capitolo 50

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Siamo fermi da parecchio tempo, ma nessuno dei due sembra voler iniziare la conversazione. Io mi vergogno troppo per poter parlare, e lui sembra ancora troppo arrabbiato. Siamo chiusi nella sua macchina, parcheggiata sotto casa mia. Dal finestrino posso vedere le luci spente del salotto, la piscina illuminata e il patio sotto la mia camera. Sembra tutto così tranquillo. Appoggio la testa contro il finestrino e le gambe sul sedile. Ho freddo, ma mi vergogno troppo di chiedere a Cameron di accendere il riscaldamento. Lui non sembra avermi notato. Il suo sguardo è fisso sull'orizzonte, il suo viso è serio e il suo corpo totalmente rigido. Sono sicura che se potesse mi tirerebbe uno schiaffo. Avrebbe tutti i diritti per farlo, mi sono comportata malissimo stasera. Accendo il telefono e vedo che ci sono decine di chiamate perse da parte di Aaron. Il senso di colpa aumenta sempre di più. Forse dovrei chiamarlo e spiegargli tutta la situazione, magari tralasciando il fatto di aver vomitato e di essermi comportata come una troia. Decido di chiamarlo, ma il mio cellulare si spegne. Merda, la batteria! Fantastico, e adesso? Mi volto verso Cameron, e finalmente,  trovo il ragazzo intento a fissarmi. Sotto la sola luce dei lampioni è ancora più bello.

"Hai freddo?" mi chiede. Annuisco, sempre cercando di evitare il suo sguardo. Lui si china e accende il riscaldamento. "Al ristorante non avevi un giubbotto?" aggiunge.

"Si, ma l'ho lasciato sulla moto di Aaron."

"Utile portarsi una felpa per poi lasciarla in macchina." Commenta forzando un sorriso. Ha pienamente ragione.

Torno a guardare fuori, sperando che lui torni a fissare immobile la strada. Ma non lo fa. Ora è totalmente girato verso di me. Io cerco con tutta me stessa di non alzare la testa.

"Ti serve il telefono?" mi chiede. Annuisco, sempre continuando a guardare il tappetino nero che ho sotto i piedi. "Avanti Olivia, finiscila di fare la bimba. Capita a tutti di bere, te l'ho già detto. Ora, pensi davvero che di non rivolgermi più la parola?"

Alzo il capo, e lo vedo quasi sorridere. Mi sta prendendo in giro.

"Cameron, mi presti il telefono?" dico, facendolo ridere fortissimo. È cosi bello sentire la sua risata. È qualcosa di unico. Lui mi fissa per un secondo e poi me lo passa. Lo preso quasi tremando.

"Grazie" dico.

Ma lui lo allontana.

"ehi!" urlo.

"Te lo do, ad una condizione." Alzo un sopracciglio "Metti via quel muso e sorridi. Non hai mica scopato o fatto altro! Hai semplicemente bevuto e vomitato sulle mie scarpe, ma non è successo niente d che."

Non sta sicuramente migliorando il mio umore.

Lui si avvicina ancora di più a me, mi afferra il viso con le mani e me lo alza.

"ehi, guardami." Obbedisco. "Lo so che ci si sente di merda, soprattutto se era la prima volta. Ci si sente una persona orribile, che merita solo l'inferno, ma è la vita. Tutto fa parte di un processo di crescita. Holly, quando ti dico che sei una bambina c'è un motivo, no? Non avevi mai bevuto così tanto, e non è un male chiaro, ma la prima volta che lo fai sembra quasi che tu abbia commesso l'errore più grande della tua vita. Hai solo vomitato, che cazzo te frega. Sono io quello che dovrebbe essere disgustato, anche perché queste scarpe vengono da Londra, e invece sono calmo. Perché anche a me è successo, e so perfettamente come ti senti. Hai solo voglia di piangere, di addormentarti e non svegliarti più. Ma questa è la vita, e solo  le esperienze poi dire di aver vissuto veramente. Okay?" annuisco e lui posa le sue labbra sulla mia guancia. Rimane fermo per un attimo, con la sua bocca sul mio viso, mentre io sono completamente immobile, con gli occhi sgranati. Dopo poco si stacca e mi passa il cellulare, come se non fosse successo niente. Sono sicura di essere rossa in viso. Questa volta lo afferro immediatamente e continuando a guardarlo lo accendo.

•Stuck in Past• IN REVISIONE  (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora