Goodbye

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America's pov


-E' tutto troppo facile. Qual'è il trucco? Mi vuoi ammazzare? E' un modo per farmi fuori?-
Justin e io stavamo risalendo il pendio della collina, ed era dannatamente difficile stargli dietro e contemporaneamente parlare. In più, sembrava quasi che lui aumentasse il passo per far si che io mi stancassi e la smettessi di parlare.
Ma io non demorsi.
-Allora? Si può sapere cos'hai in mente? Mi rispondi, dannazione?!- lo presi per un braccio e lo feci girare verso di me. Questo gesto sembrò farlo scoppiare, tanto che indietreggiai quando si voltò verso di me con la mascella contratta, i pugni chiusi lungo i fianchi.
Ora ci trovavamo nel boschetto nel retro del rifugio, infatti quando indietreggiai sbattei la schiena contro il tronco di un albero.
Mi sentivo imprigionata e confusa dal comprotamento di Justin. Ero così arrabbiata e delusa che volevo solo andarmene, ma poi lui sembrava così perso come in quel momento, sembrava quasi che stesse combattendo una battaglia interiore così intensa che io potevo solo guardare i pezzi della sua anima staccarsi a mano a mano.
-Sono malato, America. Sono fottutamente malato, lo so- si lecco il labbro inferiore e si appoggiò con il braccio al tronco dove ero appoggiata io fino a qualche minuto prima. Mi ero allontanata da lui, ero spaventata, e ciò sembrava averlo colpito. Guardò il punto del tronco dove la mia schiena era appoggiata e abbassò lo sguardo. Non seppi decifrare quell'atteggiamento, ma quando mai ero riuscita a farlo?
-Sono un malato mentale del cazzo- ripetè, poi rise, una risata amara -Ci credi se ti dico... che quando ero in fin di vita settimane fa... ho visto Beth?- continuò a ridere, stavolta più forte -Dio, non so neanche perché te lo sto dicendo...- Si appoggiò completamente con la schiena all'albero e vi appoggiò la testa.
Spalancai la bocca. Questa reazione non me l'aspettavo proprio. Non mi sarei aspettata neanche una confessione del genere da parte sua, ma il fatto che lui si stesse lasciando andare... proprio con me, mi faceva sentire stranamente bene.
-Sono quasi sicuro di aver avuto un'allucinazione, o forse ero davvero in punto di morte, non so... ma mi ha detto di andare avanti. Dio... era così bella...- Mi guardò. I suoi occhi erano scuri, completamente, sommerso nei ricordi e sommerso dalla pazzia. Non erano normali quegli occhi, e cominciavano a spaventarmi sul serio.
-Mi disse di andare avanti... con te-
Sussultai e mi misi una mano sulla bocca subito dopo. Non stava affatto bene, e la faccenda del tornare a casa era ormai passata in secondo piano.
-Justin, forse è meglio se entriamo...- dissi, facendo un passo timoroso verso di lui.
Lui non mi permise di avvicinarsi, allungò il braccio e io non mi azzardai a fare un'altro passo.
-E io sto cercando di ascoltarla...- disse, per poi strisciare lungo il tronco e sedersi a terra, con la testa tra le mani.
-Ti voglio disperatamente, sempre, da quando ti ho vista per la prima volta, e prima che rischiassi di morire ogni volta che ti baciavo era un pugno allo stomaco perché sentivo di fare un torto a Beth...-
Le mie  gambe stavano per cedere. Mi inginocchiai di fronte a lui e appoggiai i palmi sul terreno, per trovare sostegno.
Alzò lo sguardo e mi guardò. -Quando Beth mi disse che era tutto ok, che era il momento che andassi avanti, desideravo baciarti ancora più di prima... e quando finalmente ti ho baciato, c'era quella voce dentro di me che... che mi diceva che ero un fottuto egoista del cazzo, che pensavo solo al mio piacere personale, e che se mi fossi lasciato andare di nuovo avresti fatto la stessa fine di Beth, e io non voglio.-
I suoi occhi erano pece, le sue guance erano rosse e dalla fronte grondava qualche goccia di sudore.
Ero completamente persa in quello spettacolo quasi spaventoso ma meraviglioso allo stesso tempo.
Non volevo più tornarmene a casa, non dopo tutto questo.
Sentii una lacrima rigarmi la guancia. Justin la vide, e per qualche momento sembrò deciso sul fare qualcosa ma poi rimase fermo. Lì capii: non voleva toccarmi.
Voleva prendere le distanze per paura che finissi come Beth.

-Justin... io posso aiutarti...- cercai di dirgli, allungando una mano verso di lui, ma si allontanò. Si alzò in piedi e scosse la testa.
Questo suo ennesimo rifiuto deluse, e mi sentii per l'ennesima volta umiliata. Ma avevo capito le sue intenzioni, e non erano a scopo perfido. Lo faceva per me.
-No, non hai capito un cazzo di quello che ti ho detto? Ti riporto a casa, America. Fatti una vita che si possa chiamare tale, lontana da me e lontana da tutto questo!- ora era cambiato completamente. Era arrabbiato e terribilmente serio.
Mi alzai a mia volta con foga e mi avvicinai a lui, puntandogli il dito contro: -E me lo dici ora, dopo avermi baciata e soprattutto dopo esserti confessato in quel modo?! Non potevi semplicemente fare a meno di tutto questo? Di baciarmi e tutto il resto?! Cosa sono io, una cavia? "Ma si, baciamola, vediamo se provo qualcosa" oppure "baciamola e facciamola sentire una merda"!- ero fuori di me, e sapevo di starmi arrampicando sugli specchi perché Justin aveva ragione a volere che io me ne andassi, ma ero io che non riuscivo a farmene una ragione.
-Ti ho spiegato perché-- cominciò lui, ma lo interruppi.
-So bene cosa mi hai spiegato, cazzo! Ma se volessi io starti accanto? Se volessi rimanere qui?! Allora cosa faresti, eh?- non capivo nemmeno io perché l'idea di separarmi da lui fosse così terribile da concepire, eppure non volevo. Dopo tutto quanto non volevo. Era assurdo!
Inarco le sopracciglia: -Vuoi davvero rimanere?- abbassò leggermente il tono di voce.
Incrociai le braccia per simboleggiare una tacita risposta.
Rimase in silenzio a fissarmi, dove pregai silenziosamente che mi baciasse, invece scosse di nuovo la testa: -Non puoi, non lo vuoi davvero. Io non lo permetto. No.- cominciò a camminare intorno con le mani sul viso.
Ero stufa. Avevo diciotto anni, credevo di essere abbastanza grande per prendere le mie decisioni, e sentivo in quel momento che volevo stare con lui.
Lo raggiunsi e lo presi per il braccio facendolo girare verso di me. Gli presi il viso sconvolto tra le mani e lo guardai negli occhi, quegli occhi così vitrei che forse io avrei potuto far tornare in vita, se solo me l'avesse permesso.
-Lascia che sia io a decidere cosa è meglio per me- dissi, guardandolo.
Chiuse gli occhi e dischiuse le labbra, appoggiando una sua mano calda sopra una delle mie, che ora gli tenevano il viso.
Baciò il palmo e gentilmente mi allontanò da lui.
Era deciso, e io mi sentivo una perdente.
-Devi andare. Sei libera.- mi guardò, per poi voltarsi e andarsene, lasciandomi lì ancora con le braccia protese.

Daemon | j.b |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora