capitolo 44 - Sotto la Pioggia

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Mi sveglio nella penombra, ancora confusa. Mi ci vuole qualche istante per ricordare dove sono. Le coperte morbide e il calore della stanza mi ricordano che sono nella camera di Ethan, la stessa dove mi ha portato ieri sera dopo... dopo quel brutto incontro con Tyler. Cerco di non pensarci troppo, scrollandomi di dosso il ricordo come una polvere fastidiosa.

Mi alzo lentamente, stando attenta a non fare rumore. Ethan dorme ancora profondamente, il respiro regolare, e l'ultima cosa che voglio è svegliarlo. Non voglio domande, né sguardi, né conversazioni scomode. Voglio solo uscire da qui il più velocemente possibile.

Prendo le mie scarpe in mano per non fare rumore e apro la porta della sua stanza. Una volta fuori, mi chiudo la porta alle spalle, poi attraverso il corridoio a passo leggero, come un'ombra che scivola via. Appena fuori dalla sua casa, respiro a fondo, lasciando che l'aria fresca mi ripulisca dai pensieri.

La strada verso casa è silenziosa. È ancora presto, e il quartiere è avvolto in una calma irreale, quasi come se il mondo intero fosse addormentato. Arrivata a casa mia, apro la porta con la chiave che avevo in tasca e scivolo dentro in silenzio, sentendomi stranamente sollevata.

Ho tutto il tempo per prepararmi senza fretta. Mi dirigo in camera, dove mi cambio in fretta: scelgo una semplice maglietta bianca e un paio di jeans. Sistemo lo zaino, poi vado in bagno per una rapida routine mattutina. Metto un po' di mascara per sembrare più sveglia, mi pettino i capelli, faccio colazione con una tazza di tè e poi mi lavo i denti. Prima di uscire, lascio un biglietto a mia madre sul tavolo della cucina: "Ho dormito da un'amica. Sono già andata a scuola. Ti voglio bene."

Esco di casa con un leggero nodo nello stomaco, ma provo a ignorarlo. La mattina è grigia, con nuvole scure che minacciano pioggia. Cammino verso la scuola e mi accorgo solo a metà strada che i miei pensieri si sono intrappolati su Ethan, sul fatto che sia rimasta a dormire da lui, su come ci siamo ritrovati ieri. E subito dopo, inevitabilmente, mi torna in mente Tyler e il suo sguardo minaccioso.

Proprio mentre penso a tutto questo, il cielo si apre e inizia a piovere. Gocce fredde mi colpiscono le spalle, e in pochi secondi la mia maglietta è fradicia.

"Cazzo... l'ombrello! L'ho dimenticato!" imprecò tra me e me, coprendomi la testa con lo zaino. In quel momento, sento una voce dietro di me.

Mi giro e mi ritrovo Ethan, con il suo sguardo divertito. Tiene un grande ombrello nero sopra di sé, e non posso fare a meno di sentirmi come una totale imbranata sotto la pioggia battente, con i vestiti completamente fradici.

"Problemi, principessa?" chiede, con un sorrisetto di quelli che mi fanno venire voglia di strappargli quel ghigno dalla faccia.

Principessa.

Gli lancio un'occhiata gelida. "Non pensavo ti importasse."

"Non è del raffreddore che devi preoccuparti," risponde, abbassando lo sguardo verso la mia maglietta bianca ormai trasparente. Seguo il suo sguardo e realizzo, con orrore, quanto sia visibile il mio corpo sotto il tessuto bagnato. Istintivamente mi abbraccio, cercando di coprirmi, ma è inutile.

"Che cavolo guardi?" gli scatto addosso, arrossendo furiosamente.

Ethan scuote la testa, ridendo. "Ti ringrazio per avermi mostrato questo... spettacolo. Ma credo che tu abbia bisogno di una copertura," dice, togliendosi la giacca e porgendomela.

Gliela strappo di mano, lanciandogli un'occhiata furiosa. "Sei proprio un idiota."

"Oh, grazie per il complimento," risponde sarcastico, tenendo l'ombrello sopra di noi. Si avvicina, e senza preavviso, mi cinge i fianchi con un braccio, stringendomi a sé per tenermi sotto l'ombrello. Mi avvicina così tanto che riesco a sentire il suo respiro, e sono costretta a camminare a pochi centimetri da lui.

"Che diavolo fai?!" esclamo, cercando di divincolarmi, ma lui mi tiene ancora più stretta.

"Sto cercando di aiutarti, Principessa," risponde, e questa volta il tono è quasi... protettivo? Anche se continua a guardarmi con quel sorrisetto insopportabile.

"Non ho bisogno del tuo aiuto," mormoro, facendogli una faccia disgustata e imbarazzata.

"Ah, sì? Allora continua pure a mostrare lo spettacolo a chiunque passi," dice, guardandomi negli occhi con quel tono di sfida.

Arrossisco ancora di più, ma non posso far altro che lasciarmi trascinare fino all'ingresso della scuola, i nostri corpi incollati sotto il suo braccio. Quando arriviamo, noto che molti studenti ci fissano, alcuni con curiosità, altri con sorpresa. Tutti stanno osservando me e Ethan, incollati sotto lo stesso ombrello e così vicini da sembrare... una coppia.

"Ethan..."

"Dimmi tutto, Principessa."

"Avevi detto che non dovevamo più rivolgerci la parola..."

"Pensa quello che vuoi, ma l'idea che qualcuno ti guardi come ti ho vista io...mi fa impazzire."

"Ethan...quello che hai detto..."

"Non ci pensare troppo, Principessa. Non voglio che nessun altro ti guardi così... perché so che non saprebbero cosa farci. Solo io posso capire chi sei, anche quando non te lo meriti."

"Così, eh? Quindi, secondo te, solo tu hai questo... diritto?" I miei occhi lampeggiavano, divisi tra rabbia e sorpresa, come se le sue parole avessero scatenato qualcosa dentro di me.

"Esatto," rispose lui, con un mezzo sorriso. "Ma non dimenticare, ti odio ancora per quello che hai fatto."

Lo fissai intensamente, poi, quasi sussurrando ma con voce ferma, replicai: "E allora odiami, Ethan. Odiami quanto vuoi. Ma sai bene che sono io l'unica persona che riesce a scalfire quella corazza che ti sei costruito."

"Adesso mollami," aggiunsi dopo un po', cercando di divincolarmi, ma lui mi stringe ancora di più.

"Smettila di fare storie," mi dice sottovoce, come se nulla fosse.

"Perché fai così?" chiesi, visibilmente infastidita.

"Non voglio che ti guardino." Rispose lui, sospirando, lo sguardo duro.

"Chi dovrebbe guardarmi?" domandai, quasi sfidandolo

Ethan stringe la mascella, gli occhi puntati sul gruppo di ragazzi all'entrata della scuola che mi fissano "I soliti stronzi che non riescono a toglierti gli occhi di dosso."

Incrociai le braccia, non nascondendo un'espressione tra il divertito e l'indispettito. "Oh, e da quando ti importa così tanto chi mi guarda?"

"Da quando quei deficienti non sanno rispettare i loro limiti." Rispose, mostrando il dito medio al gruppo dei ragazzi che mi guardavano ancora.

"Ethan, basta!" esclamo, notando che i ragazzi ridacchiavano e bisbigliavano tra loro. "Che figura di merda... Lasciami andare, tutti ci stanno guardando!"

Lui mi guarda con un mezzo sorriso, inclinando appena la testa verso di me. E poi, con un tono che fa scendere il silenzio su tutto il cortile, mormora: "Che tutti vedano, allora, chi è davvero al mio fianco."

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