Alleati

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Stare sdraiati a letto tra le lenzuola, facendo finta che il mondo all'esterno non esistesse, era un lusso che Sofia era certa non avrebbe potuto rivendicare facilmente quindi, invece che proporre di andare sul portico a vedere le stelle od il modo in cui la luce della luna si rifletteva sul mare, decise di rimanere col volto posato sul petto di Percy che la stringeva con un solo braccio. Con l'orecchio posato al suo petto, chiuse gli occhi ascoltando il battito regolare del suo cuore e sorrise, tentando discacciare i pensieri via dalla testa il più a lungo possibile.

Percy aveva spento le torce che illuminavano la sua casa dopo la seconda volta che si erano uniti, ritenendo necessario un po' di buio anche se, per entrambi, era difficile riuscire a dormire. Cullata dai battiti di Percy e dal suo respiro regolare, Sofia aveva fatto finta di non avere una profezia sulla testa né talmente tanti dubbi da stringerle il petto, mozzandole gelidamente il fiato. C'erano ancora tantissime cose che non riusciva a comprendere a partire dalla profezia concludendo con Ares, così accanito contro di lei, che le appariva in sogno col solo intento di torturarla.

- Che cosa c'è? – soffiò Percy sul suo capo, con la voce roca di chi non la usa da un po'.

Sofia sollevò di scatto la testa verso di lui, incontrando il luccichio furbo dei suoi occhi verdi. – Che cosa che cosa c'è?

Percy sbuffò in un sorriso, accarezzandole la schiena con una mano e sollevando il capo abbastanza per poterle baciare il capo. – Riesco a vederti i pensieri che ti vorticano nella testa, Sofia.

Sofia sbuffò senza riuscire a trattenere un sorriso, posando il mento sul petto di Percy, sistemando meglio la gamba piegata sul bacino del ragazzo. – Posso sapere come fai? Neanche ti stavo guardando adesso.

Percy abbozzò una risata senza smettere di accarezzarla. – Il corpo ti si irrigidisce. La tua gamba ha iniziato a pesare come un macigno. Ho lasciato passare qualche secondo per vedere se fosse solo un problema del momento ma quando ho visto non smettessi, ho deciso di intervenire. – Sofia sorrise, nascosta dal buio e quando Percy scivolò delicatamente sul letto, poggiando la schiena al muro, lei lo seguì senza però riuscire a rifugiarsi contro di lui ancora una volta. – Cosa non ti fa dormire? – le domandò nella penombra della luce esterna della luna e Sofia si inginocchiò al suo fianco, portandosi istintivamente una mano allo stomaco nudo, in quel momento, dove normalmente c'era il suo coltello.

- La profezia – disse, arpionandosi la pelle. – C'è ancora qualcosa che non quadra. Dice "a diciotto anni sarà deportata" – si ficcò le unghie nella pelle dello stomaco. – Io non ho ancora diciotto anni. Devo compierli quest'anno ma non li ho ancora compiuti.

Percy non le rispose subito. – Quando li compi? – domandò.

- Nel dodicesimo giorno dell'Ecatombeone, con la luna nuova dopo il solstizio d'estate.

Percy ci pensò per un sacco. – Sotto la costellazione del Cancro.

Sofia corrugò la fronte, sorridendo. – Come fai a saperlo.

Percy sorrise, dandole una pacca alla coscia e lasciando poi lì la mano, senza alcuna palese intenzione di spostarla. – Ho anche io le mie fonti. Io sono nato il diciottesimo giorno del Metagitnone.

Sofia sorrise, piegando il capo di lato in ovvietà. – Non avevo dubbi.

Non riuscì a vedergli l'espressione ma Sofia era certa Percy avesse corrugato la fronte. – Che intendi dire?

- Un Leone. Un comandante ed un capo nato.

Percy non rispose. Sofia era certa che, se solo ci fosse stata un po' di luce, sarebbe riuscita a vedergli le guance tingersi di quell'adorabile velo di imbarazzo. – Lo sai come sono le profezie – disse poi Percy, rompendo il silenzio e cambiando discorso. – Sono sempre nebulose, create ad arte per non farti capire. Magari intende diciottesimo anno non diciotto anni di età.

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