorriso canzonatorio sul volto.
- Non una parola – borbottò verso il suo amico che sollevò i palmi davanti al petto senza smettere di sorridere. – Voi romani siete così pomposi, per gli dei! Non mi abituerò mai a tutto questo tessuto – si lamentò, scrollando le spalle sotto il tessuto purpureo della toga.
Regina gli batté una mano sulla spalla, aggiustandosi poi la spada appesa al fianco. – Sono tradizioni, Percy. Cerca di non lamentarti troppo – poi ridacchiò, – se non vuoi che il tuo culo secco di grecus finisca al pavimento.
Percy e Giasone scoppiarono a ridere. – Ma senti, il gran pretore di Roma, come parla quando non c'è nessuno attorno! – la canzonò il figlio di Poseidone, passandosi poi una mano tra i capelli scuri.
- Queste riunioni sono solo una formalità. Durerà pochissimo e potrai tornare dal tuo frutto proibito – disse Giasone. Percy odiava la sua capacità di mantenere un tono perfettamente neutro anche quando stava prendendo qualcuno in giro e scosse la testa quando il volto di Annabeth fu la prima cosa che gli apparve in mente. Ne rivide gli occhi grigi lucidi e luminosi mentre si guardavano attorno, increduli di essere a Roma, enormi mentre cercavano di imprimersi ogni più piccolo dettaglio nella memoria.
Le era sembrata così piccola, innocente. Era come se si fosse improvvisamente ricordato che nonostante tutte le privazioni ed i traumi subiti, lei era comunque una ragazza di neanche diciotto anni e -grazie agli dei- come tale, non aveva ancora perso l'abilità di stupirsi.
Gli aveva parlato spesso di Roma. Di quanto le sarebbe piaciuto visitarla e studiarne l'architettura e guardando il volto stupito e in più completa balia della bellezza che aveva attorno, si era detto ne fosse proprio valsa la pena inimicarsi qualcuno al Campo pur di avere quel risultato.
Ma Giasone, ovviamente non si stava riferendo ad Annabeth.
- Flavia è sposata con Lucio Quinzio, per gli dei – imprecò Regina, voltandosi a guardarlo con severità. – Stasera, al banchetto, ci sarà anche lui. Cerca di non distruggere la pace tra Roma e Sparta solo per stare con una puttana.
Percy sollevò le sopracciglia, facendo un verso di scherno. – Ci sono stato solo una volta e comunque, meglio una puttana come lei che una obbligata ad esserlo.
Giasone si voltò verso loro due. – Non ha poi tutti i torti. Andiamo, forza o rischiamo di arrivare a riunione iniziata.
Regina lo seguì e Percy sbuffò mentre si accodava a loro due. – E non vogliamo dare a quella megera la possibilità di parlare troppo, giusto?
I due ragazzi davanti a lui risero silenziosamente mentre camminavano verso la Curia, raggiungendola in pochi secondi.
C'erano già diversi senatori che avevano preso posto lungo le sedute, avvolti nelle loro toghe bianche e con delle ridicole corone d'alloro in testa. Non capiva perché i romani avessero la necessità di rendere tutto più pomposo del necessario. Le assemblee al Campo consistevano nei capi delle Case con i capi dei Campo che discutevano fino a che qualcuno non iniziava a picchiarsi.
Sorrise al pensiero, prendendo posto accanto a Giasone nella seconda fila delle sedute.
La Curia non era cambiata dalla prima volta che c'era stato un anno prima. Aveva gli stessi pavimenti e i soffitti dipinti, con quattro file di sedute che si fronteggiavano e, a capeggiarle, c'erano le sedute dei pretori e dell'imperatore alla fine della stanza, nel lato opposto alla porta.

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Sapienza
FanfictionIl marmo della Sala dell'Olimpo tremò per l'impatto e quando scagliò la lancia verso Ares, il dio non fu veloce abbastanza da impedire che gli si potesse conficcare nella spalla. Rovinò a terra tra i sussulti degli dei attorno a loro ma non fece in...