Dodici. Tredici. Quattordici.
Credi che si possa bloccare il tempo? A volte ho l'impressione di riuscirci. Fisso a lungo l'orario sulla schermata principale del telefono e sembra quasi che tutto si blocchi se mi concentro abbastanza...
Poi però, il minuto passa, il numero sullo schermo cambia e tutti riprende a essere come prima.
Erano passati cinque giorni, due ore, ventitré minuti e quindici secondi da quando io e Colin...
Ero sdraiata sul letto della camera che in teoria dovrebbe essere mia. Ma non è mia. Non la sento mia...
Mio fratello ha la camera affianco alla 'mia'. La camera di mia madre e di Shawn è al piano di sotto.
Il nuovo compagno di mia madre, Shawn, non si può minimamente paragonare a Aaron.
Il compagno di mio padre è intelligente, brillante e decisamente un bell'uomo.
Non so cosa mamma ci trovi in Shawn, non può essere minimamente paragonato a mio padre.
Il telefono squillò: Ed.
Ale e Ed si facevano sentire ogni giorno, continuavano a mandarmi il messaggio del buongiorno de della buonanotte. Come se nulla fosse cambiato.
All'inizio rispondevo, come quel giorno! Quel giorno risposi alla sua telefonata, poi però smisi...
-Hey Ale- lo salutai tentando di sembrare allegra.
-Hey- mi rispose lui -Come va?-
Quanto odio questa domanda...
Ti è mai capitato di star male? Ma male, così male da andare all'ospedale o quasi? Sai quando la gente ti chiede 'come va?' e tu non puoi rispondere 'Di merda, grazie!' Ma devi per forza rispondere 'eh, rispetto a prima mooooolto meglio' anche se non è vero? Ecco, nessuno risponde sinceramente a quella domanda!
-Tutto ok- risposi -Tu?-
-Bene- ma sentivo dalla sua voce che stava mentendo -Sai, tuo padre ieri è andato a scuola ad avvertire la preside del cambio di scuola, e lei era così dispiaciuta! Poi però ha detto che ora che non ci sei più tu, faranno entrare una nuova ragazza o un nuovo ragazzo, con tutte le richieste che hanno! Tu hai già sistemato con la nuova scuola?-
La nuova scuola...
-Scusa ora devo andare Ale, ci sentiamo poi-.
Non volevo una nuova scuola, non l'avevo mai voluta!.
Da allora smisi di rispondere al telefono.
Da allora le cose peggiorarono.
Io non riuscivo ad accettare Shawn e iniziai a odiare mia madre. E lei iniziò a odiare me.
Jackson non commentava, non gli interessava ciò che succedeva. Shawn continuava a fargli regali e a lui stava bene cosi.
Tutto precipitò quando sentì mia madre litigare al telefono con mio padre per il nostro cognome.
Voleva cambiare il nostro cognome!
-Non puoi!- urlai
-Tu non mi dici cosa posso o non posso fare!- nervosetta...
-Non è giusto!-
-Sai cosa non è giusto? Non è giusto che per colpo della mia figlia adolescente io non possa avere un compagno! Non possa cambiare città senza svegliarmi ogni mattina e litigare con lei perché non riesce a fare uno schifo di sorriso al mio ragazzo! Non è giusto che una ragazzina pensi di poter dire la sua! Tutta questo non è giusto! Tu non lo sei!-
Sobbalzai a quel commento è anche lei.
-Liz io...- provò a dire ma io mi allontanai dalla sua mano che si avvicinava
-Beh mi dispiace che tu mi abbia avuta, ma avresti in tal caso dovuto pensarci due volte prima di fare un figlio!-
Scappai in camera mia e chiusi la porta a chiave dietro di me.
In quel momento ricordai come mi ero sentita bene quando, dopo aver visto Colin baciare Sara, avevo vomitato. Era come se quel dolore me lo fossi meritato.
Corsi in bagno e mi piegai sul water, ma per quanto ci provassi non riuscivo. Il mio stomaco era vuoto. La mia testa scoppiava di pensieri negativi, di voci che una sopra l'altra ripetevano le parole di mia madre. Ripetevano tutto ciò che era successo quell'estate.
Aprì il cassetto sotto il lavandino e cercai alla rinfusa tra le cose rimaste qui. È già, perché prima era questa la camera di Shawn.
Nell'ultimo cassetto, il panico era ormai alle stelle. Volevo solo che stessero zitte! Dovevano solo stare zitte!
Nel cercare alla rinfusa nemmeno io so cosa mi tagliai un dito con qualcosa di affilato.
Quando trasalì e guardai il dito il dolore mi fece per pochi secondi smettere di pensare. Silenzio.
Vidi quel l'unica goccia di sangue scendere lungo il dito.
Poi le voci ricominciarono.
Forti. Persistenti.
E provai il bisogno di farlo ancora, e ancora.
Se il dolore era il modo per smettere di soffrire lo avrei sopportato. Sarei arrivata a desiderarlo.
Presi la lamenta infondo al cassetto e senza alcuna esitazione feci un taglio sul mio braccio.
Sangue. Dolore. Silenzio.
Ne feci un altro quando il rumore ricominciò.
Sangue. Dolore. Silenzio.
Continuai così per un po'.
Finalmente avevo trovato il mio modo di sopravvivere.
Passarono due settimane, la scuola sarebbe incominciata non prima del 24 di settembre.
In quelle settimane ci fu anche il giorno del mio compleanno.
Non lo festeggiai.
Ripensai a quando avevo detto di volere per quel giorno esattamente la serata che passammo tutti insieme sul terrazzo di quella casa con tutti i miei amici.
Lo passai chiusi in camera.
Non smisi mai di tagliarmi in quei giorni.
La testa: un casino. Ma sotto con trillo.
Le braccia: sfregiate da tagli Rossi.
Il cuore: fermo. Non batteva più. Freddo e duro come un pezzo di ghiaccio.
Avevo anche smesso di litigare con mia madre.
I vivi litigano, si battono per le proprie idee.
Il mio cuore non batteva più. Non ero più viva. Non avevo più idee per cui battermi.
Il telefono mi cadde accidentalmente per terra. Si ruppe.
Shawn me ne comprò uno nuovo.
Credi che il mio modo di pensare sia troppo schematico? Beh, il mio modo di vivere lo era: mi alzavo. Mi infilavo una maglietta a maniche lunghe e un jeans. Facevo colazione. Solo un bicchiere di succo, per farmi vedere da mia madre. Tornavo a letto.
Avevo perso peso. Le mie guance tonte ora mostravano i miei zigomi alti. L'asso me iniziava a mostrare le costole.
Iniziai a indossare solo felpe larghe. Nessuno avrebbe visto come mi ero ridotta. Anche se in realtà, non mi importava degli altri.
Ero io a non voler vedere come mi ero ridotta.
E poi... Successe.
Duramente una cena i stavo come al solito mangiando quel poco che riuscivo a inghiottire.
-Lizzy, sono preoccupata per te- disse mia madre -Mangi davvero troppo poco-
-Sto bene- dissi solo. Rispondevo così a tutti. Mentivo così a tutti-.
-Certo ma... È quello che diavolo è?- seguì il suo sguardo: la mia manica si era leggermente alzata.
Non ho intenzione di raccontarti tutta la cena perché non la ricordo.
Mia madre vide i tagli.
Quando la guardai negli occhi mi accorsi del disgusto nel suo sguardo.
Disgusto verso di me per essermi ridotta a questo.
Disgusto verso se stessa per aver creato me. Per aver creato questo.
In quel momento rividi lo sguardo di Colin. Il primo sguardo che ci scambiammo. Quel l'azzurro intenso che mi fissava.
Tentai di ricordare la mia vita prima di lui. Solo ricordi vaghi, nulla di che...
Ricordai poi l'ultimo sguardo che mi aveva rivolto.
Tutto era iniziato con lui. Anche senza volerlo, aveva preso la mia vita in pugno e in un battito di ciglia, un bacio a fior di labbra me la aveva rubata-
Piace mi guarda senza dire nulla.
Rimaniamo così per non so quanti secondi.
Sono sicura che il mio volto in mostri alcuna emozione.
-E poi?- mi chiede infine.
-E poi eccomi qui- mi volto di nuovo verso il telefono.
Lei rimane in silenzio. Sono consapevole del suo sguardo su di me.
-Le... Le braccia...?-
Senza guardarla alzò la manica mostrandole i segni ormai sbiaditi sul mio braccio. La sento trasalire.
-E Colin?- mi chiede cauta.
-Non lo so-.
Guardo l'orario: l'ora è passata.
Mi abbasso la manica e mi alzo in piedi avviandomi verso la porta.
-Dove...dove vai?- mi chiede. L'ho scioccata.
-Il nostro tempo è finito. Guarda l'orologio- esco e mi fiondo nella macchina di mia madre ma solo dopo aver attaccato le cuffie.
Non accendo nemmeno la musica.
La sento chiedermi come sto. Non le rispondo.
Come sto non ha più importanza.
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Live || #Wattys2016
أدب نسائيPensavo che mi stesse salvando, e invece mi ha spinto ancora più giù... Sara aveva ragione, gli scrittori non scrivono mai romanzi rosa tra un bravo ragazzo e una cattiva ragazza perché non può esistere un lieto fine per loro... Ed io che pensavo di...