Una Lettera

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Alcune ore prima delle nozze

Ciao Christian,

Mentre scrivo queste parole, mi rendo conto che è l'ultima volta che ti rivolgerò i miei pensieri in questo modo. È strano, vero? Pensare che una volta il mio mondo ruotava intorno a te, a noi, a quello che eravamo, o forse a quello che avrei voluto fossimo. Eppure, eccomi qui, davanti a un foglio, con la consapevolezza che sto per voltare pagina, forse per sempre. Ho deciso di scrivere queste parole, prima di uscire da questa stanza e accompagnare mio padre verso un nuovo capitolo, per farmi conoscere davvero da te, per farti sapere chi tu alcuni mesi fa hai in parte conosciuto, cosa si portava dietro e quello che albergava nella sua mente e nel suo cuore quando era al tuo fianco.
Sai, c'è stato un momento nella mia vita, poco prima di venire a Verona, in cui mi chiedevo sempre, costantemente; "perché non riesco più a sentire niente?" Quel vuoto che si faceva largo tra le costole, che soffocava i battiti del cuore, sembrava una condanna eterna. Mi guardavo intorno e vedevo persone che si innamoravano, che vivevano la leggerezza di un cuore pronto a volare, ragazzi circondati d'amore e di affetto dalle loro famiglie. E io invece mi sentivo fermo, inchiodato al passato, incapace di avvicinarmi di nuovo a quel fuoco che un tempo mi aveva scaldato, ma che aveva lasciato solo cenere e ferite aperte.

Non so perché non ti ho mai raccontato di Andrea, e del suo modo per far sapere all'epoca, alla mia classe, che fossi gay, avevo una cotta per lui, e per un certo periodo notai che ogni tanto mi lanciava occhiate, quando me ne accorgevo sorrideva, pensavo che volesse far amicizia ma non sapeva come, e così mi avvicinai a lui, per alcuni mesi andò tutto bene, poi un giorno, durante una chiacchierata nello spogliatoio finimmo per baciarci, puoi immaginare quanto fossi felice che fosse accaduto, sembrava quasi che stessi toccando la felicità con un dito, per caso ti ricorda qualcosa? Sembra un dejavu. Non sapevo però che in quello spogliatoio ci fosse una telecamera che stesse registrando tutto. Il giorno dopo, iniziai ad avere prese in giro da tutti, non ne capivo il motivo, solo quando entrando in classe sentendo Andrea quanto fosse soddisfatto di aver avuto la prova della mia omosessualità, capii cosa realmente stesse succedendo.

E così Andrea era quel qualcuno che avevo amato con tutta la forza che il cuore potesse contenere, anche se per poco, avevo dato tutto senza riserve, avevo creduto in ogni battito, in ogni sorriso, ma l'amore a volte sa essere crudele; ti lascia senza fiato, ti stringe troppo forte, e quando meno te lo aspetti, ti spezza, e nel silenzio che segue, ti ritrovi a raccogliere i pezzi di un cuore che non riconosci più, frammenti sparsi che non sembrano più appartenerti. Ci voleva tempo. Un tempo che sembrava non finire mai per capire cosa fosse realmente successo, perché non era solo l'illusione di un amore che faceva male, era il fatto che avevo smesso di sentirmi vivo, come se nel momento in cui il mio cuore si è spezzato, avesse deciso di chiudersi su se stesso, di erigere muri, di non permettere a nessuno di avvicinarsi più, perché il dolore di quell'inganno era stato troppo insopportabile, e allora il mio cuore smise di battere con quella stessa intensità di prima, diventò freddo, silenzioso, mi illusi che fosse una nuova realtà, che forse non avrei amato mai più o che forse ero cambiato per sempre.

Ma in fondo, sapevo, il mio cuore non era indifferente, era ferito, era come una ferita che avesse bisogno di cicatrizzarsi. Ma non c'era mai il giusto tempo da dare a quella ferita per potersi richiudere. Andrea non era l'unico che mi avesse fatto del male, c'era papà, sentivo tutta la sua indifferenza nei miei confronti, sentivo quanto per lui fossi inadeguato, e mamma, che fingeva che quella non fosse la realtà che stavamo vivendo. Per lei non c'era nulla e fingeva che tutto andasse bene. Non è che non volevo più amare, è che non potevo, non in quel momento, il mio cuore aveva bisogno di tempo, di protezione. Ogni cicatrice richiede cura, ogni ferita ha bisogno di spazio per guarire e il cuore non è diverso. Si era chiuso non per indifferenza, ma per proteggersi da un nuovo dolore. È come se per un po' dovesse rimanere in silenzio, in attesa, mentre le ferite si potessero rimarginare. E così mi ritrovai a camminare per le strade, a guardare il mondo attraverso una lente opaca, distante, come se fossi spettatore della vita degli altri. Vedevo i sorrisi, le carezze, i gesti d'affetto, i bambini che tenevano le mani strette, salde, a quelle dei propri genitori, i fidanzati che organizzavano sorprese per i propri partner in un parco, ma non riuscivo più a sentirli davvero. Mi sentivo escluso, come se l'amore fosse un lusso riservato a chi non aveva mai conosciuto il dolore, c'era una distanza tra me e tutto quello che mi circondasse, come se il mio cuore, fosse stato avvolto in uno scudo invisibile. Non era disprezzo, freddezza, era solo il tempo che il mio cuore si stava prendendo per tornare a sentirsi leggero, per tornare a fidarsi. E forse un giorno, il cuore si sarebbe risvegliato, lo avrebbe fatto, piano, senza fretta e all'improvviso mi sarei sorpreso a sentire di nuovo qualcosa, un battito, un sussuro, un'emozione che credevo perduta per sempre. Probabilmente sarebbe stato diverso, forse non era mai esattamente com'era prima, ma sarebbe stato più forte perché dopo ogni ferita, ogni cicatrice, il cuore impara; impara a proteggersi, impara a battere con una nuova consapevolezza, in fondo, il cuore è come un guerriero, combattuto, ferito, stanco, ma mai veramente sconfitto. E sai quando ho imparato tutto questo o perlomeno l'ho capito? Quando sono arrivato qui, in questa città, in quella classe, quando i miei occhi spenti da tanto si sono incrociati con i tuoi, li, è arrivata quell'emozione che credevo di non provare mai più.

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