Cap. 23 - Garrett. Tu tu tu tu tu.

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Sono passati alcuni mesi, dopo la morte di mio padre, dove ogni sera prima di andare a letto, passavo delle ore a guardare video sugli interventi tempestivi agli aneurismi cerebrali.

Dovevo trovare una risposta.

Un errore.

Dove stava il tassello che non aveva concesso ai chirurghi di salvare mio padre.

Era diventata un'ossessione maniacale, trovare dove delle persone che avevano studiato anni, che ce l'avevano messa tutta e che erano state in quella sala operatoria per ore, avessero commesso uno sbaglio.

Potevano essere più veloci?

Potevano avergli aperto il cranio prima?

Potevano aver sbagliato qualche passaggio?

Potevano fare altro, quando hanno alzato le mani, si sono allontanati dal tavolo e hanno decretato il decesso?

Non avevo trovato delle risposte, se non una.

Una soltanto.

Ore ed ore di filmati, nottate perse di fronte ad immagini di crani aperti, sogni invasi da immagini in cui ero io ad operare in quella sala e nei quali perdevo mio padre ogni singola volta.

Tutto, per una sola risposta.

E l'ho avuta solo quando ho perso il mio primo paziente in sala operatoria: la morte per mio padre era arrivata e non c'era nessuno da incolpare, nessun errore commesso.

Ho passato ore intere a chiedere scusa nella mia testa a tutti i medici che avevano provato a salvarlo e su cui avevo dubitato, che avevo messo in discussione.

La morte arriva e basta.

Ma i chirurghi le alzano il dito medio.

«L'emorragia continua. La pressione scende. Settanta/quaranta. Cala ancora».

«Datele un'altra sacca», ordino.

«Cinquanta», insiste l'anestesista.

«Dottor Allan», interviene il cardiochirurgo provando a toccarmi la spalla.

«Ho detto un'altra sacca!», sbraito.

Lui si allontana di un passo e un altro provvede in fretta al ricambio

Serro la mandibola concentrandomi sul movimento delle mie mani.

Vattene.

Non è il suo momento.

«Dobbiamo fermare l'emorragia. Clamp!»

Il monitor emette di colpo un allarme acuto e continuo.

Non alzo neppure la testa per controllare, ma sento un impeto di rabbia montare.

Ho detto vattene.

«La pressione è troppo bassa, il cuore si è fermato. Arresto cardiaco!», annuncia l'anestesista.

«Così la perdiamo», dice a bassa voce il cardiochirurgo.

«No non la perdiamo».

Io non la perderò.

«Dottor Allan, la paziente ha anche un cuore anzian-».

«Se la paziente la sentisse la riempirebbe di botte, dottore», lo interrompo, sollevandole la veste e facendo cenno all'assistente di preparare le piastre. «Ho visto questa donna minacciare più persone di quante potrebbe credere, nelle ultime settimane».

Posiziono le mani al centro del suo torace. «Inizio compressioni toraciche. Adrenalina pronta».

Vattene.

La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora