22.

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🩷



Il dolore non è mai passeggero. Si fa sentire quando meno te lo aspetti ed è sempre pronto a pugnalarti. Ti fa sentire inerme, indifesa, debole. Sta' a te decidere come reagire.
Io ho reagito, mi sono fatta aiutare anni fa. Ma è impossibile non trattenere dentro alcuna traccia.
Quelle restano o per ricordarti che ce l'hai fatta o per feriti ancora.
Le mie tracce hanno entrambi gli scopi. Ed è ancora più difficile conviverci.

«Cosa stai dicendo, Clare?», sussurra incredulo mentre il soffio delle sue parole sfiora le mie labbra.
Non ha fatto nemmeno un passo indietro e alla mia rivelazione, non credo ne abbia proprio l'intenzione.

«La verità che volevi, Drew». Trattengo le lacrime mandando giù un magone. I nostri occhi sono inchiodati gli uni negli altri e un velo di preoccupazione cela i suoi che mi intimano di continuare.

«Ero piccola quando è iniziato. Avevo giusto qualche chilo in più mentre le mie compagne di scuola erano magrissime. Io avevo le mie forme evidenziate e agli occhi degli altri sembravano un difetto...», spiego con un tremolio nella voce. La gola mi si secca. «Alternavo abbuffate, ingerendo qualsiasi cosa e poi andavo in bagno, nascondendomi da tutti, e vomitavo tutto quello che avevo ingerito. Quando i miei se ne accorsero, mi portarono da uno psicologo e da un nutrizionista e all'inizio sembrava andare bene. Sembrò una passeggiata eliminarlo dalla mia mente», ricordo mentre uno squarcio nei polmoni mi spezza il fiato.

Drew perlustra ogni centimetro del mio volto, prendendo consapevolezza del periodo più brutto della mia vita. Non batte ciglio, però, speranzoso che la storia vada meglio.
Ma no, sarebbe troppo semplice.

«A sedici anni, persi mia madre per una malattia e il buio tornò ad incombere sulla mia vita. Cercai in tutti i modi di non gravare sulla stabilità di mio padre, che già soffriva abbastanza e ci riuscii, nuovamente. Non si accorse delle mie abbuffate e nemmeno delle nottate passate a rimettere tutto».
Le parole mi pesano sul petto e non riesco a trattenere qualche lacrima solitaria che riga il mio volto.

«Quando iniziai l'università, avevo capito che la bulimia era un mostro che potevo combattere. E lo feci... combattei contro di esso con tutte le mie forze. Ma poi...», tentenno, perché so di star per sganciare la bomba decisiva che colpirà entrambi nel profondo dell'animo.

In un primo istante, mi convinco di non farlo, di non andare avanti. Ma le sue dita raggiungono il mio mento, facendomi sollevare il viso al punto da far nuovamente scontrare le punte dei nostri nasi.

«Poi...?», mi incita con voce gracchiante. Nel suo tono si nasconde un tratto incerto, insicuro; mentre nei suoi occhi leggo consapevolezza, quasi come se avesse solo bisogno di sentirselo dire.

Ma è difficile. È difficile avere il motivo per cui quel mostro è tornato nella mia vita, davanti ed è ancora più difficile sbatterglielo in faccia.
Se forse non ci fossimo detti nulla, se non avessimo passato del tempo insieme, se non ci fosse Zoe e tutta la storia di Maya, probabilmente questo sarebbe stato il momento della mia rivincita.

Ma non lo è. Mi ero ripromessa che quella ferita non l'avrei riaperta mai più, ma con Drew Stevens, nulla resta mai certo.

«Dillo, Clare», insiste sussurrando. «È colpa mia, vero?».
Non è stupito. Ha collegato tutto troppo velocemente anche per me, perché non ero ancora pronta a dirglielo.
La mia espressione parla al posto mio e quando vedo qualcosa rompersi, nei suoi occhi, io non riesco più a mantenere lo sguardo e lo porto giù alla poca distanza che ci divide.

«Quando ti trovai a letto con quella ragazza e mi dicesti quelle parole... per me furono un duro colpo», sussurro velocemente.

Il suo petto perde un battito. «È colpa mia se ti sei ridotta così. A... schifare il cibo», mormora tra sé e sé, facendo fatica a rendersene conto.

Hearts EnemiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora