Capitolo quindici.

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-Ma cos...- Sussurro la mattina, sentendo il tipico mal di testa da post sbornia e massaggiandomi la testa.

Immagini soffuse della sera prima compaiono nella mente.
Ricordo che ero a cena con gli zii di Anron, poi che ho rubato del vino e quegli stronzi ci hanno abbandonato in un posto sperduto per poi...aspetta...oh no.

Mi alzo di scatto dal letto, ma le forze non giovano a mio vantaggio ed un violento giramento di testa mi porta a cadere per terra, tipo sacco di patate.

Inoltre, il cellulare inizia a squillare, ed io, nel nobile intento di alzarmi, sbatto la testa in modo molto meno nobile su di uno scaffale aperto del comò.

-'Fanculo Astra.- Sbotto contro di me.

Prendo il telefono che si trova sul comodino, ma non mi alzo, sono ancora troppo debole e frastornata, quindi mi sdraio a terra tipo Patrick la spugna e rispondo.

-Pronto...- Dico tra i respiri forti, segno di una grande lotta tra me e il mio senso del movimento mandato a puttane dal vino della sera precedente.

-Jo ma dove diamine sei finita ?!- La voce preoccupata di René riecheggia al di là del telefono.

-Uccisa, sul pavimento. Te come stai ?- Faccio ironica.

-Dannazione, sto provando a chiamarti da questa mattina e non sei nemmeno venuta a scuola. Non ti immagini che casino è successo qui !- Sbotta ancora la rossa.

-Cosa è successo ?- Chiedo annoiata, insomma, ero in pieno shock, come osa disturbarmi ?

-Ecco...questa mattina eravamo al parco, d'un tratto sentiamo una macchina che frena di colpo e un forte botto. Qualcuno è stato investito.- Dice un po' tremante.

-René per quanto mi dispiaccia per questa povera persona, ma al momento ho casini ben più importanti che mi girano per la mente.- Sbuffo.

-Eh no...ma dovresti sapere chi è stato investito.- Fa' lei ancora più nervosa.

Alzo gli occhi al cielo. -René non portarla troppo per le lunghe, sai che mi dà fastidio.- borbotto.

-Promettimi che non farai cazzate.-

-Diamine rossa ! Non conosco nessuno a parte te e Loren della quale mi potrebbe fregare se una macchina vi inv...- Ma non finisco la frase.

-Elliot.- Confessa.

E boom. Tutto si ferma, tutto smette di girare, il mondo, la mia testa, il miei occhi, tutto è fermo e la gola si sta quasi seccando. La paura inizia a impossessarsi di me e inizio a non commettere più.

-Dimmi che stai scherzando ti prego.- Sibilo con un filo di voce.

-No...- Sussurra lei.

-René, dimmi che stai fottutamente scherzando.- Quasi chiedo in modo assolutamente disperato, sentendo gli occhi inumidirsi leggermente.

-No...non sto scherzando...- Sussurra lei affranta.

Senza nemmeno salutare, stacco la chiamata e corro in bagno a cambiarmi di fretta e furia, senza truccarmi, né pettinarmi e né lavarmi. Prendo le chiavi della macchina e vado alla ricerca del pronto soccorso della città, sempre ammesso che sia vivo, dio, deve essere vivo.

Ok, è stato un stronzo in piena regola certo, ma lui era il mio tutto fino a quasi cinque mesi fa'. Sono cresciuta con lui, ho condiviso tutto con lui, da me stessa alle mie numerose prime esperienze. Elliot era l'unico con cui mi sentivo bene fuori da quella enorme casa che non faceva altro che opprimermi, con quei genitori che ormai erano terrorizzati da me.

La figlia del maledetto. (IM2) ||SOSPESO||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora