CAPITOLO 32

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•Per te ci sarò•
CAPITOLO 32
Il tempo sa essere incalcolabile.
Si stringe a rendere brevi gli attimi felici.
Il cielo di Montepagano, quella notte, era diviso in un vorticoso giro di vite, frammenti di emozioni, sensazioni, presenze ed assenze.
Uniti in un unico destino.
Minuti che sembrano ore.

Travis si mise in macchina cercando di allontanarsi da casa di Anna il più rapidamente possibile.
Il suo cuore sobbalzava nel petto sotto gli effetti della cocaina, nella mente ancora l'immagine di lei stesa a terra, con gli abiti lacerati.
Sentì l'eccitazione salire ancora, sotto le mani avvertiva il tocco dei suoi seni, non riusciva a calmare il suo desiderio di lei.
Ogni cellula del suo corpo era preda dell'alcool e della droga, nulla di razionale girava nella sua mente, nemmeno la pietà per quel corpo abbandonato a se stesso.
Non chiamò i soccorsi, temeva sarebbero risaliti a lui, sarebbe stato condannarsi con le proprie mani.
Il pensiero di lasciarla morire da sola gli diede un brivido, ma non poteva farci nulla.
Si fermò accanto a delle prostitute, cercava un qualcosa o meglio un qualcuno che gli impedisse di continuare a pensare a cosa avesse fatto, uno sfogo alla sua voglia di lei.
X: "Ciao dolcezza, hai bisogno di compagnia stanotte?"
Travis: "Si, sali!"
X: "Sei di poche parole!"
Travis: "Sali e sta zitta!"
Ripartì a velocità folle, lasciando i segni sull'asfalto.
Mentre l'immagine di un corpo giaceva in punto morto della sua mente, Travis cercava di sopprimerne il ricordo dando sfogo alla sua eccitazione.
L'uomo sa essere più crudo delle bestie, istintivo, avido.
Spingeva con forza dentro quel corpo che lui vedeva essere lei, quella donna irraggiungibile, quella donna che amava un altro e per la quale lui era totalmente indifferente, la rabbia cieca si impadronì di nuovo della sua mente.
Strinse con forza i fianchi della prostituta.
X: "Ehi bello, vacci piano mi fai male!"
Travis: "Stai zitta, io ti pago per questo!" - le urlò contro, per metterla a tacere, come mettere a tacere la voce della sua coscienza, Travis era totalmente fuori controllo, l'immagine di lei continuava a tornare nella mente.
Violenza su violenza, a differenza delle bestie che la usano d'istinto per sopravvivere, l'uomo la infligge consapevole di far del male, consapevole del dolore e della morte.

Le cose nella vita delle volte possono essere strane.
Gianluca, quella sera, sentì gli occhi farsi pesanti fino a quando si era addormentato.
Poi un brivido, una morsa al petto, si mise a sedere rapidamente, portando la testa tra la mani.
Buttò un occhio al cellulare accanto a lui, Anna non aveva chiamato.
Si alzò uscendo sul giardino.

Rosso, intenso come la passione, come l'amore, come la vita, rosso come il sangue.
Il tempo che non scorre, un tempo non vissuto o vissuto troppo intensamente, che lascia il peso del suo lento fluire.
Il silenzio riempiva la stanza, la porta dell'appartamento era aperta, la luce accesa.
Sul pavimento la macchia di sangue si faceva sempre più larga con il passare dei minuti, scivolava copioso tra i suoi capelli scuri.
Il suo viso pallido era fermo ed inespressivo, le mani immobili dolcemente appoggiati al pavimento, la sua posa delicata non rivelava nulla della brutale violenza che l'aveva colpita, in contrasto con i suoi abiti lacerati ed i segni rossi sulla pelle.
Anna rimaneva immobile, nessun movimento.
Un corpo abbandonato al suo destino, sospeso tra la vita e la morte.

Maggie: "Cosa? Gianluca si è sposato? Con chi? Quando?" - i suoi occhi si sgranarono sotto quella notizia, il suo animo si fece ansioso di sapere.
X: "Calmati! Quella lurida sgualdrina ha i giorni contati!"
Maggie: "Ma chi è?"
X: "È una povera miserabile, credeva di aver fatto colpo ma non sa che deve fare i conti con me!"
Maggie: "Hai un piano per separarli?"
X: "Tempo al tempo. Troveremo il modo di separarli."
Maggie: "Farò divulgare la notizia, i paparazzi non gli daranno tregua!"

Ogni istante se vissuto sa essere prezioso, ma per Anna lo era ancora di più in quella sua non vita.
In lotta contro il tempo, in lotta per non perdersi nell'oscurità di una mente bloccata, di un corpo che non reagiva e che lentamente si allontanava dalla vita, lento come lo scorrere del suo sangue sul pavimento.
Giorgio: "Dai muoviti! Non possiamo stare ad aspettarti ancora. Ci stiamo mettendo più tempo del previsto per colpa tua."
Iris: "Smettila di urlare! Non ti sopporto più! Potevamo prendere un taxi, a quest'ora eravamo già a tavola!"
Veronica: "Ehi ma perchè Anna ha la porta spalancata?" - da lontano vide la luce sul pianerottolo, fino ad illuminare parzialmente le scale esterne, provenire dall'interno dell'appartamento.
Iris: "Ci avrà sentito blaterare qui per strada ed ha aperto la porta."
Veronica: "No, non può essere, non è da lei!" - gettò a terra le confezioni di cibo cinese che aveva tra le mani e corse più che poteva, sentiva il cuore scoppiarle nel petto, sentiva che era successo qualcosa.
Iris: "Veri ma dove vai? Aspetta!" - si chinò a raccogliere i contenitori da terra, quelli che non si erano aperti, mentre Giorgio era sbalordito, non riusciva a capire cosa avesse spinto Veronica a reagire così per un portone aperto, ma l'istinto gli disse di seguirla in fretta.
Giorgio: "Dai Iris, lascia stare corri!"
Veronica salì le scale urlando il suo nome.
Gradino dopo gradino sentì l'ansia salire, sperava di trovarsi il suo viso sorridente di fronte, con il cellulare incollato all'orecchio mentre parlava con Gianluca, lei l'avrebbe presa in giro nel vederla arrivare così affannata per la sua eccessiva preoccupazione, sperava che le cose andassero così, lo sperava dal profondo del cuore.
Detestava sentirsi il cuore in gola, mentre cercava di salire quelle scale infinite a due a due.
Una corsa contro il tempo, una corsa contro l'ansia che le attanagliava il petto.
Veronica: "Anna dove sei? Rispondimi!" - nessuna rispostaEntrò in casa fermandosi a guardare in giro, tutto era in ordine, niente di rovesciato.
Sentì la paura impossessarsi di lei, le gambe le tremavano, era tutto in ordine, si avvertiva che qualcosa era cambiato in quella stanza eppure apparentemente tutto era uguale, l'aria le sembrò ferma.
Si sentì un nodo stringersi in gola - "Anna mi vuoi rispondere, se è uno scherzo giuro che te la faccio pagare!" - cercò di blaterare come suo solito mentre con passo deciso attraversò la cucina per andare in camera.
Si guardò intorno, focalizzando lo sguardo su un letto disfatto, con le lenzuola stropicciate, i cuscini per terra, rimase sbalordita nel trovarsi il letto in quello stato.
Spostò rapidamente lo sguardo verso il resto della stanza, in attesa di vederla da qualche parte che potesse darle una spiegazione, magari era in bagno, pensò.
Un rapido passo verso la porta della toilette e scorse la pozza di sangue, rossa intensa accanto al letto. D'istinto portò le mani alla bocca, con gli occhi spalancati.
Fece fatica a rendersi conto che quel volto insanguinato e pallido fosse quello della sua amica.
Vide la sua maglietta lacerata, il suo corpo seminudo, abbandonato sul pavimento - "Oh mio Dio! Anna!" - corse accanto a lei, tremante, impaurita, incapace di capire cosa fosse successo, incapace di fare qualcosa.
Cadde in ginocchio accanto a lei, in un pianto irrefrenabile, cercò di avvicinare le sue dita al suo corpo ma temeva nel toccarla.
Le scostò appena un capello dal viso, per meglio guardarla, le sue mani si sporcarono di sangue.
Anna era pallida, immobile, non aveva risposto nemmeno al suo tocco di che le sfiorò il polso, era fredda.
Le lacrime ed il respiro a sussulti le impedivano di essere razionale in quel momento - "Anna, che ti è successo? Rispondimi ti prego! Non puoi farmi questo! Apri quegli occhi, maledizione!" - le sue urla affrettarono il passo di Giorgio ed Iris, entrarono nella stanza restando pietrificati da quella scena.
Iris si precipitò accanto a lei, cercando di toccarla, Giorgio fu razionale in quel frangente.
Giorgio: "Non toccarla, potresti peggiorare le cose!" - sfilò il cellulare dalla tasca per chiamare soccorsi - "Pronto abbiamo bisogno di un ambulanza, abbiamo trovato la nostra amica riversa a terra in una pozza di sangue, perde molto sangue."
118: "Si calmi, mi dia l'indirizzo... Ok l'ambulanza è in arrivo! Mi dica, la persona è cosciente?"
Giorgio: "No!"
118: "Respira? C'è battito?"
Giorgio: "Non lo so! Non l'abbiamo toccata per evitare danni."
118: "Le poggi due dita sul collo sotto la mandibola."
Giorgio: "Si, sento il battito è viva! Ma è debole!"
118: "Da dove perde sangue?"
Giorgio: "Non lo so, ha il viso sporco di sangue ma credo sia dalla testa!"
118: "Ci sono segni di violenza?"
Giorgio: "Si, sui fianchi e altre parti del corpo."
118: "Avviso la polizia! Restate calmi, non toccate il corpo potrebbe avere il collo rotto o altro. I soccorsi stanno arrivando!"
Si ritrovarono tutti e tre a guardarla sconvolti, impotenti di fare altro, Veronica era disperata, ma riuscì ad avere per la sua amica un gesto d'amore, un gesto di pietà per quel corpo straziato, sfilò via il lenzuolo dal letto e lo adagiò su di lei, a coprire il suo corpo svestito, a ridarle un minimo di dignità.
Iris: "Cosa può essere successo?" - chiese tra le lacrime, seduta sul pavimento mentre con un dito, dolcemente accarezzava il dorso della sua mano.
Giorgio: "Non lo so! Ma da quello che vedo, c'è stata una violenza sessuale, ha gli abiti lacerati. Spero non sia grave!"
Veronica ne stava in silenzio, mentre le lacrime le rigavano il viso, con lo sguardo fisso sul volto di lei.
Veronica: "Devo chiamare suo marito."
Iris: "Suo marito? Anna è sposata?"
Veronica faceva fatica a parlare, si voltò a prendere il cellulare di Anna sul comodino, lasciandoli stupiti.
Le mani le tremavano, l'ultima chiamata che lei aveva fatto era per lui, fissò quel nome sul display per lunghi interminabili secondi, come avrebbe fatto a dirgli che lei era li in fin di vita?
Sentì il senso di colpa impadronirsi di lei, doveva restare a casa, sentiva che non sarebbe dovuta andare, era colpa sua se adesso Anna era li senza sensi.
Ingoiò il nodo che le stringeva la gola e che le impediva di parlare.
Il suo dito si posò sul tasto verde esitando, poi lo schiacciò decisa.

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