Epilogo - Tammy.

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Sei mesi dopo...

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«Menomale che ti sei svegliata, montanara. Guarda che pezzo di manzo ti saresti fatta sfuggire, cucina pure». Frank appoggia il mento sulla mano, in un'espressione sognante mentre osserva Garrett alle prese con i fornelli.

Se dicessi alla Tammy di Novembre che si ritroverà nell'appartamento di New York di Garrett (ora anche suo), a preparare la cena per Frank la renna e l'elfo Gary che le aveva appena vomitato addosso, mi prenderebbe per i capelli.

Eppure è proprio così, e non vorrei fosse diversamente.

È stata un'idea di Garrett. Dopo un bel po di mesi di trasloco dalla Florida, stavamo finalmente sistemando in degli scatoloni le ultime cose mie che abbiamo portato a casa durante il weekend, dopo averlo trascorso a Whitefield per il compleanno di Megan, quando è saltato fuori da un paio di pantaloni che non avevo mai riutilizzato, il biglietto da visita di Frank.

Me l'aveva lasciato dicendomi di chiamarlo qualora avessi voluto sentire la leggenda sulla misteriosa sciarpa di Natale.

Ovviamente non avevo alcuna intenzione di ascoltarla, ma Garrett ha iniziato a correre verso il suo telefono, tenendo il biglietto in alto sulla testa in modo che io non potessi raggiungerlo.

Poi mi ha stretta con le braccia al bancone ed ha cominciato a comporre il numero alle mie spalle, mentre io gli torturavo il petto di piccoli pugnetti.

Mi ha baciata mentre squillava e quando hanno iniziato a parlare la mia testa era ormai altrove e non ci ho più capito nulla.

Quindi eccoci qua.

A tenere una delle prime cene nel nostro appartamento, con due squilibrati che ci hanno aiutati a salvare Whitefield e, in fin dei conti, a capire che io e Garrett non potevamo non stare insieme.

Dylan ha scoperto che è stato il nuovo arrivato a Whitefield a rubare i fondi che avevamo raccolto con la caccia al tesoro. Quello che si era presentato per la prima volta durante una delle assemblee.

A quanto pare la sua auto si è bloccata mentre cercava di darsela a gambe e lui ha dovuto soccorrerlo. Ha notato i soldi mentre cercava nel bagagliaio la ruota di scorta ed ha allertato il sindaco e poi la polizia.

Nessuno sapeva chi fosse, voleva andarsene così come era arrivato, ma c'è ancora qualcosa che non mi torna.

Dylan non è ancora venuto a trovarci e ci ha detto di sparire dalla sua vista prima che potessimo di nuovo allontanarci l'un l'altro. A quanto pare non aveva voglia di subirsi ancora le lamentele di Garrett.

La mia migliore amica invece mi odia perché dice che l'ho abbandonata in Florida. Ma sotto sotto è contenta anche lei e verrà a salutarci presto.

Vuole finalmente conoscere il fantomatico Garrett Allan.

«È stata una pessima idea», sussurro al mio ragazzo mentre spadella gli spaghetti, in modo che gli altri due non mi sentano.

«Vedrai che sarà divertente. E poi, hanno aiutato noi e Whitefield. Glie lo dobbiamo».

Spalanco la bocca. «Uno di quei due mi ha vomitato addosso, Allan. Non gli devo un bel niente».

«Come sei melodrammatica».

«Io non son-»

Lui si volta di scatto e mi prende il volto tra le mani, strizzandomi un po' le guance. «Tu sei bellissima».

«E tu uno schifoso leccaculo», cerco di dire divincolandomi.

Garrett mi strizza l'occhio ed io mi allontano alzandogli il dito medio.

Frank e Gary sono vestiti eleganti come l'ultima volta che li ho visti e naturalmente hanno ficcato il naso in tutta casa, prima che potessimo convincerli a sedersi.

Il mio ragazzo tieni tutti e quattro i piatti sulle braccia come fosse un equilibrista e li serve in tavola, prendendo posto di fianco a me.

Lo guardo sorridendo e lui mi strizza l'occhio.

Ci ho fatto l'abitudine prima del previsto, a noi due dentro questo posto. A vedere due spazzolini, due tazze la mattina, due libri sui comodini... A svegliarmi tra le braccia di Garrett e ad addormentarmi col suo sorriso in bocca.

Anche la mia famiglia l'ha presa bene, direi alla grande. Non li ho mai visti così contenti. Sono già venuti un paio di volte a trovarci e a vedere come ci siamo sistemati ora che siamo in due. Persino la madre di Garrett sta fiorendo di nuovo, piano e a piccoli passi, ma dovrebbe passare qualche giorno qua tra un mesetto.

Negli ultimi mesi ho visto New York e me ne sono innamorata già dai primi passi, ma per orgoglio non l'ho ancora del tutto confessato a Garrett, anche se temo l'abbia intuito.

Lui ha ripreso la specializzazione ed io ho trovato un'agenzia fotografica che mi ha offerto un contratto. Quando siamo entrambi a casa, sopratutto la sera, Garrett mi racconta dei suoi interventi ed io dei nuovi progetti dell'azienda, accoccolati nel letto, prima di perderci l'uno nel respiro dell'altra.

Abbiamo deciso che torneremo a Whitefield ogni volta che ne avremo l'occasione, infatti erano anni che non mi capitava di vedere la mia famiglia per così tante volte in pochi mesi.

Freddie è il più contento di tutti, ma anche a mamma brillano gli occhi ogni volta che ci vede arrivare.

Alla fine, quella è stata casa mia e conservo alcuni dei miei ricordi più belli proprio a Whitefield.

Sono felice.

Siamo felici.

«Allora...», comincio arrotolando una forchettata di spaghetti.

Frank solleva la testa verso di me, la bocca piena di cibo come se non ne vedesse da anni e gli occhi confusi. «Allora cosa?».

Lo fisso con un sopracciglio increspato. «La leggenda».

Gary gli dà manforte, guardandolo a sua volta con aria confusa per poi fissare me. «Quale leggenda tesoro?».

Raddrizzo la schiena e faccio per aprire bocca, quando Garrett mi posa una mano sul ginocchio, catturando la mia attenzione.

«Amico, ci sono troppi coltelli a questa tavola e Tammy non è nota per la sua calma», gli dice con sguardo esaustivo, per poi afferrare il mio e levarlo dal mio posto.

Non che io voglia davvero accoltellarli, ma ho pur sempre una vomitata in sospeso.

Frank e Gary si osservano e scoppiano a ridere complici.

Poi il primo si porta il tovagliolo alla bocca, ridacchiandoci dentro. «Calma dolcezza. La leggenda della tua sciarpa, quella orrenda e anti-sesso che indossavi sul treno, ma certo che mi ricordo».

«Non era anti-sesso», mi imbroncio.

Lui solleva un sopracciglio e punta un dito verso Garrett. «Solo perché questo qui è cotto di te da tutta la vita. Non ne capisco il motivo comunque, figliolo, è una vera rompiscatole».

«La leggenda», sibilo tra i denti torturandomi le dita per non fare mosse affrettate verso l'ex-renna.

Lui annuisce e si schiarisce la voce, raddrizzando la schiena e preparandosi ad un discorso. «Allora adesso ve la racconto. Tutto comincia con un medico sexy e una lamentosa guastafeste. Ah, e con un terribile mal di pancia, ovviamente».

Sento le mie narici allargarsi mentre lo fisso. Lui in risposta riesce solo a gonfiare le guance per non ridermi in faccia e sospetto lo stiano facendo anche gli altri due presenti a tavola.

«Garrett».

«Ti prego no».

«Passami il tuo coltello».

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Ora abbiamo ufficialmente finito🥲
Ma sappiamo che Tammy e Garrett se la passano bene, l'importante è togliere i coltelli dalla tavola...

La sciarpa che salvò (incasinò) il Natale.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora