Chapter 49 -I'm sorry-

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Isabel si sentiva distrutta.
Non aveva nemmeno la forza di pensare, mentre il mondo attorno a lei sbiadiva.
Era come se, con la morte di Natasha, un pezzo di lei fosse stato strappato via.
Persino l'aria le sembrava più pesante e immobile, mentre lei e suo padre riapparivano nella base.
Un cerchio di sguardi la circondò all'istante.
Erano tutti lì, aspettandoli con una tensione che era quasi palpabile.
Bruce, con il respiro mozzato, li scrutava come se cercasse con lo sguardo qualcosa, o qualcuno, che non riusciva a vedere.
Hulk fece un passo avanti, la voce tremante.
<<Dov'è Natasha?>>
La domanda riempì l'aria con una pesantezza insostenibile.
Il suo tono incerto era carico di speranza, di quella vana speranza che il silenzio di occhio di falco e della castana sembrava già frantumare.
La giovane donna si girò appena verso di lui, il suo sguardo fisso al pavimento.
Le parole le si bloccarono in gola, un nodo troppo spesso e doloroso per poter essere sciolto. Sapeva di non poterlo dire a parole, perché ciò avrebbe significato accettarlo davvero, ammettere la perdita.
Clint fece un lungo respiro, lo sguardo perso nel vuoto.
<<Nat... Non ce l'ha fatta>> disse, la voce roca, come se ogni parola gli costasse un pezzo della sua stessa anima.
Il mondo di Isabel crollò ancora una volta su se stesso.
In un attimo, il silenzio nella stanza divenne opprimente, ogni respiro un'agonia.
Nessuno si muoveva; nessuno osava nemmeno guardarla negli occhi. 
La castana fece un passo indietro, come se quel dolore fosse troppo vasto per contenerlo.
Poi, come colpita da una scarica improvvisa, scoppiò a piangere.
Non riusciva più a trattenere le lacrime.
Un suono gutturale e disperato le uscì dalla gola, mentre le mani le si stringevano attorno al corpo come per tenerlo insieme, come per impedirgli di frantumarsi del tutto.
Senza pensarci, corse via.
Le sue gambe si mossero prima che la sua mente potesse fermarle.
Voleva solo allontanarsi da tutto, dal dolore, dalle domande, dalla sofferenza negli occhi degli altri.
Aveva perso uno degli ultimi pezzi della sua famiglia, una delle persone che l'avevano amata senza condizioni, che l'avevano protetta.
Natasha era stata una sorella, un'amica, una presenza che ora le mancava così tanto da soffocarla.
Mentre correva fuori dalla base, sentì i suoi poteri farsi sempre più forti, incontrollabili.
La vegetazione attorno a lei reagì ai suoi sentimenti, crescendo in modo incontrollato.
Radici scure e nodose emersero dal terreno, come tentacoli affamati che si contorcevano e si avvolgevano attorno a ogni cosa nel loro raggio.
Il dolore si trasformava in una furia cieca, in una forza della natura troppo potente per essere contenuta.
Tutto stava esplodendo dentro di lei, senza freni.
Clint, che aveva visto la figlia scappare, si affrettò a seguirla.
Conosceva il dolore di perdere qualcuno che amava.
Ogni passo che faceva per raggiungerla era un passo attraverso la sua stessa sofferenza.
Il cuore gli si spezzava nel vedere la giovane donna così, a pezzi, e sapeva che non poteva lasciarla sola.
Finalmente la trovò, in mezzo al caos che lei stessa aveva creato.
Isabel era inginocchiata a terra, le mani tremanti che affondavano nel suolo, gli occhi rossi e gonfi di lacrime.
 La forza dei suoi poteri fuori controllo aveva fatto crescere piante e rampicanti tutt'attorno, come se la natura stesse rispondendo alla sua sofferenza. 
L'uomo si avvicinò lentamente, temendo che un gesto improvviso potesse farla scoppiare ancora di più.
<<Isa...>> mormorò, cercando di raggiungerla con una voce dolce.
<<Sono io... Papà. Non sei sola>>.
Ma la castana sembrava non sentirlo.
La sua mente era intrappolata in un turbine di pensieri distruttivi.
<<Se ne è andata>> singhiozzò, senza sollevare lo sguardo.
<<È morta. E la colpa è mia>>.
Occhio di falco si inginocchiò accanto a lei, la mano tesa verso di lei ma senza toccarla, rispettando quel suo spazio di dolore.
<<Non dire così, piccola>> le sussurrò.
<<Natasha ha fatto una scelta. Non è colpa di nessuno. Ha fatto ciò che credeva giusto. E ti amava. Ti ha sempre amato>>.
Ma Isabel scosse la testa, stringendo le mani in pugni che affondavano nella terra, come se volesse ancorarsi a qualcosa che fosse reale.
<<Ogni persona che amo finisce per morire, papà. Sono una maledizione. Tutti quelli a cui tengo... se ne vanno>>.
Quelle parole lo colpirono come pugni.
Clint si rese conto di quanto profonda fosse la ferita che la stava consumando. 
La figlia stava combattendo contro una colpa e un dolore che lui stesso non aveva mai compreso fino a quel momento. 
Si avvicino ulteriormente e stavolta la prese tra le braccia.
Lei cercò di respingerlo, ma la sua presa era forte, determinata.
Aveva già perso troppe persone per lasciarla andare.
<<Non sei una maledizione, Isabel>> le disse, la voce rotta dall'emozione.
<<Sei mia figlia. E tu, tu non porti morte... porti speranza, Isabel. Lo so che fa male. Lo so quanto è dura...>>
La castana si lasciò andare, appoggiandosi contro di lui, il corpo scosso dai singhiozzi.
La sua sofferenza si riversava fuori in quel pianto disperato che sembrava non avere fine. 
L'uomo sentì il suo cuore spezzarsi ancora di più, ma continuò a stringerla.
In quel momento non importava nulla, solo essere lì per lei, essere il padre che aveva bisogno.
Occhio di falco le accarezzò i capelli, in un gesto lento, ripetitivo, cercando di calmarla.
<<Mi dispiace così tanto>> mormorò la giovane donna, la voce un filo.
<<Per tutto... per come ti ho trattato. Per quello che ho detto. Non volevo...>>
<<Non c'è nulla da perdonare, Isa. Ero io quello che si era perso... quello che ti ha delusa>>.
Clint chiuse gli occhi, cercando di contenere le sue lacrime.
<<Natasha... ha sacrificato tutto per noi. Non voglio che il suo sacrificio sia stato vano. Voglio che torniamo a vivere, piccola, nonostante il dolore. Per lei. Per noi stessi>>.
Isabel sollevò lo sguardo verso di lui, e nei suoi occhi vide una scintilla di quella bambina che gli aveva insegnato a combattere anche per se stesso.
Avrebbe dato tutto per alleviarle il peso che portava dentro, ma sapeva che tutto ciò che poteva fare era esserle accanto.
E ora, con l'oscurità che li avvolgeva, decise che non l'avrebbe mai più lasciata sola.
Restarono così, in silenzio, uniti in quel dolore, trovando una forza reciproca, una ragione per andare avanti.

Not the villain of this storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora