13. Il nostro silenzioso accordo

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Poppy

L'aria sembra irrespirabile in questa stanza, anche se non ho ancora sprecato ossigeno per dire una parola.
Tyler mi fissa con le sopracciglia aggrottate.

«Allora...che ci fai qui?»domanda serio, ignorando totalmente il fatto che siamo al buio.

Riesco a vedere il suo viso, grazie al leggero bagliore dei lampioni al di fuori.

«Questa è la mia camera»bofonchio, con aria distratta.

Una parte di me vorrebbe dirgliene quattro; dargli magari uno schiaffo per aver spifferato quello che c'è stato fra di noi a Cinnamon.
Ma l'altra, si chiude in se stessa.
Come sempre

Due facce della stessa medaglia.

«La tua camera? Dev'esserci stato un errore dolcezza, è la mia»mormora, con aria da spaccone.

Mi volto, già al limite della sopportazione. «Smettila di atteggiarti a personaggio famoso, hai sbagliato stanza Tyler. Non so nemmeno perché tu sia qui ma il problema più grande è che siamo senza corrente»farfuglio velocemente.

Mi capita spesso quando sono in ansia.
E quando sono imbarazzata e agitata.

«Sono qui perché mi hanno invitato, no? E poi tu hai sbagliato stanza, anzi, sarei contento se uscissi da qui. Che cazzo vuoi che mi importi se non c'è corrente. Esci da qui»borbotta categorico e spavaldo.

«Io non vado proprio da nessuna parte perché questa è la mia camera»sottolinea l'aggettivo possessivo.
«Ma in ogni caso, nessuno dei due può uscire da qui, Genio. La porta si sblocca con la corrente»

Tyler mi fissa senza parlare.
Si avvicina alla porta e prova a cliccare il pulsante di lato.

«Ci sarà un modo per uscire di qui»ipotizza, voltandosi verso di me.
«Non lo so ma so che qui tutto funziona a corrente. Quindi rimarranno presto il danno se non vogliono che i clienti vadano tutti via»scrollo le spalle.

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