Fear.

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AMERICA

Avevo passato la notte a piangere. Tutte le mie emozioni che esondavano come se non avessero una fine. Avevo proprio bisogno di sfogarmi in qualche modo, e un pianto in quel momento era l'unico modo.

Dopo che Daemon si chiuse la porta alle spalle la sera prima mi sentii vuota. Di cose brutte me ne aveva dette, da tre giorni a quella parte. Ma non seppi perché, la frase "Forse avrei dovuto farlo" cioè uccidermi, mi rodeva. La mia paura era sempre stata la morte, ed era ingiusto che io, proprio io, che avevo ancora una vita da vivere, ero stata rapita.

Perché Daemon non mi lasciava e basta? Perché si ostinava a tenermi con sè? A cosa mai potevo servirgli? Ma la domanda che più mi scombussolava, e della quale avrei voluto una risposta, era la seguente: Perché non mi aveva ammazzata ieri sera?

Non me lo spiegavo, anzi; a dire la verità una spiegazione c'era, ma era alquanto bizzarra: Daemon non poteva provare pietà nei miei confronti. Lui non aveva pietà per nessuno.
Ma allora ciò non spiega il motivo per cui non ti ha minimamente toccata.

Sospirai. Non me l'avrebbe mai confessato, tanto valeva mettersi l'anima in pace.

Mi ricordai della sua voce mentre cantava sotto la doccia, e mi ritrovai a sorridere. Non avrei mai pensato ad un assassino in quel modo. Forse anche Daemon aveva il suo lato dolce.
Non ci sperare troppo, bella.

Sbuffai e mi alzai dal letto. Le tapparelle erano abbassate, ma non era molto chiaro. Dopo quel famoso accaduto non avevo chiuso occhio granché. Non sapevo che ore fossero, ma sicuramente non era più tardi delle nove.

Mi voltai di colpo verso la porta. Un rumore dal piano di sotto aveva attirato la mia attenzione. Mi avviai verso la porta e abbassai la maniglia.

«Merda» sibilai. Quel bastardo mi aveva chiusa dentro.

Okay, forse aveva ragione il mio subconscio. Appoggiai l'orecchio alla porta,cercando di captare qualcosa, ma sentivo dei passi pesanti sulle scale, e rumori di baci. Sgranai gli occhi. Se Daemon si fisse azzardato a portarsi a letto una puttanella dove dormivo anche io, i ruoli si sarebbero invertiti. L'avrei ammazzato io. Poi un tonfo dall'altra parte del legno. Sussultai e corsi a letto, fingendomi addormentata. Sentii altri schiocchi di baci e la ragazza gemere. Feci una smorfia, bleah.

Poi una voce striascicata, e riconobbi quella di Mr Rabbia: «Merda, la chiave» sentii lo sfregarsi di due tessuti e quasi vomitai, ma tenni bene gli occhi chiusi.

«Ma perché mai mi è venuto in mente di chiudere questa maledetta stanza a chiave?» sentii il suo tono da ubriaco mentre maneggiava con la serratura.

«Oh, non importa. Qui va benissimo» sentii la voce della ragazza, che ricordava molto un'oca.

Daemon rise: «Ecco, peeerfetto.» neanche il tempo di entrare che si erano già spiaccicati l'uno all'altra, ed entrarono.

Chiusi gli occhi stringendomi alle coperte. Si sarebbe accorto prima o poi che lì dentro c'ero anche io, no?

Quasi vomitai a sentire i loro sbaciucchiamenti, poi d'un tratto la coperta scivolò dal mio corpo, facendo saltare la mia copertura.

Saltai seduta, fingendomi sorpresa: «Ma che...?» erano messi peggio di quanto pensassi. Lei era in intimo e lui con i vestiti strappati. Feci una smorfia.

«Oh..» Daemon fece un ghigno: «Ora mi ricordo perché ho chiuso la stanza a chiave.

La ragazza, che notai fosse bionda, assunse uno sguardo dispiaciuto: «È la tua ragazza, Taylor?»

Daemon mi guardò intensamente, poi si rivolse a lei: «No, è solo un passatempo. Non c'è problema. America, ti dispiace farci un po' di posto?» fece un sorriso falso, dal quale trapelava solo odio.

Daemon | j.b |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora