Capitolo 43.

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Apro gli occhi e mi trovo ancora in macchina li alzo è buio pesto poi sposto subito lo sguardo su Riccardo, ha la testa poggiata sul manubrio lo chiamo insistentemente piango ma lui non dà nessun segno così mi agito e cerco il cellulare nella borsa e compongo il numero 118 arriveranno tra non molto.

Porto la mano sul mio viso e sento qualcosa di liquido comincio a urlare e piangere allo stesso tempo,non doveva finire così questo maledetto giorno.

Continuo a chiamare il mio ragazzo ma niente "ti prego Ric svegliati, apri gli occhi".
Il cuore batte forte,ho molta paura fino a quando sento la sirena dell' ambulanza che si avvicina sempre di più.

Qualcuno apre lo sportello della macchina e mi fanno scendere e poi prendono Riccardo.
"Si sveglia adesso vero?" Domando io in preda al panico "vi portiamo in ospedale" mi risponde solamente.

Così mettono sulla barella Riccardo e fanno entrare anche me,gli prendo la mano implorandolo di svegliarsi è la mia unica parola e l' unica che riesco a dire ora come ora e in un momento di lucidità mi vengono in mente Marta e Giorgio loro devono assolutamente sapere dell' accaduto così li nomino e l'infermiera mi chiede chi sono così rispondo "i genitori del mio ragazzo" cerco il suo cellulare tra i pantaloni ma non li trovo magari per la grande botta saranno caduti.

Io non so i loro numeri a memoria e non voglio chiamare Lisa la farei preoccupare e poi è a Catanzaro lontano da qui, l' infermiera mi vede sempre più preoccupata così prende parola "stia tranquilla signorina" intanto cerca di tamponare la ferita alla tempia "poteva finire male anche per te" dice dandomi del tu questa volta "ditemi la verità come sta Riccardo?" "Molto male" mi risponde.

Vorrei morire per la risposta che mi ha appena dato "io voglio che si sveglia,che mi guarda come ha sempre fatto "lo speriamo anche noi,ma adesso non parlare più stiamo arrivando" mugolo solamente e in pochi minuti arriviamo in ospedale scendono di corsa Riccardo nella barella e io corro dietro loro fino a un certo punto ma poi mi viene proibito di entrare in sala.

Piango disperata e una dottoressa viene in mio soccorso "dobbiamo visitare anche te" "io sto bene, voglio stare con il mio ragazzo" "non è possibile adesso vieni con me" dice stringendomi sul suo corpo così andiamo in un' altra sala dall' altra parte del reparto.

Entriamo e mi fa sedere in un lettino mi controlla i battiti del cuore, sente la mia schiena e poi mi domanda se ho mal di testa "solo un po'" rispondo io "avrà fatto un grande volo questa macchina sei viva per miracolo tesoro,il mal di testa è causa della botta" "e Ric si sveglierà vero?" "È in sala operatoria, speriamo anche noi che si svegli presto"

La mia mente rimane a 'sala operatoria' scoppio nuovamente a piangere e mi sento tanto in colpa se solo io non gli avessi detto quelle brutte parole se solo potessi tornare indietro non saremmo qui lui non si sarebbe voltato mai verso me mentre guidava e saremmo tornati a casa sani e salvi invece siamo qui in questo ospedale sperando che i dottori salvino la vita al mio fidanzato.

La dottoressa esce dalla sala dicendomi di rimanere qui e non uscire per nessuna ragione al mondo, mi stendo sul lettino rannicchiandomi come una bambina,non voglio chiamare papà rovinerei la loro vacanza,dopo un po' si spalanca la porta ed entra nuovamente la dottoressa con un cellulare in mano "lo hanno trovato dentro la macchina è del tuo fidanzato?"

Oddio si, così mi alzo e annuisco solamente e lo prendo dalle sue mani la ringrazio mille volte e una volta uscita chiamo Marta,il cellulare squilla e dopo un po' lei risponde "Riccardo cosa c'è sono le due di notte" faccio un respiro profondo e poi prendo parola "Marta sono Laura scusi l' ora ma è urgentissimo " "è successo qualcosa?" Chiede già allarmata "siamo in ospedale e Riccardo è in sala operatoria" "come che dici Laura" piango nuovamente e le rispondo lo stesso "abbiamo fatto un incidente subito dopo usciti dal locale" "arriviamo subito" dice e termina la telefonata.

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