Mi chiamo Alyson Miller ho 16 anni e vi racconto di quel fatidico giorno dalla quale tutto ebbe inizio: mi ero appena trasferita in Georgia. I miei genitori si separarono e mia madre decise di portarmi con sé, anche se avrei preferito restare in Florida.Appena arrivammo mi buttai sul letto senza nemmeno aprire uno scatolone per sistemare la mia roba, ero così stanca e il giorno dopo sarei dovuta andare a scuola, ed io odiavo la scuola...
Primo giorno alla nuova scuola: avrei preferito morire. Non conoscevo nessuno e i nuovi arrivati erano sempre quelli più presi di mira dai bulli. Appena arrivai andai nell'ufficio del preside, per sistemare delle carte, poi andai in classe. La lezione era già iniziata e la professoressa, mi sembra fosse quella di storia, mi disse di presentarmi e così feci, poi mi disse di sedermi all'ultimo banco, accanto ad un ragazzo di nome Christopher, rimase in silenzio per tutto il tempo.
Finite le lezioni, uscii dalla classe e mi recai al mio armadietto per posare i libri e lì mi si avvicinò un gruppo di ragazzi e quello che sembrava essere il loro capo disse:<< Tu dovresti essere la nuova arrivata. Ciao, io sono Luke e sono qui per darti il benvenuto. Sai come diamo il benvenuto ai nuovi arrivati qui?>>
Mi sorrise e sembrò quasi strano, lo guardai e risposi:<< No, non lo so.>>Luke fece segno ai suoi amici che mi sbatterono contro l'armadietto poi mi diedero un pugno nello stomaco e caddi a terra. Mentre stavo per rialzarmi spuntò Christopher avanti a me e disse ai ragazzi:<< Lasciatela stare. Avete il coraggio di mettere le mani addosso ad una ragazza, fate schifo. E voi vi ritenete uomini?>>
Mi alzai e prima che uno di quei ragazzi potesse dargli un pugno mi misi avanti a lui e prima che potessi dire qualcosa presi quel pugno dritto su un occhio. Il preside sentendo il caos, venne a controllare e vide che Luke mi tirò il pugno e portò sia me che lui nel suo ufficio; entrammo e gli chiese spiegazioni, ma lui non rispose così le chiese a me ed io dissi:<< Mi stava dando il benvenuto.>>
Non avevo paura di lui, né del suo gruppo, mi facevano solo tanta pena, perché per picchiare una ragazza e sentirsi fighi bisogna essere davvero stupidi. Il Preside decise di punirlo e lo sospese per tre giorni dandogli delle faccende da svolgere in questi tre giorni. Appena uscii dall'ufficio del preside, fuori, c'era Christopher ad aspettare. Feci finta di non vederlo e mi avviai per tornare a casa, ma lui corse per raggiungermi. Con tono quasi arrabbiato disse:<< Perché ti sei messa avanti quando Luke stava tirando il pugno?>>
Fui arrogante:<< Non c'è di ché, è cosa di tutti i giorni prendere un pugno al posto di un ragazzo per evitargli un occhio nero. Ho pensato ora mi faccio fare un occhio nero, magari mi dona...>>
Christopher sbuffò:<< Non ti dona per nulla. Fai anche la presuntuosa, a saperlo non mi mettevo in mezzo, li lasciavo darti il benvenuto come si deve.>>
Stava andando via, ma ci ripensai, lo raggiunsi e dissi:<< Hai ragione, scusa... È che pensavo che trasferendomi le cose sarebbero cambiate e visto che so cosa potrebbe succedere evito di avere amici così minimizzo le vittime. Ora se la prenderanno anche con te e mi dispiace.>>
Christopher si fermò e si voltò verso di me:<< Non credo che avresti potuto evitarlo, sono ormai due anni che mi hanno preso di mira...>>
Abbassai il viso e con tono dispiaciuto dissi:<< Ah... mi dispiace. Ma perché lo fanno? Sempre se non ti dispiace raccontarlo.>>
Christopher abbassò lo sguardo, riprendemmo a camminare insieme ed iniziò a parlare:<< Due anni fa mia madre morì in un incidente e mio padre decise che dovevamo trasferirci in una nuova città e ci trasferimmo qui. Appena arrivai mio padre mi iscrisse in questa scuola, mentre decise che mia sorella avrebbe dovuto avere un periodo di riposo, la morte di mia madre l'aveva devastata... erano in macchina insieme quel giorno e stavano andando a comprare un vestito per il suo sedicesimo compleanno. Ogni giorno quando uscivo da scuola correvo per tornare a casa e un giorno, per sbaglio, urtai uno di loro che mi disse "Dove vai così di corsa?" io non risposi e iniziarono a picchiarmi. Appena riuscii a liberarmi corsi a casa, ma era troppo tardi...>>
Eravamo fermi fuori casa mia ed iniziò iniziò a piangere, così mi avvicinai di più a lui e lo abbracciai. Andammo a sederci su una panchina nel parco di fronte casa mia. Restammo in silenzio per un po', ma poi decisi di rompere il silenzio:<< Christopher per cosa era troppo tardi?>>
Christopher singhiozzando rispose:<< Sai perché correvo sempre per tornare a casa? - scossi la testa - Avevo paura che mia sorella potesse suicidarsi... Quel giorno feci tardi e trovai il suo corpo senza vita nella vasca da bagno piena di sangue, chiamai un'ambulanza ma era troppo tardi ormai. Ho perso le due donne più importanti della mia vita in così poco tempo...- Non sapevo cosa dire, abbassai la testa e notai i tagli sui suoi polsi. - Sai da quel giorno smisi di correre per tornare a casa, non ce n'era più motivo e quei ragazzi continuarono a picchiarmi e io li lasciavo fare perché pensavo fosse giusto per mia sorella. È solo colpa mia se si è suicidata, avrei dovuto parlare con lei, avrei dovuto spiegarle che non era colpa sua se mamma era morta, ma non lo feci perché ero solo uno stupido ragazzino di 14 anni che non sapeva cosa dire, ho pensato perfino di raggiungerla...>>
Lo interruppi:<< Smettila di darti la colpa. Non è stata colpa tua, non credo che tua sorella sia felice di ciò che stai facendo. Lei non vorrebbe che tu ti distrugga così e non penso che lei voglia che tu pensi che sia colpa tua, come tu non volevi che lei pensasse che fosse colpa sua se vostra madre fosse morta e penso anche che tagliarti non sia una cosa che la renda fiera di te, so per certo che non vorrebbe che butti la tua vita così, c'è chi vorrebbe una vita ma non può averla e tu vorresti sprecare la tua così? Sei proprio un'egoista...>>
Quella storia mi colpì così tanto, ma fui anche così ferita da quelle parole, fu solo un'egoista. Una lacrima cadde sul mio viso ma l'asciugai prima che potesse vederla:<< Ma perché te la prendi così? Del resto, non sai cosa vuol dire perdere una persona...>>
Cosa ne sapeva lui di me? Cosa ne sapeva se avevo perso o no qualcuno? Niente, lui non ne sapeva niente. M'infuriai:<< Stai dicendo sul serio? Non mi conosci nemmeno e ti permetti di dire che io non so cosa vuol dire perdere una persona? Ah, bel modo che avete qui per fare amicizia...>>
Mi alzai e andai verso casa mia, ma lui mi prese per il braccio, mi tirò a sé e mi abbracciò. In quel momento iniziai a piangere, non riuscivo a smettere. Tra quelle braccia mi sentii davvero protetta, come non mi sentivo da tempo ormai, avrei voluto restare tra le sue braccia per sempre:<< Scusami, davvero, non ho pensato prima di parlare e non avrei voluto ferirti... Sono uno stupido, mi dispiace. Ti va di raccontarmi cos'è successo?>>
Mi asciugai le lacrime e tornammo a sederci sulla panchina. Presi un gran respiro, come per prendere coraggio, poi dissi:<< Sei mesi fa mio fratello scoprì di avere la leucemia. I medici dissero che ci sarebbero state ottime possibilità di guarire completamente se io fossi stata compatibile e dissero che c'era un'ottima probabilità di compatibilità visto che eravamo fratelli, ma... ma non fu così, non ero compatibile. Mi sentii così inutile... Mio fratello disse che non era successo nulla, che per lui restavo sempre la sua principessa e la ragazza più importante della sua vita. Ha continuato a combattere ma non ce l'ha fatta e tre mesi fa è morto, avrei voluto che vivesse di più, avrei voluto essere io al suo posto e avere la leucemia. Perché non mi bastava perdere mio fratello, dovevo perdere anche i miei genitori. Dopo che è morto per i miei genitori non esistevo più. Era diventato così oppressivo stare in casa che di sera uscivo e tornavo il mattino seguente, ma loro non si accorgevano di nulla, una sera mio padre vide i tagli sui miei polsi e disse che facevo bene a farlo, che non servivo a nulla, che era colpa mia se Jaick era morto. Odiavo così tanto me stessa, che non permettevo a nessuno di legarsi a me. Però poi un giorno stavo in camera di mio fratello e trovai uno scatolino con un bigliettino "Per la mia piccola principessa Alyson" L'aveva scritta due giorni prima di morire.>>
Smisi di parlare, mi bloccai, così Christopher disse:<< Ti va di dirmi cosa c'era scritto nella lettera?>>
Presi la lettera dal mio portafoglio e gliela porsi. Mi guardò e mi sorrise, poi disse:<< Ti va di leggermela?>>
Presi la lettera ed iniziai a leggere:"Cara Alyson,
sei cresciuta moltissimo, anche se resti comunque la mia piccola principessa. Non potrò vederti crescere, non potrò esserci quando starai male, o almeno non fisicamente. Voglio che tu sappia che la colpa non è tua perché so che ti starai dando la colpa dato che il midollo non era compatibile, ma credimi, non è così. Mi dispiace solo di averti lasciata da sola con mamma e papà. Io sono rimasto e ho continuato a combattere solo per te, altrimenti sarei andato via o mi sarei lasciato andare prima, ma non volevo vederti soffrire e ora starai sicuramente soffrendo per me, ma non farlo io starò benissimo dove starò. Voglio che tu apra questo scatolino e prenda la collana che c'è all'interno e ogni volta che sei triste, che c'è qualcosa che non va, che vuoi parlare con qualcuno, che ti manco, ma soprattutto ogni volta che desideri morire stringi forte questa collana ed io sarò lì, accanto a te e pensa che c'è chi vorrebbe vivere ma che non ha la possibilità di farlo o che c'è chi sta peggio, anche se so che sarà difficile.Ti voglio bene principessa mia.
Il Tuo principe Jaick."Porto Sempre la lettera con me, nel caso in cui abbia bisogno di sentirmi dire di nuovo quelle parole.>>
Christopher mi sorrise di nuovo:<< Cosa ti ha portata qui?>>
Sospirai, poi risposi:<< Il mese scorso i miei genitori si sono separati e si sono ricordati di avere una figlia, così il giudice ha chiesto loro di scegliere chi volesse tenermi con sé e mia madre ha deciso che sarei dovuta venire qui con lei, anche se continuo a pensare che non le importa nulla di me...>>
Christopher mi abbracciò:<< Scusa se ho detto quelle cose, non sapevo che avessi perso tuo fratello.>>
Sorrisi:<< Non preoccuparti. Solo che... che dovresti iniziare ad apprezzare la vita o almeno provarci.>>
Mi prese le mani e rispose:<< Potremmo provarci insieme se ti va.>>
Risi:<< E chi ti dice che io non apprezzo la mia vita?>>
Mi alzò la manica della maglietta:<< I tagli sui tuoi polsi, il sorriso falso che mostri a tutti, l'allontanare le persone.>>
Provai a mentire, ma sapevo che sarebbe stato un fallimento:<< Il mio non è un sorriso falso e io non allontano le persone e questi non sono tagli sono graffi. È stato...il mio gatto.>>
Lui rise:<< Credi che non abbia visto i tuoi occhi? I tuoi sono gli occhi più tristi che io abbia mai visto. Puoi mentire a chi vuoi con quel sorriso, ma non a me. E se io ora ti dicessi che i miei non sono tagli ma sono graffi del mio gatto ci crederesti? Credo proprio di no, poi se mi fai vedere questo gatto potrei anche cominciare a crederci. E quando ti aspettavo fuori l'ufficio del preside mi hai visto, ma sei andata via lo stesso, hai perfino fatto la presuntuosa sperando che io andassi via e ti lasciassi in pace, ma non l'ho fatto perché penso che tu abbia bisogno di aiuto ed io vorrei aiutarti.>>
Abbassai il viso:<< Hai ragione, però non sono io quella che ha bisogno di aiuto, ma tu. E lascerò che tu mi aiuti solo se lascerai che io ti aiuti.>>
Christopher annuì. Vidi l'orario ed era tardissimo:<< È tardissimo, dovrei andare. Magari ci vediamo domani a scuola.>>
Ci alzammo:<< A domani allora.>>
Prima che me ne andassi si avvicinò a me e mi abbracciò. Mi tenne così stretta che sembrava mi stesse dicendo addio e pensai che sarebbe stato meglio riaccompagnarlo a casa. I suoi abbracci mi facevano sentire al sicuro, come se tra le sue braccia nessuno avrebbe potuto farmi del male. Presi fiato, poi dissi:<< Dai ti accompagno a casa.>>
Christopher rise:<< Casomai io accompagno te.>>
Provai ad insistere:<< No, dai, ti accompagno io. Tanto io abito qui vicino.>>
Ma lui rispose:<< Anche io abito qui vicino. Poi è l'uomo che accompagna la donna.>>
Alla fine, mi arresi e lasciai che mi accompagnasse a casa, uscimmo dal parco e proprio di fronte si trovava casa mia, così mi fermai:<< Sono arrivata. È qui che abito io.>>
Christopher sorrise:<< È stato davvero un piacere conoscerti.>>
Sorrisi:<< Il piacere è stato tutto mio.>>
Aspettò che entrassi in casa, poi andò via. Appena rientrai vidi mamma che mi stava aspettando in cucina:<< È questa l'ora di tornare? E cosa ti è successo all'occhio?>>
Avevo dimenticato l'occhio nero. Cercai di mentirle:<< Niente sono sbattuta contro la porta. Scusa per il ritardo ma non riuscivo a ricordare la strada di casa, alla fine mi sono ritrovata nel parco qui di fronte.>>
Mamma era abbastanza furba e quindi capì subito che avevo mentito:<< Pensi che io creda a tutte queste bugie?>>
Sbuffai:<< Hai ragione, scusa. Per difendere un ragazzo che mi stava difendendo, un ragazzo più grande mi ha dato un pugno sull'occhio, ma poi il preside l'ha sospeso. Ho fatto così tardi perché mi sono fermata al parco di fronte a parlare con il ragazzo che ha cercato di difendermi, si chiama Christopher, abita qui vicino.>>
Mamma fu subito maliziosa:<< Ti piace questo ragazzo?>>
Risi:<< Mamma, ma che domande... certo che no. Non lo conosco nemmeno.>>
Andai in camera mia e mi misi a studiare, poi decisi che avevo solo bisogno di dormire. Dormire ti permette di non pensare e non pensare equivale a non stare male ed io ero stanca di stare male.
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Storia di due angeli.
عشوائيMi chiamo Alyson, sono una ragazza di 16 anni che si trasferisce in Georgia, lasciandosi alle spalle un passato brutto, quasi oscuro... Conoscerò un ragazzo, Christopher, alla quale mi legherò tantissimo. M'innamorerò, forse... Sarò mai capace di am...