Cap. 24 - Tammy. Fare a palle di neve è da bambini.

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Otto giorni a Natale...

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La suoneria del mio cellulare mi fa mugolare strizzando ancora gli occhi, come se servisse per smettere di sentirlo.

Sta squillando da cinque minuti buoni. Smette e ricomincia subito dopo ed io continuo a lamentarmi sperando che qualcuno mi senta e riporti il messaggio a chiunque stia disturbando il mio sonno.

All'ennesimo squillo mi rassegno.

Ancora con gli occhi chiusi, lo cerco a tastoni sul comodino, facendo scivolare a terra con un tonfo delle cose che non ricordo di aver appoggiato lì.

Porto lo schermo all'orecchio, riuscendo a sbloccarlo non so come. «Pronto?».

«Andiamo sulla neve».

Un altro mugolio in segno di lamento.

Strizzo ancora gli occhi, sistemandomi meglio sotto alle coperte, godendomi il calduccio dopo aver sentito quella parola gelida, che mi ha provocato un brutto brivido. «Chi sei?».

«Garrett».

Ti pareva...

«Ti ho già detto che non posso sopportarti di prima mattina. Ho bisogno di tempo per prepararmi psicologicamente».

Dall'altro capo si sente un accenno di risata. «Hai un'ora, ti basta?».

«Me ne servono minimo quattro. Sei una persona davvero sfinente, Garrett Allan».

«Stavi dormendo?», mi chiede accompagnato da un rumore che sembra quello di un bagagliaio che si chiude.

«Sto ancora dormendo. Solo che adesso c'è l'irritante sottofondo della tua voce a disturbarmi».

«È perché mi stai sognando».

«No, nei miei sogni di solito non parli. E non ti muovi. E non respiri. Possiamo trasformarli in realtà?»

Garrett ridacchia appena e lo immagino mentre si prende il labbro tra i denti. «Hai capito cosa ti ho detto o devo dirtelo in sogno?».

Scuoto la testa, solo per accorgermi subito dopo che lui non può vedermi. «Cosa vuol dire che andiamo sulla neve?», gli chiedo allora.

«Mi sembra una frase auto esplicativa».

«Io odio la neve».

«Tu odi tutto».

Mi imbroncio, nascondendomi meglio sotto alla coperta. «Non è vero. Soltanto te e la neve».

«Bene, allora sarà una giornata meravigliosa per te, perché la tua unica compagnia saremo io e la neve. Partiamo tra un'ora», ripete secco e sbrigativo e adesso il rumore di lui che sale in auto mi arriva forte e chiaro.

«Dove stai andando?»

«Ho caricato il necessario in macchina. Sbrigo alcune commissioni per mia madre e poi vengo a casa tua». Sto per mugolare ancora, in segno di protesta, quando lui riapre quella sua boccaccia: «Ah e Tammy, portarti il cambio, dormiamo lì stasera».

Sgrano gli occhi, imbattendomi nella luce del giorno.
Di colpo sono sveglia come non mai.

«Dove dormi- Ehi!», sbotto quando mi accorgo che mi ha messo giù senza darmi il tempo di rispondere.

Rimango a bocca spalancata a pensare alle ultime parole che ha pronunciato quel cretino.

Poi lancio il telefono in fondo al letto, portandomi le mani a coprirmi le faccia e sfogandomi in coloriti insulti e ringhi poco carini.

La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora