Now 'til the very end

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🔸Jungkook🔸

Mi avvicinai alla cucina in silenzio, i piedi che si muovevano lenti sul pavimento di legno. La casa era immersa in un'atmosfera pesante, quasi soffocante. Erano giorni che io e Dia ci parlavamo a malapena. Le nostre conversazioni erano ridotte al minimo e non facevo che rimuginare su ogni parola non detta, su ogni sguardo sfuggente che ci lanciavamo senza volerlo. Mi sentivo come se stessi perdendo qualcosa di fondamentale, qualcosa che non riuscivo a trattenere.

Non sopportavo perdere il controllo.

Quando entrai, la vidi lì, seduta da sola, il piatto davanti a sé. Non stava mangiando davvero, solo muoveva la forchetta con aria distratta. I suoi occhi erano gonfi, lucidi, e subito mi resi conto che stava piangendo in silenzio. Il dolore che provai nel vederla così mi colpì dritto al petto. Era colpa mia. Avevo cercato di evitare questo momento, di ritardarlo, di fare finta che tutto potesse rimanere com'era. Ma sapevo che non sarebbe stato possibile.

La leva militare.

Due parole che pesavano come macigni da quando avevo metabolizzato la decisione di arruolarsi uno dopo l'altro. Era una cosa che dovevo fare, un dovere verso il mio Paese, verso tutti quelli che mi guardavano come un esempio, un idolo. Ma dentro di me, sentivo solo terrore.

Due anni.

Due anni lontano dal palco, dai fan, dalle persone che avevano reso possibile il mio sogno. Due anni senza la musica, senza i concerti, senza quella connessione che mi dava la forza ogni giorno. E soprattutto, due anni senza lei. Come era già accaduto.

Mentre la guardavo piangere da sola in cucina, il senso di colpa mi divorava. Non volevo lasciare Dia, non adesso che finalmente avevamo trovato un nostro equilibrio. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano, vedevo il riflesso della mia stessa paura nei suoi occhi. Paura di perderci, di vedere tutto ciò che avevamo costruito svanire in quei due anni di distanza.

Mi avvicinai lentamente, come se ogni passo potesse spezzare quell'equilibrio fragile che ci teneva uniti fino ad ora. La raggiunsi da dietro, incerto su cosa dire, su come spiegarle quello che nemmeno io riuscivo a comprendere fino in fondo. Quando le mie braccia la circondarono, lei non reagì subito. Restò rigida e sentii il peso del nostro distacco fisico ed emotivo.

Obbligato a partire. Quella frase rimbombava nella mia testa da settimane. Non volevo farlo, ma non avevo scelta. Un'intera nazione lo chiedeva ed era il mio dovere. Ma a che prezzo?

– Mi dispiace. – sussurrai solamente.

Lei non rispose subito, ma continuò a tremare leggermente tra le mie braccia. Il suo dolore era tangibile e lo sentivo risuonare dentro di me. Anche io ero terrorizzato. Ma non potevo mostrarlo, non potevo permettere che la mia paura peggiorasse la sua. Dovevo essere forte, anche se dentro mi sentivo come se stessi per crollare.

– Non posso farci nulla. – ripetei, cercando di convincere me stesso più che lei. – Ma... voglio passare ogni singolo minuto con te prima di partire. Ti prego... –

Le lacrime continuavano a scendere sul suo viso e ogni singola goccia era come una pugnalata al cuore. Volevo dirle che tutto sarebbe andato bene, che avremmo superato anche questo. Ma come potevo esserne sicuro? Due anni sono lunghi e il mondo dello spettacolo cambia così in fretta. La mia carriera... cosa sarebbe successo? Sarebbe rimasto tutto come prima al mio ritorno? O il pubblico mi avrebbe dimenticato, rimpiazzato da qualcuno di nuovo?

Ad un certo punto, Bam entrò in cucina. Il suo muso lungo si strofinò contro la gamba di Dia, cercando di offrirle un po' di conforto come solo lui sapeva fare. Lei abbassò lo sguardo verso di lui, accarezzandolo distrattamente, mentre io continuavo a tenerla stretta. Anche Bam poteva percepire la nostra tensione, il nostro dolore silenzioso.

Golden Hour☀︎︎j.jk [Conclusa✔️]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora