Chapter 42 -Alone-

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Isabel avanzava lentamente lungo il vialetto di casa, quasi senza accorgersene.
Era trascorso tanto tempo dall'ultima volta che aveva varcato quella porta, troppo tempo da quando aveva abbracciato sua madre o riso insieme ai suoi fratelli.
Ora si trovava lì, ma nulla sembrava familiare; tutto intorno a lei era spento e immobile, come il mondo dopo una tempesta.
Con mani tremanti, Isabel inserì la chiave nella serratura e aprì.
L'odore della casa, un misto di legno e caffè, le diede una fugace sensazione di calore, ma ciò che vide la paralizzò: ogni angolo era in disordine, i piatti erano ancora sulla tavola, le sedie rovesciate, e persino i disegni dei fratellini erano sparsi sul pavimento come in una strana danza di ricordi.
La sua mente riempiva i silenzi di risate lontane e voci care, ma tutto ciò che la circondava restava muto.
Entrò nella stanza dei suoi genitori.
Il letto era sfatto, le coperte gettate di lato.
Era evidente che suo padre se ne fosse andato di fretta, con una furia e una disperazione che la castana riconobbe come sua, ma che ora vedeva riversata su di lui come un'ombra.
Clint non era lì, e la ragazza sentì il peso dell'assenza di tutta la sua famiglia premere su di lei come un macigno.
Le ginocchia cedettero, e si lasciò cadere sul pavimento, stringendo una delle magliette dei fratelli più piccoli, come se potesse trattenerne un ricordo.
<<Non ho salvato nessuno>> sussurrò, la voce persa in quella casa ormai vuota.
Con gli occhi appannati dalle lacrime, si rese conto che, come la casa, anche il suo cuore era un'ombra di ciò che era stato.

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La speranza che la spronava a cercare suo padre si affievoliva ogni giorno che passava.

Isabel girava tra le città, viaggiava senza sosta, fermandosi in luoghi abbandonati e malmessi, con una foto consumata di Clint stretta tra le mani e la voce ridotta a un sussurro stanco.
Ogni città era un pugno nello stomaco, un'ulteriore conferma che lui non era più l'uomo che lei ricordava.
Chiedeva agli sconosciuti, visitava mercenari e informatori, vagava per vicoli oscuri dove perfino il sole sembrava non volersi affacciare.
Ogni nuovo nome e ogni nuovo contatto si rivelavano solo altre porte chiuse.
Una sera, mentre si trovava in un bar affollato di voci vuote e risate amare, la ragazza appoggiò la testa sulle mani.
<<Sono stanca>> mormorò tra sé, la voce soffocata.
<<Papà... se ci sei... dammi un segno>>.
Ma anche quella sera, come ogni altra, ricevette solo silenzio.

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Alla base degli Avengers, Natasha si avvicinò lentamente a Isabel, che sedeva piegata su se stessa, persa nei suoi pensieri.

L'agente, per la prima volta in vita sua, non sapeva cosa dire.
Toccò delicatamente la spalla della minore, che alzò lo sguardo verso di lei, gli occhi stanchi e sfiniti.
<<Isa...>> cominciò la maggiore, con un sospiro pesante.
<<Ho trovato una traccia. Non è molto, ma potrebbe essere... lui.>>
Gli occhi della castana si accesero di una scintilla, ma Natasha si affrettò ad aggiungere, <<Lo chiamano Ronin ora. Non so se, trovarlo, ti darà la pace che cerchi. Ma non posso continuare a guardarti così.>>
<<Ronin?>> Isabel ripeté, confusa e dolorante.
<<Quello che trovi... non sarà il Clint che conosci, Isa>> disse la donna, abbassando lo sguardo, la voce incrinata.
<<Ma meriti di sapere>>.
Un fuoco nuovo ardeva negli occhi della ragazza.
Si alzò, con l'unica idea di ritrovarlo, costasse quel che costasse.
Un solo pensiero le echeggiava nella mente, come un battito costante: doveva vederlo. Un'ultima volta.

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Alla fine lo trovò, in un angolo oscuro di una città lontana.

Il suo corpo, un'ombra che si muoveva con letale precisione, sembrava quello di un fantasma. Clint stava combattendo, e Isabel si rese conto che il padre che ricordava non c'era più; rimaneva solo un uomo consumato dal dolore e dalla rabbia.
Quando l'ultimo dei suoi avversari crollò, la castana avanzò, fermandosi alle sue spalle.
<<Papà>>.
La voce le uscì fragile, come un sussurro spezzato.
Clint si voltò, e per un istante la ragazza vide il lampo di qualcosa di familiare nei suoi occhi.
Ma poi l'espressione tornò fredda, distante.
<<Non sei nemmeno venuto a cercarmi>> disse, la voce incrinata, i pugni stretti, combattuta tra rabbia e dolore.
<<Non ero abbastanza per te? Io... Io non sono mai stata abbastanza?>>
L'uomo abbassò lo sguardo, incapace di sostenerlo.
<<Isabel... Non puoi capire. Ho perso tutto>>.
<<Non tutto, papà! Ci sono ancora io. Noi... siamo rimasti solo noi>> mormorò, cercando di avvicinarsi.
Ma Clint si ritrasse, il dolore visibile nel suo sguardo.
<<Non cercarmi più, Isa. Non ho nulla da offrirti>> la voce del padre era bassa, come se quella decisione gli lacerasse l'anima.
Isabel rimase a fissarlo, incredula, e quando finalmente si lasciò andare, fu un urlo silenzioso di dolore e abbandono, mentre Clint si allontanava, lasciandola sola.

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Quando Isabel tornò alla base, distrutta, trovò Steve che l'attendeva.

Lui non disse nulla, e quando la vide crollare, le braccia della castana si strinsero al petto del capitano, come una bambina disperata.
<<Ho provato... ho provato a salvarli... ma non ci sono riuscita>>  singhiozzò, la voce spezzata, tremante.
<<E lui... anche lui mi ha lasciato>>.
Il biondo la strinse forte, lasciandola sfogare, sentendo il suo dolore come un'onda che lo investiva.
<<Isa... hai fatto tutto quello che potevi. Non sei sola, non ora.>>
Ma la ragazza continuava a piangere, inconsolabile, perché nessuna rassicurazione sarebbe stata sufficiente.
Dentro di lei c'era un vuoto che nulla poteva colmare.

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Una notte, Isabel decise di provare una cosa che non aveva mai tentato prima.

Si sedette in un angolo della base, chiudendo gli occhi e aprendo il cuore, spingendo i suoi poteri al limite per cercare le anime della sua famiglia.
Raggiunse lontano, espandendo ogni fibra di sé, cercando una traccia, un respiro, qualsiasi segno della loro presenza.
Il tempo sembrava fermarsi, il silenzio la inghiottiva, e la castana cercava disperatamente, con tutto il dolore che aveva in corpo.
Ma il vuoto le rispose, un'assenza così totale che le tolse il fiato.
Aprì gli occhi, sconvolta, e le lacrime ricominciarono a scorrere. S
i rese conto, con un dolore lancinante, che non c'era nulla da cui poterli richiamare.
Non c'era anima, né voce, né eco.
Erano semplicemente... spariti.
<<Non ci sono più>> mormorò.
Era sola.
Veramente, irrimediabilmente sola.

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