Carpe diem.

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Guardare i muri della mia cella era divenuto il mio passatempo.

Ero rinchiusa là dentro da ore e avrei dovuto farci l'abitudine, ormai.

Secondo i miei calcoli, doveva essere ormai sera, e il giorno dopo ci sarebbe stata la festa.

Non volevo per niente andarci, soprattutto se il mio accompagnatore era Daemon. Speravo davvero che Jason si fosse sbagliato.

Con quello non ci andavo per niente d'accordo.

Fissai la parete di fronte a me, mangiucchiandomi le unghie. Me le guardai. Il mio smalto rosso era ormai andato a farsi benedire, e quelle che una volta erano le mie bellissime unghie, ora erano tutte corte e storte.

Beh, sapevo che non era quello il problema principale e che dovevo preoccuparmi ad uscire di qui, ma dopo essere uscita da questa dannatissima cella, capii che era dannatamente difficile.

La porta si aprì, rivelando Daemon. La pistola spuntava dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni in pelle a cavallo basso e notai le supra rosse.

Questa volta portava gli occhiali da sole e una canottiera nera, e un cappello della NY anch'esso nero.

Era troppo figo per essere un assassino.

Lo guardai piegando le ginocchia al petto e appoggiando il mento su di esse. Il suo sguardo fu su di me in un batti baleno.

«Devi venire con me.» disse.

«La festa?» non avevo bene la percezione del tempo, quindi per quanto ne sapevo poteva essere l'una di notte come le due del pomeriggio.

«No.» strinse la mascella senza dire altro. Dio quante donne doveva avere ai suoi piedi anche solo facendo quel gesto insulso?

Mi alzai esitante, e Mr Rabbia mi prese per un braccio trascinandomi garbatamente fuori dalla porta.

Alzai gli occhi al cielo e lasciai che mi portasse da Jason.

Quando fummo nel suo ufficio, lui non c'era, e dovemmo aspettarlo per circa dieci minuti.

Il silenzio regnava in quella stanza, e decisi (a mio rischio e pericolo) di romperlo.

«Perché ti fai chiamare Daemon?» gli chiesi, voltandomi verso di lui che era in piedi accanto alla mia sedia.

La sua mascella si irrigidì: «Perché è il mio nome?» ribatté scocciato.

Scossi la testa: «No, non è vero» maledetta io e la mia lingua lunga.

Mi guardò e se il suo sguardo avesse potuto, mi avrebbe incenerita all'istante. Si avvicino, prendendo il mio viso tra le mani in una stretta talmente forte che mi fece provare dolore.

«Ma ti pare che venga a dire a te il mio vero nome? Perché non ti fai i cazzi tuoi? Non ti sto chiedendo molto, cazzo.» digrignò tra i denti e mi lasciò andare e la mia schiena andò a sbattere contro lo schienale della sedia.

Due istanti dopo arrivò Jason, quello che riconobbi come uno spinello tra i denti. Lo spense sul posa cenere e si abbassò gli occhiali da sole sul naso, guardandoci.

«Dunque, Mare e Daemon. Perché vi ho convocati qui?» il suo tono e il suo sguardo non promettevano niente di buono.

Deglutii, avvicinandomi a Daemon che, anche se non lo dava a vedere, era nervoso. Non capivo perché cercavo protezione da Mr Rabbia, che probabilmente sarebbe stato il primo a volermi ammazzare.

Tutto questo era assurdo!

«Perché?» lo incitò impassibile il ragazzo accanto a me.

Jason appoggiò i palmi aperti sulla scrivania e ci scrutò, gli occhi leggermente appannati e inespressivi.

Daemon | j.b |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora