-Lizz... Che succede?- mi chiede Aaron.
-Dovresti riuscire a scoprire una cosa per me...- inizio lentamente cercando di riordinare le idee.
-Spiegati- mi dice risoluto
-Io...devi scoprire se mio padre è a conoscenza di una cosa-
-Una cosa? Spiegati per bene Liz, di che parli?-
Io sbuffo pesantemente-Devi scoprire se mio padre sa che io vado da...- faccio un respiro profondo -Da una psicologa-
-Che cosa?!- sbraita lui -E perché vai da una psicologa?-
La sua voce si è fatta preoccupata.
-Io... Non posso dirtelo Aaron- faccio fatica già a pensare di parlarne con mio padre... -Senti, negli orari in cui potrei parlare con lui sono tutti a casa e il rischio è troppo alto, e nelle restanti ore io ho da fare e lui è a lavoro. Non voglio parlarci se sa già tutto ma... Devi farmi questo favore Aaron-
-Lizzy- lo sento prendere un respiro profondo -Mi stai facendo preoccupare ora, spiegami tutto per bene o giuro che vengo a San Francisco!-
-No, no, senti, non poso dirti il perché ma tu...-
-Lizzy con chi parli?- mia madre si sta avvicinando.
Merda...
Non mi accorgo di aver imprecato ad alta voce finché non sento la voce preoccupata di Aaron -Lizzy, che succede?!-
-Aaron, devo andare. Per favore cerca di scoprire qualcosa-
-Liz aspett...- chiudo la chiamata e mi getto sotto le coperte.
Mia madre entra in camera -Lizzy con chi parlavi?-
Io faccio finta di essere sorpresa spostando lo sguardo pieno di finto interessa dallo schermo del telefono a lei -Niente Ma', guardavo un video su YouTube- muovo il telefono in aria a mo di spiegazione.
-Senti dei mormorii così ho deciso di controllare...- mi dice -Va tutto bene Liz? Com'è andata oggi?-
-Tutto ok- dico forse troppo velocemente.
Lei sembra notare ma decide di lasciar perdere -Ok, allora... Vado..- presa in contropiede esce dalla stanza chiudendo la porta.
Tiro un respiro di sollievo anche se in realtà resto con fiato sospeso. Ora devo solo aspettare.
È risaputo però che non si può trattenere il fiato all'infinito.
Io stessa non resisto a lungo in apnea.
La mattina seguente trovò un Aaron molto arrabbiato fuori dal cancello di scuola e iniziò a sentire quel familiare dolore al petto. Sono al limite, non posso trattenere il respiro ancora lungo.
-Aaron- lo chiamo con voce flebile.
-Liz- lui mi corre in contro guardando prima a destra poi a sinistra.
-Sono sola, mamma e Shawn sono già a lavoro e Jackon è a scuola- non faccio in tempo a finire la frase che Aaron mi abbraccia.
-mannaggia a te, mi hai fatto venire un infarto ieri sera...-
-ma che ci fai qui?- gli chiedo rimanendo però abbracciata a lui.
-Te l'avevo detto che se non mi avessi spiegato tutto per filo e per segno sarei venuto a San Francisco-
-Ma come...?-
-Ho viaggiato questa notte- mi spiega
-E con mio padre?-
Gli chiedo preoccupata
-Tranquilla, gli ho detto di avere un emergenza lavorativa...-
Di colpo mi rattristo. È colpa mia...
-Hey, che succede?- mi chiede prendendomi il mento tra le mani e facendomi alzare il volto. Cercando di incrociare i miei occhi.
-È colpa mia. Stai mentendo a mio padre per colpa mia- gli dico
-No- mi dice. Il suo tono di voce è estremamente duro -Non darti colpe che non hai. È stata una mia scelta venire qui quindi basta con queste sciocchezze- mi stringe a se e mi dà un bacio sulla tempia.
-Ora- mi prende la mano e inizia a camminare -Andiamo-
-Andiamo? E dove?- gli chiedo -Io ho lezione oggi-
-Beh, vuol dire che salterai la scuola per oggi- mi sorride
-E... È la giustifica che dovrò portare domani?-
Lui mi guarda -Tesoro, se la cosa è seria quanto credo che sia non ti dovrai più preoccupare di questo posto domani- mi dice Aaron riprendendo a camminare.
Io lo seguo.
Arrivati in un bar relativamente vicino la scuola io prendo una spremuta mentre lui un cappuccino.
Aaron prende il cucchiaino e lo gira al contrario mettendo nel palmo la parte arcuata.
-Che fai?- gli chiedo e lui con un sorriso enigmatico prende la bustina di zucchero e ne versa un po' sulla parte finale del manico, poi lo versa in un punto ben preciso e continua così fon quando mi avvicina la tazza e sulla schiuma, con un tratto scuro dettato dallo zucchero due cuori intrecciati.
-Wow...- dico in un sospiro
-È la stessa cosa che disse tuo padre la prima volta che lo vide- mi sorride -Ora sta a guardare.
Si alza e va al bancone del bar. Parla con barista che sul momento fa una faccia stranita poi alza le spalle e gli passa un contenitore di metallo.
Lui si siede, unifica i due cuori rendendole due macchie scure nel dorato del caffè e inizia a versare qualcosa dal contenitore. Nuove la mano su e giù. Avanti e indietro.
Quando ha finito mi riavvicina la tazza ora vi è un disegno di una foglia. È davvero fantastico.
-Ahh eccolo!- sorride indicando il mio volto.
-Che cosa?-
-Quel sorriso. Quando tuo padre è giù o preoccupato faccio questo per lui cambiando disegno ogni volto ed ecco lo che sul suo volto si apre lo stesso sorriso che hai tu ora. Un sorriso sincero dettato da qualcosa di semplice-
Le sue parole mi fanno sorridere e mi fanno stare... Bene!
-Allora, raccontami tutto- dice e prende un sorso dal suo cappuccino.
-Non è semplice- giocherello col giaccio infondo al mio bicchierino oramai vuoto di spremuta con la cannuccia.
-Non mi aspetto lo sia-. Un altro sorso.
Scoppiò a ridere
-Cosa succede?- e io rido più forte.
-Sei invecchiato di colpo?- lui mi guarda con aria interrogativa con ancora la tazza a mezz'aria.
Col telefono gli faccio una foto e gliela mostro. Il latte ha lasciato sul suo bel volto dei baffi bianchi.
Lui guarda la foto e sta al gioco.
Si prende il mento nell'incavo tra indice e pollice con versi di apprezzamento mentre si mette in posa -Beh devo dire che mi donano- io rido ancora più forte.
-Dai, sbrigati- mi incita e si pulisce con tovagliolo.
Io faccio un respiro profondo.
-Aaron devi capire che per mettere era un periodo molto complicato...-
-Arriva al punto piccolina, non mi spaventerò-
Io lo guardo e senza pensarci due volte mi alzo le maniche della felpa e gli mostrò i tagli sul braccio.
Non riesco a guardarlo negli occhi ma lo sento trasalire. Poi silenzio.
Rimango così, con le braccia scoperte e poste davanti a lui.
-Oh, Lizzy...- gli trema la voce e quando mi sfiora e segni orami bianchi sussulto ma non lo guardò.
-Guardami piccolina- mi dice tenendomi i polsi tra le mani.
Esito ma poi lo guardò: ha gli occhi lucidi.
-Tuo padre non sa nulla Liz, nulla- mi dice poi si avvicina i miei polsi alle labbra e li bacia -Andrà tutto bene- mi dice. Poi si alza e viene a sedersi accanto a me.
Mi stringe a se facendomi poggiare le gambe sulle sue. In quell'abbraccio mi lascio mi lascio andare e piango silenziosamente tutte le lacrime trattenute fin ora.
Dopo Aaron esce un attimo fuori dal locale e chiama mio padre. Non so cosa gli dica.
Quando rientra mi guarda e mi dice -Tuo padre arriverà nel pomeriggio, tu torna a casa e tieniti pronta a dirgli tutto chiaro? Tutto-
Sento il mio battito aumentare. Tutto.
-Io...-
-Liz- io lo guardo -Tutto-
Annuisco.
-E tu?- gli chiedo
-Io tornerò in hotel e mi preparerò alla sfuriata che tuo padre mi farà quando arriverà qui- ha lo sguardo preoccupato mentre dice queste parole ma lo dissimula in fretta.
-Forza ora-.
Quando rientro, la casa è deserta.
L'orologio a pendolo del salito scandisce il passare dei secondi prepotente.
Tieniti pronta a dirgli tutto.
Sono capace?
Salgo in camera e con le cuffie infilate e la playlist pop attiva mi stendo sul letto e lascio che le ore passino.
Terza canzone: torna mamma. Sale in camera e mi chiede come va, faccio finta di dormire.
Quinta canzone: torna Shawn e va con mamma a prendere Jacson.
Sesta canzone: torna Jackson
È ormai la terza volta che devo cambiare Playlist quando mi arriva un messaggio:Aaron.
Sta arrivando.
Due semplici parole. Così tanta ansia...
In meno di venti minuti sento la porta di casa aprirsi e chiudersi violentemente.
Papà spalanca la porta.
Mi abbraccia, mi bacia. È preoccupato e arrabbiato.
Mia madre entra nella camera: è dispiaciuta.
E mentre 'The sound of silence' continua con le sue parole i miei litigano.
Ad un certo l'unto papà mi prende un braccio e tira su la felpa. Mi madre scoppia a piangere e si copre la bocca con le mani.
-Sei ossessionata dalla tua vita perfetta che non ti interessa di come sia la vita degli altri!- mia madre continua a piangere ed esce dalla stanza.
-Vieni tesoro, mettiti le scarpe- mi passa le Nike blazer bordeaux e si avvia verso la macchina.
Jackson sale nel sedile posteriore, io in quello anteriore.
-Ti metterò contro i migliori avvocati d'America! Stanne certa!- sale in macchina e mette in moto
Jackson chiede cosa succede ma la gli dice di fare silenzio. Chiama il suo avvocato e lo avverte di quanto successo dicendole che troverà una mail sulla motivazione del suo scatto d'ira.
Quella sera ci fermammo in Hotel, saremmo partiti la mattina.
Papà prende una Suite con un unico letto gigantesco.
-Deco uscire un attimo per fare una chiamata- esce dalla camera da letto mentre io e Jackson siamo pronti per dormire.
-Lizzy, che succede?- mi chiede il mio fratellino, io lo abbraccio da dietro coccolandolo
-Niente Jackson, dormi ora- e in pochi minuti il bimbo è già le mondo dei sogni.
Mi avvicino alla porta e sento mio padre sbraitare -Non me ne frega un cazzo di ciò che ti ha chiesto! È mi figlia avresti dovuto... No! Non funziona così! Non ti saresti dovuto permette cazzo!... Non... Non lo so- ha un attimo di esitazione e di tristezza nel pronunciare quella frase -Non...- si accorge di me che sbirciò e si interrompe -Ora devo andare- chiude la chiamata.
Io arretro e mi siedo sul bordo del letto.
-Perché non sei a letto?- mi chiede e si toglie l'orologio dal polso poggiandolo sul comodino.
Io non gli rispondo.
-Mi piace questo completo- dico indicando la giacca nera e là camicia bianca.
Lui in poco tempo si cambia rimanendo a torso nudo con un pantalone della tuta.
-A letto- mi dice e io m infilò sotto le coperte.
Papà chiude le tende e si stende dietro di me abbracciandomi.
-Che cosa ci è successo?- chiede più a se stesso che a me.
-Papà, Aaron...- lo sento sospirare.
-Lizzy, racconta- questa volta sono io a sospirare.
Faccio mente locale e mentre papà mi abbraccia e Jackson si rannicchia contro di me iniziò il racconto. Sentendoli finalmente al sicuro tra gli uomini che più amo al mondo e che, ne sono certa, non mi farebbero mai del male.
Mentre parlo sento le lacrime di mio padre scivolarmi sul collo mentre mi tiene stretta, sento il suo respiro rotto.
-Scusami Lizzy- mi dice alla fine -Mi dispiace, avrei dovuto accorgermi che non stavi bene, avrei dovuto aver cura di te e di tuo fratello-.
-No papà- lo blocco mentre inzuppo il cuscino di lacrime -Scusami tu-.
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Literatura FemininaPensavo che mi stesse salvando, e invece mi ha spinto ancora più giù... Sara aveva ragione, gli scrittori non scrivono mai romanzi rosa tra un bravo ragazzo e una cattiva ragazza perché non può esistere un lieto fine per loro... Ed io che pensavo di...