Andare in giro con una maschera, vivere nella paura che qualcuno scopra chi sei. Non parlare con nessuno per non rivelare la tua identità, non avere amici, famiglia, vivere da sola come se il resto del mondo non esistesse. Sentirsi l'unica diversa anche se in fondo sai che non è così. Da qualche parte sai che c'è la tua specie, il posto in cui saresti una tra le tante, forse neanche la migliore in qualcosa, un punto in mezzo a tanti altri punti, ma sai che sei qui perché ti hanno cacciata e sarai per sempre un punto tra tante linee. Questa sono io e questa è la mia vita: una fuga continua, senza un vero motivo.
"Torna in dietro, brutta ladruncola!"
Corro. Corro disperatamente, non so dove andare, ho cercato aiuto, nessuno mi vuole. Andare a prendersi quello di cui si ha bisogno da soli, con questi piccoli furti, poco studiati. E andare avanti a vivere così.
"Ridammi quel pane!"
E adesso mi sta inseguendo un fornaio, la situazione comincia ad essere insostenibile e ridicola. Svolto l'angolo, mi appoggio al muro. Credo di averlo seminato. Mi trovo in un vicolo lurido e ridotto veramente male. Ci sono molti rifiuti anche fuori dai cassonetti. L'unico buon odore che sento è quello della pasticceria in fondo alla strada. Davanti a me c'è una scala antincendio che non arriva fino a terra e di cui molti gradini in ferro sono spezzati. Alla mia destra c'è una macchina tutta ammaccata. Credo siano fori di proiettili. Ho ancora il fiatone, quando vedo un uomo in fondo alla via. E' basso, grasso. Ha pochi capelli attaccati alla faccia a causa del sudore. Questi pochi superstiti, che un tempo dovevano far parte di una bellissima chioma scura, ora sono impiastrati con la farina. Indossa dei pantaloni azzurro-grigi, una camicia bianca ed un grembiule sporco di farina. E' il fornaio. Non l'avevo seminato, avevo solo un po' di vantaggio, che mi sono giocata. Vedo un tombino e mi c'infilo. Per fortuna il pancione del mio antagonista gli impedisce di scendere. Mangio la mia cena. Un pezzo di pane ricavato disonestamente e con grande fatica. Quando non sento più rumori dall'esterno, esco. Mi volto in cerca di qualcosa. Non so, un ostello. Forse una casa vuota o qualsiasi cosa assomigli anche vagamente ad un alloggio. Vedo un edificio simile ad un granaio, il tetto è sfondato, la porta anche, probabilmente abbandonato. Ha il tetto di cotto color rosso, sporco. Le finestre rotte o sbarrate da grossi pezzi di legno. Le mura non sono messe meglio. Il giardino è secco fuorché per un albero di mele, ancora acerbe, e per un roseto curato. Vicino a quest'edificio c'è una casa bellissima. E' bianca con le porte e le finestre in mogano. Non ha balconi, ma c'è una finestra enorme che, per quanto ne so, potrebbe occupare tutta la parete. Dal tetto esce un comignolo di mattoni, che per il momento è spento. Mi chiedo se quella casa è abbandonata. La risposta mi si piazza sotto gli occhi. Una signora anziana vestita di rosa apre una borsetta abbinata in cerca di un paio di chiavi. Indossa molte perle che si abbinano al vestito ed ai capelli bianchi, mossi e corti. Faccio finta di nulla e mi rifugio nel granaio vicino alla casa, sperando che la signora non venga dentro. All'interno il granaio non è messo poi tanto male. Ci sono delle ragnatele, un forcone sopra un mucchio di paglia, un soppalco ed una credenza vuota. Non so da quanto tempo qualcuno non va là dentro e non mi pongo il problema. Prendo un po' di paglia con l'aiuto del forcone e la sistemo sul soppalco fino a creare una specie di letto. Forse è scomodo e rudimentale, ma non mi faccio problemi e mi accontento. Appoggio la testa sul fieno e ripenso a me, alla mia vita. Cosa mi succederà? Chissà chi mi potrà aiutare? Chissà se...
La mattina è un fascio di luce negli occhi a svegliarmi. Finalmente un po' di sole. Poi un'ombra. Si muove nella stanza, quatta ed attenta. Apro gli occhi e mi alzo in fretta, tiro fuori il coltellino svizzero che uso per i furti. L'ombra si sposta di nuovo e cerco di prenderla, ma è veramente molto veloce. Corre per la stanza. Ora che la guardo meglio è quasi scoordinata. E sembra che scappi da me invece che attaccarmi. Qualunque cosa sia non posso permettermi errori, mi farebbe scoprire. Scatto in avanti, la figura cade per terra e le punto il coltello alla gola. Lei lascia cadere la torcia, scopro che è ancora notte. Recupero l'oggetto e glielo punto in faccia. E' un bambino, che avrà sì e no sei anni. Non so che fare, non ho mai ucciso nessuno e non voglio farlo ora. E poi è un bambino! Ma...cosa vuole da me? Non mi sono fatta sfuggire nulla con nessuno. Sa chi sono? Il mio istinto di ragazza agisce per me e quindi lascio cadere il coltellino ed aiuto il bambino ad alzarsi. Ha un caschetto castano, gli occhi verdi con una macchia azzurra all'interno ed un sorriso smagliante. Non sarà alto più di 1 metro e 20 ed è grassottello. Indossa dei pantaloncini marroni, la maglietta azzurra e un paio di scarpe da tennis.
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Ninfea
Teen FictionMarysol arrivò nel mondo degli umani dove incontrò lui. Lui che l'avrebbe fatta sognare, lottare ed innamorare. "promettimi che tornerai" "Non c'è bisogno di prometterlo. Sai che sarà così" "Lo so, ma ogni volta ho paura c...