Capitolo 14 - Il gioco dei silenzi

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Mi svegliai con la luce fioca del sole che filtrava dalla finestra.

Ancora confusa, mi resi conto di non essere nel mio letto. La notte precedente mi passò come un film in bianco e nero. Ero a casa di Ethan.

Sentii un rumore provenire dalla cucina, e mi tirai giù dal letto. Appena varcata la soglia della cucina, lì davanti a me c'era Ethan, con la solita espressione rilassata.

"Buongiorno, Principessa." Disse, con un sorriso sghembo mentre poggiava due tazze di caffè sul tavolo. Sembrava troppo tranquillo per i miei gusti, come se tutta la situazione gli appartenesse.

"Non mi chiamare così" sbuffai, ignorando il caffè. "Mi accompagni a casa dopo? Non mi va di stare ancora qua."

"Va bene." Disse, con quella solita aria da persona che sapeva più di quanto volesse far trasparire.

Il tragitto verso casa mia fu silenzioso. Ethan guidava con una mano sul volante e l'altra poggiata sul finestrino aperto. L'aria fresca del mattino si infilava tra i capelli, ma non riusciva a calmare il turbinio che avevo dentro. Quando arrivammo davanti casa mia, scesi dalla macchina senza dire una parola. Non c'era nulla da dire. Lui rimase seduto in macchina, fermo a guardarmi.

"Grazie." Dissi secca, chiudendo la portiera con un colpo deciso.

Entrai in casa con un colpo deciso e trovai mia madre in cucina, intenta a preparare il pranzo.

"Ciao mamma." Dissi cercando di apparire rilassata. "Scusa se non ti ho avvisata, ho dormito da Jake."

Lei mi osservò per un attimo, ma poi scosse la testa con un mezzo sorriso. "Tranquilla, tesoro. L'importante è che tu stia bene."

Sorrisi vagamente, cercando di allontanare ogni aspetto. Poi corsi in camera mia, chiudendo la porta dietro di me con un sospiro di sollievo. Buttai lo zaino sul letto e mi lasciai cadere a faccia in giù sul materasso. Prima che potessi chiudere gli occhi per qualche secondo di pace, il mio telefono vibrò sul comodino.

Jake.

Jake:" Ehi. Oggi comincia l'allenamento di basket. Vieni a vedermi? Mi farebbe piacere."

Un sorriso mi scappò senza volerlo.

Io. "Certo, ci sarò!"

Dopo qualche scambio di messaggi decisi di alzarmi, vestirmi e cercare di mettere via tutto quello che mi passava per la testa. Forse vedere Jake mi avrebbe fatto bene.


Quando arrivai in palestra, il ronzio delle scarpe sul pavimento e il suono delle palle da basket che rimbalzavano ovunque mi riportarono alla realtà. Jake era lì, in mezzo alla squadra, sudato ma sorridente, e mi salutò con un cenno della mano. Mi avvicinai alle tribune e mi sedetti, osservandolo muoversi con agilità sul campo.


Quando l'allenamento finì, mi avvicinai a Jake, ma prima che potessi farlo, una figura alta mi venne incontro, Era Ethan.

"Ehi, Diva, cosa ci fai qui?" disse con quel tono ironico.

"Non ora, Ethan. Vai via." Risposi, tentando di ignorarlo. "Se Jake ti vede parlarmi, potrebbe...non prendersela molto bene."

Ethan mi ignorò rimanendo davanti a me, ma io lo spostai da davanti e mi avvicinai a Jake con passo veloce.

"Ciao, Jake."

"Ehi, Emily. Grazie per essere venuta." Disse, facendomi un cenno con la mano prima di prendere il borsone.

"Sono stata felice di esserci."

Jake mi propose di andare a prendere un gelato insieme, e così facemmo. La passeggiata con lui fu piacevole, ci perdemmo a parlare di cose banali, e per qualche ora riuscì a mettere da parte tutto il resto. Alla fine della serata, mi riaccompagnò a casa e mi salutò con un sorriso.

"Ci vediamo domani?" chiese, mentre si allontanava.

"Vedo se sono libera, ti faccio sapere." Risposi, sentendo un leggero sollievo allontanarsi con lui.

Mentre Jake si allontanava e io girai l'angolo per entrare in casa, il rombo di una moto interruppe il silenzio della notte. Mi girai, e ovviamente c'era Ethan, seduto sulla sua moto, il casco sotto il braccio e quel solito sguardo strafottente.

"Non ci credo...hai davvero seguito me e Jake tutto questo tempo?" sbottai, incrociando le braccia. "Sei proprio stronzo!" continuai, spingendolo. "Non rompermi il cazzo!"

"Sai Diva...mi piace vederti agitata...penso che dovrei farti arrabbiare più spesso."

"Fottiti, Hayes." Dissi infine, voltandomi e aprendo la porta di casa. Appena la chiusi, mi appoggiai con la schiena al legno, cercando di calmare il respiro. Non volevo più pensare a lui, non volevo che continuasse a invadere ogni momento della mia vita.

Appena alzai lo sguardo, vidi mia madre seduta sul divano, che guardava distrattamente la tv. Si girò verso di me con un sorriso tranquillo, come se nulla fosse.

"Ciao tesoro," mi disse cambiando il canale. "Tutto bene?"

"Si, tutto bene." Mentii. Mi avvicinai e mi accorsi che il programma che stava guardando non l'aveva minimamente catturata.

"Ah, a proposito..." disse mia madre all'improvviso, come se avesse ricordato qualcosa. "Domani sera viene a trovarci una mia amica insieme a suof iglio"

Mi irrigidì. "Chi è suo figlio? Come si chiama?"

"Tesoro... Ethan."

La famosa Madeline e il famoso Ethan domani verranno a trovarci, che bello.

Mi girai verso mia madre con gli occhi granati. "Stai scherzando, vero?"

"No non scherzo," disse lei senza capire la portata del problema. "È da tanto che non li vedo, e pensavo che sarebbe stato carino rivederli. Non c'è niente di male, no?"

Niente di male? Mi trattenni dal ribattere. Ma sapevo che la serata sarebbe stata un inferno.

Mi giro, esausta. "Si, certo...fantastico. Vado in camera, mamma. Notte."

"Notte tesoro."

Salii le scale in fretta, chiudendomi subito la porta alle spalle. Mi gettai sul letto, le mani che tremavano leggermente. Ethan sarebbe stato qui domani. Avrei dovuto fingere di sopportarlo ancora, di non essere completamente fuori di testa per tutto quello che era successo tra di noi.

Con un sospiro esasperato, chiusi gli occhi, cercando di far scivolare via tutti quei pensieri, ma sapevo che il giorno dopo mi avrebbe portato a nuove tensioni, nuovi litigi...e forse qualcosa di ancora più folle.

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