Capitolo 32

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VANESSA'S POV

Apro gli occhi sbadigliando. La superficie su cui mi trovo è morbida e capisco che mi trovo nel mio letto. Il braccio di Harry mi circonda le spalle e, spostandolo, cerco di non svegliarlo. Mi alzo e guardo l'ora della sveglia: 8.30.
Per essere domenica mi sono svegliata presto direi. Guardo Harry. È così bello quando dorme, un angelo.
Vado in cucina e faccio colazione con i miei soliti biscotti, per poi andare in bagno e vestirmi. Oggi ho intenzione di capire che fine ha fatto mio "padre". Dopo l'ospedale Harry mi ha detto solo che lui si trovava in un altro ospedale fuori città e che ora era agli arresti domiciliari. Avevo bisogno di vederlo. Probabilmente mi era vietato andare in casa sua da sola, ma avevo bisogno di sapere se almeno stesse bene, anche se lui non si è preoccupato minimamente di me. Non voglio svegliare Harry, non mi lascerebbe mai andare, così mi infilo il giacchetto, prendo le chiavi e il cellulare ed esco di casa.
Mentre aspetto l'autobus alla fermata, penso al mio passato. Ora non mi taglio più, e spero che rimanga così. Harry mi ha veramente cambiato la vita.
Penso al mio vestito che non ho mai indossato... probabilmente lo indosserò in montagna per Natale. Non vedo l'ora di partire. La meta sarà a nord della Scozia, su una montagna innevata. Perfetta per passare le vacanze natalizie con i propri amici.
Appena mi compare l'autobus rosso davanti, salgo e cerco di ricordare dove si trovi la mia vecchia casa. Da quanto ne so mio padre abita ancora lì. È da tanto che non ci torno. Dista circa un'ora da dove abito io, per questo mi infilo gli auricolari nelle orecchie e intanto scrivo un messaggio ad Harry:

A: amore mio ♡

"Hey, buongiorno. In questo momento sono sull'autobus. Sto andando a trovare mio padre a casa. Stai tranquillo, sarò prudente, tornerò presto. Mi ci vorranno solo poche ore. Ti amo♡"

Spero che non si arrabbi per quello che sto facendo. Non l'ho svegliato e immagino quanto si possa preoccupare sapendo dove sto andando, ma se l'avessi avvisato non mi avrebbe lasciato partire. Dovrei essere accompagnata a casa sua da un agente, dato che mi ha aggredita, ma non mi andava di avvisare mezzo mondo... è una cosa tra me e lui. Fortunatamente casa nostra non è isolata dalla città, di conseguenza appena arrivata alla fermata più vicina scendo, sapendo che in caso di pericolo non sarei rimasta in un luogo sperduto. Sarei potuta scappare o comunque uscire semplicemente dal vialetto di casa correndo e chiamare aiuto. Mi stringo nel giacchetto mentre mi avvio verso il mio vecchio appartamento, la mia vecchia casa. Appena mi compare davanti il piccolo edificio giallo chiaro, mi blocco di colpo. Una serie di ricordi mi scorrono davanti agli occhi. Ricordi della mia infanzia, di quando ancora c'era la mamma e potevamo considerarci una vera famiglia. Di quella famiglia ormai ne resta solo un ricordo. All'improvviso sento un grande vuoto nello stomaco. Un incredibile senso di mancanza, mi manca mia madre. Il suo sorriso, i suoi capelli, la sua forza. Mi manca e la vorrei qui per farle conoscere Harry, per farle vivere ciò che sto vivendo ora. Per mostrarle quanto sono cresciuta, oppure semplicemente riavere indietro la figura che teneva salda la nostra famiglia.
"Mi manchi mamma..." sussurro con voce rotta mentre scoppio in lacrime. Non riesco a smettere di piangere sapendo che lei non è qui con me, che non sarà mai qui con me. Ma io ho bisogno di lei.
Cammino all'interno di un vicolo e mi fermo appena sono un po' isolata dalla folla. Odio la sensazione che si prova quando la gente mi guarda mentre piango. Mi appoggio al muro di mattoni rovinati soffocando un lamento.
Cazzo, sarei dovuta rimanere a casa con Harry.
Ma tanto prima o poi avrei dovuto affrontare questo momento, quindi mi faccio forza, asciugo le lacrime, ed entro nell'umile appartamento.
È come me lo ricordavo, solo più rovinato. L'intonaco bianco è quasi tutto scrostato e vi sono alcune ragnatele negli angoli dei muri. La maggior parte dei nostri vicini deve essersi trasferita, perchè non vi è più lo stridío delle porte che si aprivano continuamente. Quando ero piccola c'era sempre una vecchia signora, Marta, che mi regalava sempre delle buonissime caramelle e ogni volta che preparava le frittelle per tutto il condominio io e papà andavamo sempre a prenderle mano nella mano.
Salgo le scale di marmo grigio fino al secondo piano. Eccola. Davanti a me si para la porta di casa mia. Tiro un grande respiro e busso, ma nessuno viene ad aprire. Busso ancora, ma non c'è nessuno. Provo ad aprire la porta e questa non oppone resistenza. Appena entro nella prima stanza, il soggiorno, rimango esterrefatta. Bottiglie gettate a terra, fogli di carta unti, cartoni di pizza, fazzoletti e sigarette invadono il pavimento ricoperto da una moquette ormai malandata. L'ultima volta che sono stata qui era beige, ora è di un grigio scuro... orribile.
Apro le tende blu impolverate per dare un po' di luce alla stanza in penombra, per poi andare in cucina. Una pila di piatti sporchi giace nel lavandino e si può benissimo capire dall'odore nauseante che è da un bel po' di tempo che il sacco dell'immondizia non è stato gettato. Non deve stare molto tempo in casa a quanto pare...
Non oso entrare in bagno e mi dirigo nella camera da letto. È nella stessa situazione delle precedenti due stanze: letto disfatto e oggetti sparsi ovunque.
Sospiro pensando che una volta i miei dormivano qui abbracciati.
Cerco di non tirare fuori i ricordi che riguardano loro due e corro nella mia vecchia camera. È come l'ho vista l'ultima volta. Non è cambiato nulla e non è nelle stesse condizioni pietose del resto della casa. Le pareti rosee, il letto ben fatto e un odore di pulito inimmaginabile per quella casa. Non è possibile che in tutti questi anni sia rimasta così. È... identica.
Avrei voluto vederlo, almeno assicurarmi che stesse bene, nonostante tutto quello che mi ha fatto. Mi volto per uscire dalla stanza, ed eccolo lì.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 06, 2016 ⏰

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