CAPITOLO TREDICESIMO

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«Pronto?»

«Ciao, Alba. Sono Guido».

«Ciao».

Mi faceva sempre piacere sentire la sua voce, perché aveva un effetto benefico sui miei poveri nervi, messi alla prova ogni giorno.

«Hai impegni per stamattina?» chiese.

«Stavo per uscire a fare una passeggiata con mio figlio. È il nostro rituale della domenica».

«Perfetto. Posso unirmi a voi?»

Sorrisi d'istinto, felice all'idea di vederlo.

«Certo. Dove c'incontriamo?»

«Dove dici tu. Per me è indifferente»

«Da Sosushi tra mezz'ora?»

«Ok. A dopo».

«A dopo».

Riattaccai.

«Mamma, chi era?»

M'inginocchiai davanti a lui e gli allacciai le scarpe.

«Un amico. Si chiama Guido ed è molto simpatico. Lo conoscerai tra poco».

«Va bene».

Una volta pronti, afferrai la mano di Lorenzo e lasciammo l'appartamento. Guido era già davanti al Sosushi quando arrivammo.

«Scusa per il ritardo».

«No, sono io in anticipo. Buongiorno» disse, e mi baciò sulla guancia, facendomi arrossire.

Indossava jeans neri, scarpe da ginnastica e un giubbotto di pelle marrone sopra il maglione beige. I suoi luminosi capelli biondi erano spettinati, come se si fosse appena alzato dal letto, ed io lottai contro il desiderio improvviso di farvi scorrere le dita in mezzo, solo per capire se fossero così morbidi come sembravano. Guido si chinò su Lorenzo, scoccandogli un sorriso che non sortì alcun effetto su di lui.

«Tu devi essere Lorenzo».

Mio figlio annuì, guardandolo con diffidenza, il che era strano.

«Io mi chiamo Guido e sono un amico della tua mamma».

«Ciao» si limitò a rispondere, arretrando di un passo.

Perché si comporta così? Di solito attacca bottone sin dal primo momento.

Guido gli si avvicinò ancora di più e lo prese in braccio un secondo prima che potessi avvisarlo. Lorenzo iniziò a dimenarsi tra le sue braccia, scalciando.

«Calma, piccolo, calma. Non voglio farti niente».

«Dallo a me, Guido».

Me lo passò come se fosse una patata bollente ed io soffocai una risata.

«Tranquillo, tesoro».

Gli accarezzai la schiena e lui intrecciò le braccia intorno al mio collo, affondando il viso nella spalla.

«Mi dispiace. È solo che non gli piace essere toccato dagli estranei. Deve essere lui a fare il primo passo, altrimenti reagisce così».

«Capisco. Scusa, Lorenzo» disse, ma non ottenne risposta.

«Gli passerà subito, vedrai» lo rassicurai.

Sorrise.

«Passeggiamo?»

«Ok».

Camminammo a lungo, discutendo come al solito di tante cose. Mi riusciva facile parlare con lui, perché sapevo di non dover misurare le parole. Non avevo paura di dire qualcosa di sbagliato, perché lui avrebbe chiuso un occhio, concedendomi il suo perdono ancor prima di chiederglielo. Guido non mi avrebbe mai punito per i miei errori. Tutto il contrario di Fabrice, che mi teneva costantemente sulle spine. Da un momento all'altro poteva telefonare per ordinarmi di raggiungerlo a casa sua. O forse no. Perché non mi aveva più toccato dopo la nostra scopata sulla scrivania? Per quale motivo non mi aveva ancora portato nel suo antro? Quest'attesa così prolungata era forse un subdolo mezzo per farmi impazzire? Stava cercando di torturarmi psicologicamente prima d'infierire sul mio corpo? Era sadico fino a tal punto? '', rispose il mio subconscio, senza alcuna esitazione.

Sua... (Alba & Fabrice trilogy - erotic/dark romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora