19.

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🩷



Adrenalina, paura, timore: sono queste le sensazioni che provo mentre tento di aprire la porta di casa.
Eccoci nuovamente qui: davanti il portone di casa, intenti a divorarci il volto e con la mente offuscata.
L'ultima volta l'ho fermato, ho ragionato e ho fatto un passo indietro facendo la scelta più giusta. Ma oggi no. Oggi non riesco a fermarmi; non riesco a fare la scelta giusta.
Sento solo l'istinto. E questo mi dice di continuare.

Toccargli i capelli, stringerli tra le dita, assaporare la sua bocca e sentire il suo petto a contatto con il mio, mi ha mandato in tilt.
Le sue mani fameliche stringono la mia pelle da sopra i vestiti e mentre sono intenta per un solo attimo ad aprire la porta di casa, le sue mani non smettono di vagare sul mio corpo, dedicando particolare attenzione ai miei glutei.

«Hai un culo che mi eccita, Benson», bofonchia tra il mio collo e la mia spalla.

«Non abituartici», lo stuzzico mentre finalmente lo trascino all'interno del mio appartamento.

Lui non si stacca affatto da me, quasi per paura che io possa rinsavire e allontanarlo un'altra volta. Potrei farlo e farlo innervosire, ma questa sera sono io che ne ho bisogno. Ho bisogno di staccare l'interruttore e godermi il momento.

Mi bacia il collo, solleva il mio vestitino di lana mentre raggiunge facilmente l'elastico dei collant scuri. «Secondo me sarai tu a richiedermelo», mi dice con un ghigno. Di tutta risposta gli mordo il labbro inferiore facendolo gemere.

«Rifallo», mi supplica inaspettatamente e io eseguo provocandogli un altro gemito. «Porca troia, piccola volpe. Mi fai impazzire».

Il suo tono di voce roco e seducente mi manda una scossa per tutto il corpo che sta già fremendo di essere toccato da lui.
È tutto vero.
Quello che lui ha detto, è tutto vero. Amavo il suo modo di toccarmi, sfiorarmi, i suoi baci sul collo... tutto. Ma d'altronde ero innamorata di lui e tutto era amplificato.

«Quanto, Stevens? Quanto ti faccio impazzire?».
Non sono in me. Sembra quasi che sia io quella ubriaca; ma la verità è che sono un'incosciente. Sto andando letteralmente controsenso e non riesco ad arrestarmi. Non sono ubriaca per colpa dell'alcol, ma per colpa sua.

La sua risposta arriva forte e chiaro quando le sue mani stringono ancora più forte sotto il mio sedere facendomi sollevare i piedi da terra per agganciarli al suo bacino.
Mi spalma contro una parete, premendosi contro di me al punto da sentire l'erezione a contatto con la stoffa striminzita dei miei slip.

«Tanto così, Benson», sussurra sul mio orecchio. Io trasalgo. «Lo senti? O ancora non ti basta come risposta?». Il suo tono basso e seducente mi perfora le ossa.
Lo sento accarezzare la mia pelle fino a rivestirla di piccoli brividi.
Non può essere reale quest'uomo. Prima mi grida contro, poi mi dice che lo faccio impazzire e mi bacia come se fosse la prima volta.

«Puoi sempre fare di meglio», lo stuzzico. Lui ridacchia e per un attimo barcolla. «Anche se sei ancora ubriaco», non mi perdo però il gusto di sfotterlo.

Con una mano apre la porta di camera mia, quasi come se già sapesse dove si trovasse e, una volta arrivato al bordo del letto, ci spinge sopra trovandomi il suo corpo nuovamente plasmato sul mio facendomi sussultare.

«Adesso ti dimostro chi è ubriaco, Benson».

L'eccitazione nella sua voce mi fa fremere il ventre, portandomi a mordermi il labbro inferiore.
So che niente di tutto questo è giusto: mi ha trattata come se fossi l'essere più ripugnante del mondo; mi ha ferita sei anni fa e anche oggi stesso. Eppure leggo qualcosa nei suoi occhi che va oltre a tutta l'apparenza da duro.

Hearts EnemiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora